Immaginate uno spazio desolato e vuoto al punto tale che neppure un masso o un arbusto compaiono all’orizzonte. Aggiungete poi uno strato di antica roccia vulcanica nera su cui neanche i cammelli possono avventurarsi. Infine, completate il tutto con temperature estive così infuocate che la terra tremola davanti ai vostri occhi e miraggi appaiono in lontananza. Benvenuti nel Deserto Orientale della Giordania!
Ma questa regione a prima vista così inospitale è in realtà ricca di attrattive: l’intera regione è costellata dalle suggestive rovine di forti, padiglioni di caccia e caravanserragli, noti collettivamente come ‘castelli del deserto’, che aspettano di essere scoperti dai viaggiatori più avventurosi.
Qasr Kharana
In mezzo a una vasta pianura priva di alberi, nei pressi della strada che collega Azraq ad Amman, sorge il Qasr Kharana, un’imponente struttura dalle spesse mura che molto probabilmente ispirò l’espressione ‘castelli nel deserto’. Sebbene non vi siano pareri concordi sulla sua funzione, questo edificio omayyade è la più affascinante tra queste antiche costruzioni del Deserto Orientale.
Pur non essendo un castello, Kharana era comunque un edificio importantissimo per gli Omayyadi, come s’intuisce dalle dimensioni e dalla forma della costruzione. Anche se ha l’aspetto tipico di un khan (caravanserraglio), Qasr Kharana non era situato lungo alcuna rotta commerciale importante, e inoltre era del tutto privo di strutture per l’immagazzinamento dell’acqua. Gli studiosi hanno ipotizzato che l’edificio servisse come luogo d’incontro tra i signori di Damasco e i beduini della zona. Il nome deriva da harra (le pianure ghiaiose che lo circondano) e infatti Kharana svetta imponente su una landa brulla e inospitale, un paesaggio lunare che sembra davvero poco adatto all’insediamento umano. La corte interna è un’oasi di quiete in cui neppure il vento riesce a entrare.
Nonostante il suo aspetto minaccioso, questo edificio a due piani dotato di torri rotonde che sembrano avere una funzione difensiva e munito di strette feritoie, non venne mai utilizzato come forte. In effetti, le torri sono piene, quindi non potevano essere presidiate da soldati armati, e non sarebbe stato possibile lanciare frecce dalle ‘feritoie’ a causa della loro forma insolita, per cui si pensa che si trattasse piuttosto di semplici aperture per far entrare l’aria e la luce.
Il cortile interno è circondato da una sessantina di sale, utilizzate probabilmente come luoghi d’incontro per le delegazioni in visita. I lunghi ambienti situati ai due lati dell’ingresso ad arco venivano utilizzati come stalle, mentre al centro del cortile c’era una vasca in cui veniva raccolta l’acqua piovana. Guardando l’edificio dall’esterno si immagina che internamente sia molto più spazioso, ma in realtà si viene ingannati dal notevole spessore dei muri.
Qusayr Amra
Oggi si ha l’impressione che Qusayr Amra sia sorto come per caso nella desertica pianura bruciata dal sole, ma in realtà la posizione di questo complesso fu il risultato di un’attenta scelta per la sua vicinanza a un rigoglioso wadi, famoso per gli alberi di pistacchio che vi crescevano spontaneamente. Formato da un hammam con pareti decorate da dipinti e da un caravanserraglio, il Quasayr Amar merita assolutamente la deviazione che occorre effettuare per raggiungerlo.
L’edificio principale, suddiviso in tre ambienti coperti da volte a botte, è stato sottoposto a un accurato restauro, ma quello che sarebbe altrimenti un sito abbastanza modesto è reso particolarmente interessante dall’ottimo stato di conservazione degli affreschi che coprono interamente le pareti degli spazi interni. Grazie a un meticoloso restauro, i dipinti, raffiguranti feste, sensuali figure femminili e scene di caccia, hanno riacquistato molta dell’originale vividezza.
Accanto a un pozzo profondo 36 m che riforniva d’acqua l’hammam c’è una saqiyah (una noria, cioè un dispositivo azionato da un asino che si muove in cerchio) ben restaurata, che mostra come l’acqua veniva attinta dal pozzo e convogliata in un serbatoio e utilizzata per l’hammam oppure venduta alle carovane di passaggio.
Quando dal centro visitatori si scende verso il castello, una struttura piccola e modesta, è normale chiedersi perché questo luogo sia così famoso. Anche entrando nella sala delle udienze, situata nell’edificio principale, dove si svolgevano incontri, feste, spettacoli e banchetti, si prova una certa delusione, poiché, dopo essere stati immersi nell’abbacinante luce del deserto, gli affreschi che la decorano sembrano quasi sbiaditi.
Ma quando i vostri occhi si saranno abituati alla luce soffusa dell’interno, vedrete, dipinte sugli archi, due donne a seno nudo che si stagliano sullo sfondo azzurro, con i fianchi drappeggiati da un tessuto raffigurato in maniera dettagliata e in mano ciotole piene di cibo (o denaro). Questi affreschi, realizzati prima del fiorire del Rinascimento in Europa, denotano una notevole sensibilità artistica: dei lottatori si scaldano prima della gara, una donna coperta da un succinto lembo di stoffa fa il bagno senza imbarazzo illuminata da un cenno di sole, l’orecchio di una gazzella ha uno scatto mentre il branco scappa inseguito. Sulla parete occidentale è raffigurato un gruppo di cani ansimanti che spingono alcuni onagri in una trappola di reti. Gli affreschi immortalano anche momenti più prosaici, come la realizzazione dell’hammam, le cui fasi sono raffigurate nei riquadri in cui è suddiviso il soffitto: l’estrazione delle pietre dalla cava, il loro trasporto a dorso di cammello, i lavori di costruzione e l’intonacatura delle pareti.
Sulla sinistra si apre uno stretto vano che immette in tre piccoli ambienti che formavano l’hammam. Sul soffitto dell’apodyterium (spogliatoio) si notano tre volti anneriti, che dovrebbero raffigurare le tre età dell’uomo. Per i giordani di fede cristiana la figura centrale rappresenterebbe Gesù. Bizzarra la scena dipinta sulla parete sinistra: un orso che suona con entusiasmo uno strumento a corde, applaudito da una scimmia; probabilmente l’intento è satirico e a essere preso di mira è qualche potente dell’epoca.
Nel tepidarium (dove ci si immergeva nell’acqua tiepida, mentre sotto il pavimento circolava aria calda) sono ritratte delle donne nude che fanno il bagno a un bambino. L’ultimo ambiente, quello più vicino alla fornace esterna, è il calidarium, il cui soffitto è decorato da una raffigurazione della volta celeste, una carta astronomica dell’emisfero settentrionale, accompagnata dai segni dello zodiaco. Si tratta di uno dei primi tentativi noti di rappresentare l’universo su una superficie che non fosse piana. Tra i vari segni si riconoscono l’Orsa Maggiore e il sagittario, simile a un centauro (la cartina esposta presso il centro visitatori vi aiuterà a individuarli).
Qasr Al Azraq
In questo imponente forte che sorge ai margini della polverosa Azraq, Thomas Edward Lawrence e Sharif Hussein bin Ali stabilirono il loro quartier generale nell’inverno del 1917-8 durante la Rivolta Araba contro i turchi. Lawrence si sistemò nella camera sopra l’ingresso sud, mentre i suoi fedeli seguaci sfidarono i rigori del clima in altre zone dell’edificio. Lawrence e i suoi uomini vi rimasero bloccati per diversi mesi, soffrendo per l’affollamento e il freddo intenso – le grosse aperture nel tetto furono chiuse alla meglio con argilla e rami di palma.
Nonostante questi disagi, Lawrence rievocò con nostalgia il periodo trascorso qui insieme alle sue truppe. Di sera tutti si radunavano davanti a un falò acceso nel cortile e si dividevano il pane raccontandosi storie di guerra, di pace e di amore. A quel tempo dal forte lo sguardo spaziava sulla vicina Oasi di Azraq, verdeggiante di palme.
Costruito con blocchi di nera roccia basaltica, Qasr Al Azraq era in origine alto tre piani. Nell’ingresso principale alcune pietre della pavimentazione presentano piccole tacche, scolpite dai vecchi custodi per un gioco che facevano per passare il tempo, in cui si utilizzavano dei ciottoli. Vicino all’ingresso del cortile si notano alcune iscrizioni e incisioni raffiguranti animali.
Conosciamo relativamente poco sulla storia del Qasr Al Azraq, anche perché sinora questo complesso è stato oggetto solo di esigui scavi e restauri. Dalle iscrizioni greche e latine sappiamo che i primi edifici sorti nel sito datano al 300 d.C. circa, periodo che coincide con il dominio romano nella regione.
Al di sopra dell’entrata si trovava la camera di Lawrence, strategicamente affacciata sull’ingresso e munita di feritoie. Di fronte all’ingresso, subito a sinistra, si vedono i resti di un altare, costruito nel III secolo d.C. dai romani. Al centro del cortile sorge una piccola moschea rivolta verso la Mecca risalente al periodo ayyubide (inizio del XIII secolo), edificata sui ruderi di una chiesa bizantina. Nell’angolo nord-orientale del cortile si apre una cavità con scale che scendono a un pozzo, pieno d’acqua fino a circa 20 anni fa, mentre in quello nord-occidentale si scorgono i resti di una prigione.
Fonte: lonelyplanetitalia.it
Leave a reply