La preoccupazione per la situazione dell’outgoing da parte delle associazioni di categoria: cosa pensano i presidenti di ASTOI, FTO, FIAVET e MAAVI
La speranza di tutti era di poter ripartire. Di ricominciare a lavorare e proporre viaggi all’estero.
Ma il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha gelato tutti con una improvvida dichiarazione al Corriere della Sera, in un a intervista in cui ha dichiarato “io sono per le vacanze in Italia”.
Va bene tutto, che ci sia una pandemia in atto, che secondo però il ministero è sotto controllo grazie al successo della campagna vaccinale ed all’utilizzo del green pass,(e quindi perché questa esortazione?) che sia meglio evitare di “far girare” il virus, che il sistema sanitario possa essere nuovamente messo in situazione di stress visto l’avvicinarsi dell’inverno e la impossibilità di stare sempre all’aperto ma, di fatto, gelare le speranze legate ad una timida ripresa del mercato outgoing è davvero troppo.
13mila realtà turistiche che operano nell’outgoing, 80mila dipendenti, secondo le stime, sono per la terza stagione invernale in sofferenza totale per mancanza di lavoro. Le agenzie di viaggio e i tour operator sono sempre più in balia di eventi che, a questo punto, potremmo definire sì prevedibili ma sconvolgenti per il panorama dell’intermediazione turistica nazionale.
Allora, vista la posizione governativa, dacchè a parlare è un Ministro della Repubblica, non sarebbe giusto un supporto, vero e reale, a tutti costoro? Un supporto finanziario tangibile e realistico?
All’estero si è ripreso in maniera massiccia a viaggiare. Molte destinazioni, a noi italiani proibite, sono nuovamente in grado di accogliere turisti da tutto il mondo, e lo stanno facendo, erodendo quote di mercato all’Italia dell’outgoing, che purtroppo, alla luce dei fatti, pare essere un settore del tutto sacrificabile.
A questo punto ci pare legittimo domandarsi:
– Come reagirebbe il settore ad un eventuale incremento di chiusure delle destinazioni outgoing con l’ordinanza del 16 Dicembre?
– Quali sarebbero le conseguenze operative ed economiche per le agenzie e tour operator?
Abbiamo sentito cosa pensano i diretti interessati. Lo abbiamo chiesto a quattro rappresentanti di categoria da Astoi a Fto, da Fiavet a Maavi.
Pier Ezhaya, presidente Astoi si esprime sulle eventuali ulteriori chiusure di destinazioni paventate per il 16 dicembre.
«L’incremento di chiusure di altre destinazioni outgoing è qualcosa che non si può nemmeno prendere in considerazione. Ci pare permanga una completa miopia, da parte del Ministero della Salute, che impedisce ad esso di comprendere le esigenze di un settore che è allo stremo e non reggerà ancora per molto. E’ davvero incomprensibile come il Travel sia preso così di mira da questo Ministero mentre è possibile fare tante altre cose senza preoccuparsi dei rischi connessi. La situazione, rispetto ad un anno fa, è cambiata e non si può non prenderne atto. Soprattutto non è chiaro il perché ci siamo vaccinati se poi permangono le stesse restrizioni, almeno per quel che riguarda i viaggi. Sarebbe interessante capire quali siano gli algoritmi che determinano queste scelte scellerate. ASTOI ha sempre cercato il dialogo con le istituzioni e continuerà a farlo ma se dovesse esserci un ulteriore inasprimento sulle possibilità di viaggiare per turismo credo sarebbe il caso di far arrivare con più forza la nostra voce al Ministero della Salute e a quello del Turismo. Forse dobbiamo portare al ministro Giorgetti i bilanci dei Tour Operator e delle Agenzie di Viaggio e soprattutto le buste paga di tanti nostri collaboratori il cui reddito è stato letteralmente falcidiato da quasi due anni.
Sulla medesima linea Enrica Montanucci, presidente MAAVI, soprattutto su un tema spesso sottovalutato, quello di scendere in piazza UNITI: «La dichiarazione del ministro Speranza, soprattutto alla luce dell’attesa correzione dell’ordinanza concordata negli ultimi tavoli condivisi con le altre associazioni, che doveva non solo alleggerire le procedure, ma addirittura ampliare i corridoi turistici con almeno altre 4 o 5 destinazioni – dichiara Montanucci – non fa che evidenziare l’assoluta incuria del Ministro verso una crisi ormai devastante del nostro settore. Trovo inconcepibile un tale atteggiamento che, a fronte di un mero vantaggio politico personale, evidenzia una totale incapacità di prendere una posizione di tutela verso il Turismo Organizzato. E credo che a questo punto non resti altra soluzione se non tornare in piazza tutti assieme, questa volta, perché l’attenzione dell’opinione pubblica si sta perdendo. Ed è inconcepibile lasciar morire un intero settore».
Più laconica, ma esaustiva, la posizione di FIAVET; attraverso le parole di Ivana Jelinic, presidente nazionale: «Sarebbe una provvedimento nefasto che non voglio nemmeno immaginare, fuori dalla realtà».
Da FTO Franco Gattinoni, presidente, non si discosta di molto:
«Non vogliamo nemmeno valutare l’ipotesi di nuove restrizioni. Ci saremmo aspettati da tempo la rimozione del divieto a viaggiare per turismo e quindi una riapertura quasi totale delle destinazioni, in allineamento a quanto già succede nella maggior parte dei Paesi europei, cosa che non è ancora avvenuta in Italia.
Sono state autorizzate le aperture di alcune destinazioni come corridoi turistici con la promessa di un progressivo allargamento ad altri Paesi, non ancora realizzato e che stiamo aspettando con grande ansia da settimane. Una lista di destinazioni proposte giace, infatti, da settimane al Ministero della Salute in attesa di approvazione e non riusciamo a capire per quale ragione non si proceda. Chiediamo nuove aperture subito, in sicurezza, con tutti i protocolli necessari che ci siamo impegnati a rispettare. Viaggiare in sicurezza è possibile, non è più accettabile rimanere confinati nel nostro Paese. L’industria del turismo è un’industria seria, ferma da due anni, che dà lavoro a più di 80 mila addetti, provati da troppi mesi di riduzioni di reddito con la cassa integrazione e a rischio di perdita di lavoro se la crisi non terminerà e non verranno tolti i divieti a viaggiare per turismo.
Vogliamo semplicemente poter lavorare e tornare ad un minimo di normalità anche nel settore dei viaggi, lo dobbiamo fare per i nostri clienti e per i nostri dipendenti, altrimenti per quali motivi ci saremmo vaccinati».
La linea ci pare condivisa, il che è già una ottima notizia, ma a proposito delle conseguenze economiche per adv e TO, cosa pensano i nostri leader?
«Sarebbero violentissime. C’è una grande variabile che modifica la sopravvivenza delle aziende alle crisi e non è data solo dalla violenza della crisi stessa ma anche dalla sua durata – spiega Ezhaya – Per questo prolungarla oltre che inutile è del tutto nocivo. Sappiamo che è un settore poco patrimonializzato, sappiamo che vive di margini piuttosto esigui; infliggere accelerazioni a una crisi già così violenta è incomprensibile. Però, aggiungo, che non occorre aspettare dicembre per tracciare gli effetti di questa crisi. Molte agenzie di viaggi hanno già chiuso i battenti, molti tour operator hanno fortemente rivisto i propri organici, persino oltre la cassa integrazione. Molti collaboratori hanno cambiato settore perché se è vero che la cassa integrazione salva i posti di lavoro è anche vero che attacca il reddito e molte persone semplicemente cambiano settore perché non ce la fanno e così si perde anche personale qualificato. Sinceramente è difficile immaginare cos’altro debba succedere per avere un po’ più di attenzione e rispetto da parte del governo verso un comparto che ha patito l’uragano più violento e più lungo che si potesse immaginare».
Poche le parole, ma sintonizzate quelle di Fiavet (Ivana Jelinic): «Se venissero ridotte le destinazioni? Sarebbe un modo definitivo per spazzare via il mercato e, non essendoci più risorse, pur nel rispetto della sicurezza, non sarebbe applicabile».
Ancora Franco Gattinoni rincara sulle chiusure ipotizzate: «Sarebbe inaccettabile e inevitabilmente la reazione sarebbe dura e di totale protesta. L’Europa viaggia, l’Europa vive, il mondo riprende e noi stiamo lentamente perdendo credibilità commerciale, speranza (minuscolo!) ed opportunità. E’ un’ipotesi che va assolutamente bloccata per tempo. Ovviamente un’ulteriore chiusura, senza immediati e consoni sostegni, concreti e tangibili, vorrebbe dire la fine di almeno l’80% delle aziende settore, senza sconti! Sarebbe una condanna a morte per la maggior parte delle piccole imprese ed anche per una importante parte delle grandi. E’ impensabile consentirlo. Ribadisco che questa ipotesi sia da bloccarla, a mezzo di una fortissima e condivisa protesa di piazza massiva. Perché in questo paese non mi sembra ci sia ulteriore spazio perle parole».
E le soluzioni? Un supporto vero e reale, tangibile?
Per Ivana Jelinic «Più che un supporto finanziario, una volta chiuse le competenze dovute per i periodi di chiusura, questo sarebbe il momento della ripartenza. Noi imprese, come sempre, in presenza di normative adeguate e di liberalizzazioni ci rialziamo con gli investimenti, non con i sostegni».
Posizione assolutamente pragmatica.
Aggiunge Enrica Montanucci: «E’ chiaro che se si continuasse in questa direzione urgerebbero provvedimenti economici immediati e tangibili, che ci consentissero di sopravvivere cosa oramai divenuta sempre più difficile».
Le conclusioni le lasciamo a voi lettori, salvo puntualizzare una domanda che tutti gli intervistati hanno evidenziato: “Ma allora a cosa sono servite le vaccinazioni”?
p.s. Mentre chiudiamo questa nostra inchiesta, apprendiamo quello che riportiamo in calce. Buona lettura.
Comunque la Commissione Europea ha consentito, nell’ambito di un temporary framework, aiuti da 4,5 miliardi di euro per sostenere le imprese e l’economia italiana come aiuto di Stato, con il placet di Margrethe Vestager, executive vp responsabile della Politica di Concorrenza, che ha sottolineato come in Italia le imprese abbiano visto diminuire drasticamente le entrate a causa delle misure adottate per contrastare il coronavirus.
Questo aiuto “concesso all’elargizione” di 4,5 miliardi di euro consentirà al nostro paese di sostenere le imprese in difficoltà preservando anche la continuità delle attività.
La notizia meno esaltante è il regime di concessione: gli aiuti di importo limitato saranno distribuiti sotto forma di sovvenzioni dirette fino (addirittura n.d.r.) a mille euro per chi ha iniziato l’attività nel 2019 e sovvenzioni dirette fino a 150mila euro per le altre imprese in difficoltà, ovviamente secondo “certi” protocolli.