Ho avuto la fortuna di approfondire alcuni aspetti spirituali della religione degli antichi Egizi con l’egittologo Mohamed Fadl, che ho incontrato recentemente a Il Cairo.
“Mohamed, ci vuoi spiegare come gli antichi Egizi affrontavano il tema della morte?”
“Nell’epoca faraonica, gli Egizi attribuivamo molta importanza alla vita ultraterrena, convinti di avere la possibilità di godere di una lunga vita in paradiso”.
Secondo la loro mitologia, l’essere umano era composto da quattro elementi principali:
il Ghet – il corpo – che preservavano attraverso l’imbalsamazione;
il Ba – l’anima – rappresentata da un uccello dalla testa umana;
il Ren – il nome – pronunciare il nome di una persona, anche se defunta, significava continuare a farla vivere;
il Ka – il doppio spirituale, la proiezione dell’essere umano, l’elemento spirituale immortale che continua a vivere dopo la morte.
Il Ka conferisce energia vitale all’individuo sia durante la sua vita terrena
che dopo la sua morte.
“Qual era il simbolo geroglifico che veniva usato?”
“Il simbolo raffigura due braccia umane alzate verso l’alto e le interpretazioni sono molteplici” – continua Fadl – “All’interno della tomba il Ka veniva raffigurato con una statua con il simbolo posto sul capo, che oltre a conferire energia al defunto, lo proteggeva dagli spiriti maligni e dai tombaroli che instancabilmente avevano la mummia come obiettivo primario. Per alimentare l’energia e garantirne la sopravvivenza, al Ka del defunto venivano presentate numerose offerte”.
“Il Ka, dopo la morte, si univa ad Osiride, Dio e giudice supremo del Regno dei Morti, e quindi il Ka era il punto di contatto tra il defunto e il mondo dell’aldilà” – ci spiega Mohamed.
Mi sembra di comprendere che gli elementi di cui stiamo parlando
siano legati uno all’altro!
“E’ difficile scinderli” – commenta Fadl – “ad esempio il Ba, l’elemento completamente spirituale, era indipendente dal corpo del defunto, ma esisteva soltanto quando il Ka si era unito al corpo mummificato. Viene spesso raffigurato mentre vola al di fuori della tomba, ma ritorna sempre durante le tenebre”.
“Anche il Ren, il nome, lega l’identità di un individuo al suo destino e garantisce continuità al suo Ka nella vita dopo la morte”
Mi piace molto il concetto di rinascita che avviene ogni volta che si pronuncia il nome di un defunto per continuare a farlo esistere!
“Favorire la sua identificazione attraverso il Ren – aggiunge Mohamed -consente di non annullare il suo ricordo e di non privarlo della possibilità che il suo Ka lo identifichi per farlo sopravvivere nella vita ultraterrena”.
Concetti abbastanza difficili da interpretare, ma, grazie alle preziose spiegazioni di Mohamed Fadl, che ringrazio,
ora riesco a comprenderli meglio!
Gli antichi Egizi ci hanno lasciato in eredità un patrimonio archeologico-storico il cui perno è la vita ultraterrena, intorno alla quale hanno elaborato raffinatissime mitologie e importanti testimonianze rese immortali attraverso i magnifici templi, le necropoli, gli innumerevoli testi in geroglifico e la ricca rappresentazione iconografica.
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