Kingston, il cuore pulsante della Jamaica , la sua moderna capitale, nacque dal caos di undevastante terremoto. Un orologio da tasca con le lancette ferme sulle 11.43 del fatidico giorno del 7 giugno 1692, testimonia il momento in cui un fortissimo terremoto, seguito da uno tsunami, devastò la colonia britannica dei Caraibi. L’orologio venne ritrovato nel 1959 sul fondale del porto dove tuttora i due terzi dell’antica fervente città di Port Royal, la capitale del tempo, giace come una Pompei sottomarina. Con alti edifici di mattoni che venivano portati dall’Inghilterra come zavorra delle navi, Port Royal era considerata la “Londra della Jamaica”. Sottratta dagli inglesi al dominio spagnolo nel 1655, la Jamaica era situata in una posizione ideale per i commerci dell’epoca. Centro del fiorente commercio degli schiavi e dello zucchero, la città era anche residenza dei pirati. Sebbene la pirateria fosse stata ufficialmente dichiarata fuorilegge, le autorità erano accusate dai residenti di “fare l’occhiolino” ai bucanieri in virtù delle ricchezze che portavano e “scialacquavano” sull’isola. Tutto ciò fece si che Port Royal si guadagnasse ai tempi la fama di “città ricca e maledetta ”. La combinazione di pesante tessuto urbano e fondamenta che
poggiavano sulla sabbia rendeva la città soggetta a grosso rischio sismico e quella fatidica mattina del 1692 la devastazione fu totale. Naturalmente l’evento venne interpretato come punizione divina: i morti furono circa 2000 e molti altri morirono successivamente per le malattie sopraggiunte. Nacque allora l’idea di fondare una città completamente diversa: una pianta a griglia con strade perpendicolari fra loro adatta alle esigenze di ordine dell’elite bianca di commercianti di schiavi – una città che sottolineasse il controllo esercitato sulle persone e sullo spazio. Sarebbe
stata la città del re – Kingston. Le principale arterie cittadine collegavano direttamente il porto alle piantagioni di canna da zucchero dell’interno ed i lotti in vendita erano orientati in modo da massimizzare il fronte strada nelle aree commerciali. La nascente Kingston assicurava quindi lunga vita ai commerci sui quali sia l’Impero Britannico che l’economia mondiale,agli albori di una veloce globalizzazione, poggiavano le loro fondamenta. Le strade a griglia della città jamaicana si prolungavano idealmente in quella più ampia rete di rotte navali che si intersecavano allora attraverso tutto il mondo conosciuto.
Il piano geometrico perpendicolare a griglia di Kingston , per il quale vennero anche usati progetti realizzati per la ricostruzione di Londra dopo il grande incendio del 1666, riprende i piani di altre città coloniali inglesi come Londonderry (Derry) e Philadelphia. L’impronta coloniale è sopravvissuta sorprendentemente intatta anche all’indipendenza del 1962 e rimane nella memoria dei suoi abitanti, ad esempio nella denominazioni delle strade e degli spazi: la Parade seppur ribattezzata Victoria Park prima e St William Grant Park poi, rimane ancora comunemente conosciuta con il suo nome coloniale. Ad oggi si sta cercando di far riconoscere il centro storico di Kingston come “historic district” in modo da rivitalizzare ancor più quel centro che costituisce l’origine della città moderna.
(liberamente tratto da “The Guardian” 24 marzo 2016)