È nel Mar dei Caraibi ma dista solo poche miglia dalle coste del Venezuela, il suo re è il sovrano olandese, perché dopo aver annunciato la sua indipendenza dalle Antille Olandesi, ha scelto di fare retromarcia e ri-dichiarare la sua appartenenza al Regno. Aruba è piccola (180 chilometri quadrati di terra, meno della nostra isola d’Elba), diversa da tutte, risultato di un miscuglio storico che non poteva che produrre un’eccezionalità. Nonostante la discendenza dagli Arawak – le popolazioni indigene delle foreste pluviali del Sudamerica – sia ancora presente, i circa 100mila abitanti dell’isola vantano avi di oltre novanta diverse nazionalità e parlano – insieme al papiamento, il creolo locale – anche olandese, inglese e spagnolo. Quasi impossibile, quindi, non riuscire a farsi capire, e anche se capitasse gli Arubani troveranno il modo di comunicare con voi, magari offrendovi un sorso di balashi, l’amatissima birra locale.
Gli abitanti dell’isola sono uno dei motivi che rendono Aruba speciale: sorridenti come suggerisce il mood caraibico, coinvolgenti come ha loro insegnato la tradizione sudamericana, sembrano aver perfino accolto nella loro quotidianità l’efficienza tipica della madre patria nordeuropea.
Aruba è una delle isole caribiche con la più bassa percentuale di povertà e disoccupazione. Grazie al suo animo, alla sua geografia di spiagge bianchissime e di mare azzurro, e al suo clima, sempre soleggiato, sempre a 27 C°, con il mare sempre a temperatura «vasca da bagno» (e senza stagione degli uragani) ha puntato tutto sul turismo, senza farsi fagocitare. Ad Aruba non si viene solo per le spiagge e i resort, ma per vedere i murales di San Nicholas, per il Carnevale, uno dei più importanti dei Caraibi, per un pranzo con i flamingos, oppure per andare a esplorare la selvaggia costa Nord dove nessun resort è stato costruito e regna ancora la natura incontaminata. La protegge il parco Arikok National Park, da attraversaremagari in una gita a cavallo (informazioni nella gallery sopra) con tappa – consigliata – al «giardino dei desideri», una scogliera a cui consegnare i propri desideri
Fonte: Vanity Fair
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