Si trova a Torino il più grande museo della civiltà egizia, secondo soltanto a quello del Cairo. Con i suoi 37mila pezzi, tra sarcofagi, papiri, mummie e preziosi amuleti, la sua collezione lo ha reso uno dei poli più visitati in Italia e in Europa. Il direttore Christian Greco: “È un patrimonio che appartiene all’umanità e che l’Italia ha l’onore e l’onere di custodire”.
Sarcofagi, mummie, papiri e preziosi amuleti. Con i suoi oltre 37mila pezzi, che vanno dal paleolitico all’epoca copta, al Museo Egizio di Torino è conservata la più grande collezione della civiltà dei Faraoni di tutto il mondo, seconda solo a quella del Cairo. A livello globale, è il più antico museo dedicato all’epoca neolitica, “un patrimonio che appartiene all’umanità e che l’Italia ha l’onore e l’onere di custodire”, come ha sottolineato il direttore Christian Greco. Proprio la città all’ombra della Mole è la meta ideale per tutti gli amanti dell’Egittologia e per chi voglia avvicinarsi per la prima volta ad un’epoca ancora avvolta dal mistero. Ad oggi è tra i musei italiani più visitati da grandi e bambini, complice anche il nuovo percorso tutto multimediale inaugurato nel 2015 dopo una maxi restaurazione cominciata nel 2012 e conclusasi dopo 1080 giorni di lavori. Nel 2013 è stato anche inserito dalla rivista Times nella classifica dei 50 migliori musei del mondo.
Un legame, quello che unisce l’Egitto a Torino, che dura da quasi 200 anni. Era infatti il 1824 quando è nato nel capoluogo piemontese il Museo Egizio. Un archeologo, Bernardino Drovetti, console generale di Francia durante l’occupazione in Egitto per volontà di Napoleone, collezionò nel paese nordafricano una serie di pezzi tra statue, sarcofagi, mummie, papiri, amuleti e monili vari. Una volta tornato a Torino, vendette buona porta di queste suppellettili al re Carlo Felice che, unendovi altri reperti di antichità classiche di Casa Savoia, tra cui la collezione Donati, diede vita al primo Museo Egizio del mondo. “Era già partita allora l’Egittomania”, sottolinea Evelina Christillin, Presidente del Museo egizio, aggiungendo che tuttavia “il grande cambiamento è avvenuto ultimamente. C’è stato un importante finanziamento di 50 milioni di euro da parte sia del pubblico che del privato. Sono stati effettuati importanti lavori di rifunzionalizzazione cominciati nel 2012. Siamo passati dai 4500 metri quadri ai 10mila di adesso”.
Dalla tomba di Kha e Merit al Papiro delle miniere d’oro: i fiori all’occhiello della collezione
Tra i pezzi più importanti della collezione del Museo Egizio di Torino c’è la tomba intatta di Kha, capo architetto al servizio del faraone Amenhotep III, e della moglie Merit, vissuti fra il 1450 e il 1380 avanti Cristo. La costruzione è stata rintracciata all’inizio del Novecento dall’egittologo Ernesto Schiapparelli ed è arrivata in seguito nella città della Mole, collocata nella prima stanza del Museo. Tra le altre tombe famose, vi è quella di Maia, che però è stata ricostruita. Altro fiore all’occhiello del polo museale torinese è il Papiro delle miniere d’oro, con la mappa delle miniere della zona nel nord-est del Sudan, sede dell’antico insediamento urbano di Berenice Pancrisia, insieme al cosiddetto Libro dei Morti di Iuefankh, un lunghissimo papiro che ha segnato la storia degli studi egittologici. “Il Museo Egizio – ha dichiarato il direttore Christian Greco – custodisce un patrimonio che appartiene all’umanità e che l’Italia ha l’onore e l’onere di mantenere. Non esiste egittologia senza rapporto con l’Egitto e senza uno sguardo alla sponda sud del Mediterraneo. Questo dialogo deve ripartire. Per questo mi piacerebbe che il nostro museo fosse la casa più grande degli egiziani all’infuori dell’Egitto”.
Fonte: Fanpage.it
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