Prima dell’arrivo degli Europei nelle isole, il tatuaggio costituiva un simbolo sociale molto significativo. Poteva infatti indicare la tribù o la famiglia di appartenenza, il livello della persona all’interno della scala sociale o un’indicazione della provenienza geografica. Esistevano alcuni disegni tipici per le diverse categorie sociali, tra cui principalmente quella dei celebranti religiosi, quella dei capi e quella dei guerrieri.
O ancora il tatuaggio poteva rappresentare alcuni momenti importanti della storia sociale dell’individuo, come il passaggio dall’infanzia alla pubertà, il matrimonio o la nascita di un figlio. O ancora, poteva rappresentare importanti eventi nella storia personale, come vittorie in guerra, riconoscimenti per buone doti nella caccia o nella pesca. Da ultimo, poteva trattarsi puramente di una decorazione per il proprio corpo.
Il tatuaggio era talmente diffuso e legato alla tradizione locale, da essere considerato quasi inaccettabile per un tahitiano non averne.
Gli antichi artisti polinesiani usavano una sorta di bisturi artigianale per incidere la pelle: un manico di legno con una punta che poteva essere il becco o l’artiglio di un uccello oppure il dente di un pescecane.
Le tinte erano scure, di colore nero tendente al verde o al marrone, e si ottenevano con carbone diluito in acqua o in olio. Per garantire la tenuta dell’inchiostro, la mistura veniva completata con zucchero di canna o succo di noce di cocco.
Il bisturi veniva battuto con un pezzo di legno, e provocava una serie di tagli sulla pelle che venivano subito coperti con una striscia di inchiostro. Questa pratica era abbastanza dolorosa, e completare un tatuaggio poteva richiedere giorni, mesi o addirittura anni.
Anche se le tecniche sono molto cambiate oggi, il tatuaggio rappresenta ancora una tradizione molto diffusa nelle isole ed è possibile trovare molte delle persone locali con disegni davvero molto particolari tatuati sul proprio corpo, oltre a tattoo shop, convention annuali ed eventi dedicati. |