Non avevamo una destinazione fissa, la cosa bella era proprio quella
Scambiato il nostro confortevole letto londinese con un campervan Volkswagen, il mio ragazzo e io abbiamo stipato bagagliaio ed armadietti coi beni per noi più preziosi: cuscini, giubbotti e bustine di tè. Abbiamo preso la prima strada a senso unico (non importava quale), alzato il volume della musica e guidato lungo i campi di erica dorata, fermandoci di tanto in tanto per consentire a pecore sonnecchianti di spostarsi dalla strada e rallentando per scattare foto di spaventapasseri agghindati con giacche catarifrangenti.
Poi abbiamo svoltato un angolo e l’abbiamo vista. Lì, di fronte a noi, sull’aspra e remota isola di Lewis and Harris delle Ebridi Esterne splendeva la più abbagliante striscia di sabbia: color crema, il bordo estremo lambito da piccole onde verde fluo, i lati fiancheggiati da rocce grigio acciaio. Abbiamo inchiodato, ci siamo tolti le scarpe per correre verso l’acqua gelida: le nostre orme erano gli unici segni sulla sabbia, i piedi i primi a toccare l’Atlantico del Nord quel giorno.
Lasciare quella spiaggia ci sembrava un delitto, non l’abbiamo dunque fatto. Dopo aver parcheggiato su uno spiazzo erboso abbiamo tracannato birra, una lattina dopo l’altra, fino a quando il cielo da cianotico s’è fatto magenta e poi nero stellato. Nessun semaforo, zero traffico, niente segnale. Nessuna preoccupazione, seccatura, stress. E, per una volta, neanche un’anima.
Quella notte ci siamo addormentati al suono del vento che accarezzava l’acqua e delle onde che bagnavano la sabbia. E poi, la mattina dopo, quel tè con una vista che non dimenticherò mai.
Il ricordo
A quanto pare alcune delle più belle spiagge al mondo si trovano lungo la costa britannica che ho sempre desiderato lasciare. Ogni giorno ricerco la semplicità, la libertà e la flessibilità che vivere sul furgone e le ventiquattr’ore su quella spiaggia remota vicino al piccolo villaggio di Bhaltos hanno rappresentato.
Fonte: lonelyplanetitalia.it – Hannah Summers
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