È pura esperienza sensoriale!
Conosciuto già nel regno di Moulay Ismail nel XVII secolo, il tè era considerato un bene di lusso presente soprattutto nell’alta società. Solo nella seconda metà del XIX secolo, grazie alla ricerca di nuovi sbocchi commerciali, gli inglesi introdussero le foglioline cinesi nei mercati dei porti di Tangeri ed Essaouria. La bevanda si diffuse rapidamente tra tutti i livelli sociali con diverse interpretazioni nella preparazione a seconda delle regioni del Paese.
Il tè prevalentemente utilizzato è quello verde Gunpowder, con le piccole foglie arrotolate, a cui si aggiungono zucchero, menta fresca e, alcune volte, altre erbe aromatiche, seguendo un procedimento particolare. La menta migliore è prodotta nell’area intorno a Meknès e ha uno straordinario profumo, oltre ad un colore brillante, utile per attenuare il sapore amarognolo dell’infuso senza modificane il gusto.
Il tè alla menta non è soltanto una bevanda digestiva e rinfrescante, ma è un inno all’ospitalità e alla tradizione marocchina.
Seguendo un rituale antico, il tè viene preparato dal capofamiglia di fronte agli ospiti che, seduti su cuscini a terra intorno ad un tavolo rotondo, assistono all’importante atto di condivisione in rispettoso silenzio, quasi ipnotizzati e inebriati dall’intenso profumo. Si susseguono atti cadenzati e ripetitivi e, quando si ritiene sia pronto, il prezioso infuso viene versato in bicchieri di vetro decorati, posti su un vassoio in argento intarsiato, con un gesto di grande abilità dall’alto verso il basso ad una distanza di una trentina di centimetri.
É d’uso bere tre bicchieri di seguito, in quanto il tè, rimanendo in infusione nella teiera, restituisce retrogusti di diversa intensità.
In Marocco c’è un detto ricorrente e molto significativo:
“Il primo bicchiere è dolce come la vita.
Il secondo è forte come l’amore.
Il terzo è amaro come la morte.”
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