Un viaggio in Polinesia è il sogno di molti.. oltre che il mio
La grande sfilata quest’anno cade il 2 luglio, anche se come al solito i festeggiamenti si protrarranno per un altro paio di settimane. Ma solo quel pomeriggio i gruppi di danzatori e danzatrici di tutte le isole percorreranno il Boulevard de la Reine Pomaré di Papeete – no, non a Milano Marittima ma nella vera Papeete, la capitale della Polinesia Francese – per sfidarsi all’imbrunire nello stadio improvvisato di Place To’ata. E poco importa se a due passi da lì lampeggia l’insegna dell’improbabile ’Api’zzeria (“api” vuol dire nuovo, giovane, in tahitiano…). Quel tocco di italianità tamarra non può certo bastare a incrinare la magia della più importante manifestazione del Pacifico. Già, perché l’Heiva i Tahiti, il festival della cultura polinesiana che si celebra da ormai 139 anni, è una riaffermazione di identità dopo i tempi bui in cui i missionari britannici – correva l’anno 1819 – proibirono le danze tradizionali, simbolo, dal loro punto di vista, della dissoluzione sessuale delle popolazioni indigene. Provarono a rimediare i francesi, nel 1881, quando conquistarono quelle isole remote, ma senza rinunciare alle manie di grandezza: così consentirono ai tahitiani di ballare, sì, ma solo il 14 luglio, giorno della Presa della Bastiglia.
Danze a parte, le vicende leggendarie di cui è ammantata questa manciata di isole non si contano, dalla fuga di Paul Gauguin (cui è dedicato un museo che purtroppo non contiene neppure un quadro originale e risulta chiuso da anni…) a quella di Marlon Brando, che dopo avervi girato Gli ammutinati del Bounty si comprò l’atollo di Tetiaroa, fino a Jacques Brel alle Isole Marchesi. E sospetto che un viaggio in Polinesia sia il sogno del viaggio della vita di molti, oltre che il mio.
Fonte: nationalgeographic.it – Marco Cattaneo
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