C’è stato un tempo in cui la Yosemite Valley è stata un brulicare di arrampicatori appassionati. Succede ancora oggi, direte voi, eppure è diverso. Sul finire degli anni Sessanta e per tutto il decennio dei Settanta, il granito di Yosemite ha visto passare una generazione incredibile di ragazzi “sporchi”.
Degli hippie dell’arrampicata, disposti a tutto pur di vivere cogliendo l’opportunità di scalare a tempo pieno. Occupavano ogni spazio possibile della Yosemite Valley, dormivano in macchina o nelle grotte naturali, senza mai perdere di vista l’impressionante parete di El Capitan. Il loro sogno, il motivo per cui hanno deciso di rinunciare a tutto e andare a vivere in modo così semplice. Un enorme monolite granitico dove corre una vertiginosa parete alta mille metri. Una delle più estreme sfide dell’arrampicata. La più dura esperienza che una parete possa offrire a un climber. Ritenuta per molti anni inscalabile, nel 1958 compare un primo tracciato: The Nose. Salita da Warren Harding, Wayne Merry e George Whitmore in uno stile tutt’altro che pulito è la via che da il là all’evolversi della storia di Yosemite. La prima pennellata che avrebbe trasformato El Capitan in leggenda. La sfida lanciata da quella immensa parete granitica attrae ai suoi piedi i climber più appassionati, quelli disposti a tutto pur di vivere arrampicando. Inizia così a crearsi una comunità fatta dai migliori climber al mondo. Pionieri delle big wall che si radunano nel celebre Camp 4 allenandosi, imparando gli uni dagli altri, condividendo idee, sogni e progetti. Testandosi sulle pareti dell’Half Dome e di El Capitan alla ricerca della propria linea. Inizia così un periodo pionieristico in Yosemite: si tracciano nuove vie, le si ripetono con uno stile sempre più pulito, si cerca la velocità e si infrangono record. Nel frattempo si crea una comunità, quella dei dirty beggars, che vive ai piedi della grande parete. Tra questi compaiono nomi leggendari come quello di Yvon Chouinard, che produce e vende chiodi per mantenersi. Si sta scrivendo un pezzo di storia che non sarebbe mai esistito senza persone motivate a uno stile di vita così alternativo.
Gli anni Novanta e la fine del dirty bagging
Questi arrampicatori erano veramente scatenati, forse, un po’ troppo. Il loro stile di vita, ai margini della società in breve diventa un problema per la gestione del Yosemite National Park. Sono fuori controllo e per questo viene messo al bando il dirty bagging. Inizia così un periodo in cui si gioca a guardia e ladri. Da un lato i ranger del parco che devono far rispettare le regole, dall’altra parte gli scalatori che non sono intenzionati a rinunciare al loro stile di vita. Inizia così una vera e propria guerra dove i climber escogitano sempre nuove strategie per sfuggire al controllo dei guardia-parco mentre loro devono continuamente ingegnarsi per riuscire a scovarli e bandirli. Anche camp 4 cambia, le regole si fanno più restrittive e non è più possibile campeggiare per oltre due settimane consecutive. Si frantuma così la comunità dei dirtbags, senza più un centro di ritrovo, senza la possibilità di bivaccare ai piedi della parete, tutto cambia. Il senso di appartenenza si affievolisce. I più combattivi reggono, continuano a frequentare con il loro stile Yosemite. Parliamo degli anti-eroi come Cedar Wright, Royal Robbins, Chris Pratt, Jim Bridwell, John Long e Fred Beckey, l’ultimo vero dirty beggars.
Le nuove generazioni di climber continuano a fare la storia su El Capitan, ma non sono come i pionieri. Non imparano più a scalare come gli stonemasters (i maestri della roccia) di un tempo. Si impara nelle palestre, lontano dalla storia. Il passato lo si incontra solo dopo, dopo aver raggiunto grado e sicurezza di movimento per poterlo approcciare. Ci si allena con metodo e strategie diverse, si studia prima di scalare. Non è una critica al mondo delle palestre, che hanno permesso di formare nuove generazioni di arrampicatori dalle capacità impensabili un tempo quindi, ben vengano. È semplicemente la fine di un’epoca che ha aperto le porte a un nuovo periodo, più maturo.
Fonte: montagna.tv – Gian Luca Gasca
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