Chi cerca il caldo, il sole e il mare senza spendere una follia lo trova sicuramente ora che ci sono diverse compagnie aeree che offrono voli scontati tutto l’anno verso destinazioni non troppo lontane. Ecco le migliori mete low cost dove fare qualche tuffo
Agadir, in Marocco
Agadir è una bellissima località turistica del Marocco del Sud, costruita lungo una piccola baia dorata che si affaccia sull’Oceano Atlantico. Qui il clima è estivo tutto l’anno, con un po’ di brezza nei mesi invernali. Tante le strutture turistiche di ottimo livello dove soggiornare.
Marsa Alam, in Egitto
È la zona dove il Mar Rosso è ancora incontaminato, dove la barriera corallina è ancora intatta e si possono ammirare i pesci più belli, dal pesce pagliaccio allo squalo balena e il dugongo. La costa è molto più aperta rispetto a Sharm, sono meno anche i resort pertanto le spiagge sono più ampie e meno affollate. Per chi cerca una vacanza invernale di totale relax questo è il posto giusto.
Aqaba, in Giordania
È una splendida località del Mar Rosso giordano, famosa per le spiagge e per i fondali marini. L’attrazione principale di Aqaba è infatti la costa, ricca di coralli e di una vivace vita sottomarina. Questa terra dal clima temperato è il paradiso dei sub perché offre snorkeling e immersioni spettacolari, tra tartarughe marine e delfini. Le immersioni notturne rivelano la presenza di creature marine come granchi, aragoste e gamberi che vanno alla ricerca di cibo nelle buie ore della notte. È un’esperienza che non si prova ovunque. Il lungomare è costellato da tantissimi hotel di ogni categoria, i moltissimi 5 stelle. Il costo della vita qui è piuttosto basso e la vacanza è decisamente low cost.
Eilat, in Israele
Affacciata sul Mar Rosso israeliano, Eilat è una delle mete di mare più nuove dove trascorrere una vacanza in pieno inverno certi di trovare il caldo. Il nuovo aeroporto internazionale sta già portando migliaia di turisti che hanno scoperto questa destinazione solo di recente, come valida alternativa al classico Egitto. La natura qui ha creato straordinarie combinazioni di colori: spiagge bianchissime, deserto con le sue sfumature viola e coralli variopinti. Compare all’improvviso nel mezzo del deserto, con le palme e i giardini verdi, gli alberghi bianchi e le vele delle barche che popolano il mare.
Hurghada, in Egitto
Un piccolo paradiso tropicale molto apprezzato per le spiagge sabbiose e per il colorato e incontaminato mondo sottomarino. Ben 36 chilometri di litorale che si estende lungo tutto il tratto costiero fino al confine con il Sudan. Hurghada è una delle principali località turistiche dell’Egitto, tra meravigliose isole disabitate e insenature, propone tra le tante attività la possibilità di praticare sport acquatici in particolare il windsurf, la vela, la pesca d’altura.
Lanzarote, alle Canarie
Più vicina all’Africa che non alla Spagna, quest’isola di origine vulcanica è caldissima tutto l’anno. Ci soffia in continuazione il vento del Sahara. La zona più ventosa è la punta Nord, ma basta restare lungo la costa Sud orientale per trovare cale protette dove stendersi a prendere il sole anche in pieno inverno. Lanzarote è un paradiso di spiagge meravigliose e natura incontaminata, per questo motivo attrae ogni anno un gran numero di turisti in cerca di calma e di un’atmosfera rilassata. Le principali località turistiche sono Playa Blanca, Puerto del Carmen, Costa Teguise.
Sharm el-Sheik, in Egitto
È la prima località che viene in mente quando si pensa a una meta di mare vicina e non troppo costosa. Infatti à la destinazione più turistica dell’inverno e molto amata dagli italiani. Poche ore di volo e prezzi sempre abbastanza abbordabili per raggiungere spiagge favolose, una barriera corallina bellissima dove fare snorkeling e temperature estive mentre in Italia si sfiorano gli zero gradi.
Fuerteventura, Canarie
Famosa in tutto il mondo per il clima gradevole, le acque cristalline e le spiagge mozzafiato, quest’isola è la meta ideale per chiunque ami il mare e rilassarsi sulla spiaggia. Fuerteventura è un gioiello naturalistico e i suoi paesaggi non hanno bisogno di presentazione. Non dimentichiamo poi il clima: un’eterna primavera, che fa sognare in tutte le stagioni.
Fonte: SiViaggia.it
La compagnia ha introdotto una nuova funzionalità nel suo sistema di prenotazione dei posti: sulla mappa, prima di scegliere il proprio sedile, appare un’icona “bambino” che mostra dove sono seduti i passeggeri che viaggiano con minori di 2 anni
Viaggiare in aereo seduti lontano da bambini che potrebbero piangere o fare rumore per tutto il viaggio? Adesso con la Japan Airlines è possibile. La compagnia, infatti, ha introdotto una nuova funzionalità nel suo sistema di prenotazione dei posti: sulla mappa, prima di scegliere il proprio sedile, appare un’icona “bambino” che mostra dove sono seduti i passeggeri che viaggiano con piccoli fino a 2 anni.
L’icona avverte della presenza di bambini fino a 2 anni
L’icona con la faccia del bebè, come spiega il sito di Japan Airlines, “consente agli altri passeggeri di sapere che un bambino potrebbe essere seduto lì”. Tuttavia, la compagnia avverte che in alcuni casi ci si potrebbe comunque ritrovare vicino a un minore. L’icona, ad esempio, non appare se si tratta di un biglietto premio o se il posto è stato prenotato attraverso un sito diverso da quello ufficiale. I posti prenotati potrebbero cambiare, poi, quando all’ultimo momento c’è la sostituzione dell’aeroplano.
Su Twitter favorevoli e contrari
Su Twitter, le reazioni al nuovo strumento di Japan Airlines sono state diverse. Come raccontano Bbc e Cnn, c’è chi ha ringraziato la compagnia per non essersi fatto 13 ore di viaggio vicino a bambini urlanti e chi ha chiesto anche alle altre società di prevedere una cosa simile. Ma c’è anche chi ha esortato tutti a essere più tolleranti verso i piccoli e, nel caso, a mettersi delle cuffie per cancellare il rumore.
Fonte: tg24.sky.it
Sotto le sue praterie e le splendide montagne la Cantabria racchiude un tesoro sotterraneo di inestimabile valore. Si tratta di un mondo misterioso di estrema bellezza, disseminato di forme fantasmagoriche, luci, morbide ombre e suoni profondi: un’immensa trama di caverne e grotte che affascina tutti coloro che vi si addentrano.
Spettacolari stalattiti e stalagmiti e molti altri tipi di formazioni strane e meravigliose, fanno delle grotte della Cantabria un paradiso naturale unico, sorprendente per la sua straordinaria bellezza e l’eccellente stato di conservazione. Un vero regalo della natura che racchiude pozzi, fiumi sotterranei, gole verticali e labirintiche gallerie, scenari fantastici plasmati dall’acqua e dall’umidità nel corso di migliaia di anni. Per secoli molte di queste caverne sono rimaste occulte agli occhi dell’uomo. Oggi invece è possibile visitarne alcune.
Solo in Cantabria esistono più di 6500 grotte. La ricchezza e la spettacolarità di questo mondo sotterraneo fanno della regione un punto di riferimento obbligato per gli amanti della speleologia. Ma queste bellezze nascoste non sono riservate unicamente a sportivi esperti. Chiunque può addentrarsi all’interno di questo patrimonio culturale e ammirare da vicino gran parte di questi monumenti segreti.
Se volete vivere un’avventura indimenticabile nel sottosuolo, visitate la grotta di El Soplao e percorrete più di un chilometro circondati da incredibili formazioni di pietra e cristalli naturali, meraviglie dai colori inauditi che pendono dal soffitto e sorgono da terra, componendo uno scenario spettacolare che provoca l’ammirazione di chi lo guarda. Questa cavità si trova tra i comuni di Valdáliga, Herrerías e Rionansa, a circa venti chilometri da San Vicente de la Barquera, e potrete accedervi a bordo di un singolare treno turistico minerario.
Giochi di luci e ombre, sensazioni e odori si moltiplicano nella zona dell’Asón-Agüera, dalla parte opposta della regione. Solo in questo punto si concentrano più di 4000 grotte che compongono alcuni dei maggiori sistemi sotterranei d’Europa. In queste caverne è disponibile un servizio di visite guidate durante tutto l’anno. Ci sono grotte per tutti i livelli e gradi di difficoltà. Chiunque può visitarle, indipendentemente dalla forma fisica o dall’esperienza, da bambini di otto anni a persone di età più avanzata. Vi sentirete come un esploratore in un contesto sovrannaturale, strisciando nelle viscere della terra.
Itinerario dell’arte preistorica
Avventura, sport, mistero e bellezza, ma anche l’arte delle pitture rupestri e le impronte dei primi abitanti del pianeta. La Cantabria conserva al suo interno la maggiore densità di grotte con arte rupestre del mondo. Si tratta di manifestazioni artistiche create da 12.000 a 40.000 anni fa, un tesoro di incalcolabile valore disseminato in ogni angolo della regione. Visitate la Grotta del Chufín a Rionansa, quella del Castillo a Puente Viesgo, quella di El Pendo a Escobedo de Camargo e quella di Covalanas a Ramales de la Victoria, e assaporate l’emozione di scoprire l’abilità degli artisti del Paleolitico.
Questo appassionante paradiso interno raggiunge il climax nella Grotta di Altamira, a Santillana. Definita dagli esperti come la “Cappella Sistina dell’Arte Rupestre” e iscritta nell’elenco del Patrimonio Mondiale, al momento la grotta originale non è aperta al pubblico, ma è possibile visitarne una replica esatta presso il Museo Altamira. Lasciatevi stupire da questa sorprendente eredità sotterranea.
Fonte: spain.info
Questo albergo nel veronese sembra un’opera d’arte
Circondato dai vigneti della Valpolicella e immerso in un grande parco poco fuori Verona, il lussuoso Byblos Art Hotel Villa Amistà è molto più di un semplice (si fa per dire) albergo. Per la ricchezza delle opere ospitate, infatti, in alcune parti somiglia molto da vicino a una galleria d’arte.
Sorge in una villa veneta del XVI secolo e, infatti, è stato trasformato in un albergo-galleria con esposizioni permanenti d’arte contemporanea. Ospita alcune delle opere dei maggiori protagonisti della scena artistica contemporanea: da Murakami a Marina Abramovic, da Mimmo Rotella a Mat Collishaw, da Damien Hirst a Piero Manzoni e a Luigi Ontani, da Vanessa Beercroft a Sandro Chia.
L’hotel, interamente di design, dista 20 chilometri dal Lago di Garda, in un parco con fontane e giardini fioriti nella regione vinicola della Valpolicella. Oltre alle lussuose camere, mette a disposizione anche un prestigioso centro benessere e un ristorante gourmet.
Il ristorante Amistà, infatti, propone specialità venete e piatti internazionali a base di verdure biologiche coltivate nel giardino dell’hotel. Potrete inoltre partecipare a degustazioni di vini nella cantina del XV secolo e gustare i pasti nelle zone ristorazione all’aperto.
Fonte: idealista.it
“Il nostro paradiso non si tocca”: così la blue economy delle Seychelles salverà l’ambiente
Tartarughe giganti, pappagalli neri, dugonghi e piante millenarie: la biodiversità sull’arcipelago dell’Oceano indiano non ha eguali. Ecco perché il governo ha avviato una serie di programmi che puntano a rendere area protetta la maggior parte del territorio
Spiagge bianche, piante endemiche degne di un romanzo fantasy e una biodiversità marina senza paragoni. Le Seychelles sono uno degli ultimi paradisi terrestri rimasti, un luogo sfruttato per generazioni dal turismo di massa che negli ultimi anni ha riscoperto una coscienza ambientalista, basata su principio difficile da interiorizzare ma dal quale non si torna indietro: piante, pesci, rettili e uccelli non appartengono all’uomo ma alla Terra e rappresentano un patrimonio da tutelare, ad ogni costo. Numerosi studi hanno dimostrato che la natura vale di più se sana e protetta che se martoriata e sfruttata, ed è anche per questo che il Governo punta i pugni sul tavolo ribadendo che i 455 chilometri quadrati di biodiversità terrestre, più le acque oceaniche circostanti, non vanno più toccati, avviando iniziative che puntano a limitare l’intervento dell’uomo su buona parte della superficie del Paese e ovviamente sui suoi mari.
Al momento, circa metà del territorio coincide con aree protette e ci sono ben otto parchi nazionali e riserve speciali nell’archipelago. Il più grande è il Morne Seychellois National Park, che copre più del 20% dell’isola più grande, Mahe: con 12 percorsi di trekking, questo luogo rappresenta il paradiso dei camminatori, tenuti ovviamente a non gettare neanche una carta per terra e anzi a lasciare la foresta migliore di come l’hanno trovata. Tra lombrichi giganti e ragni che tessono tele grandi come lenzuola, il parco conduce il visitatore lungo un labirinto di vegetazione fitta e rigogliosa che profuma di mare.
Ma è a Vallee de Mai, su Praslin Island, che si trova il cuore di questa operazione che prima che essere ambientalista è culturale: è qui che infatti crescono le palme del famoso, endemico Coco de Mer, la noce di cocco dalla forma singolare e spesso oggetto di foto volgari e allusive, sebbene non ci sia niente di volgare o allusivo in questo frutto, che può arrivare a pesare decina di chili e che a causa dell’inquinamento e della deforestazione negli ultimi anni è stato gravemente minacciato. Per proteggere quest’opera d’arte della natura il Governo si sta impegnando molto, tanto che l’unico modo per ammirare le noci di cocco è prenotare giorni prima un ingresso al parco, seguendo le indicazioni di un percorso tracciato dal quale non è possibile uscire. Sempre qui è possibile ammirare il pappagallo nero, un uccello endemico e oramai rarissimo, famoso per il piumaggio oscuro e lucente. Non è un caso che questa foresta tutta profumi, rumori ancestrali e colori sia stata dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Ultimo ma non ultimo, tra le fronde di queste palme che rievocano scenari alla Jurassic Park, è anche possibile intravedere il geco color verde smeraldo, altra creatura simbolo dell’arcipelago che senza una politica ad hoc probabilmente scomparirebbe.
La Cousin Island Special Reserve è invece un importante luogo di accoppiamento per le tartarughe embricate dell’oceano Indiano occidentale, nonché destinazione preferita per la nidificazione di moltissimi uccelli di mare. Il sito è gestito da Nature Seychelles, che ogni anno monitora la riproduzione dei rettili – classificati come in pericolo critico di estinzione – che depongono le uova tra settembre e marzo, con i piccoli che prendono il largo tra novembre e gennaio. Le Seychelles sono uno dei pochi posti al mondo dove questi animali marini si riproducono e i programmi di ricerca e tutela sono ormai numerosissimi.
La riserva più grande si trova però a Aride Island, l’isola granitica più settentrionale, che ospita molte importanti specie di uccelli nonché una delle più dense e interessanti popolazioni di rettili al mondo. Gestita dalla Island Conservation Society, l’isola era un tempo proprietà della famiglia Cadbury, che ha lottato fino alla fine per ottenere tutte le tutele ambientali possibili sul territorio.
Un altro patrimonio Unesco dell’arcipelago è la Aldabra Atoll Special Reserve, descritta da Sir David Attenborough come una delle meraviglie del mondo. Gestita dalla Seychelles Island Foundation, ospita le gigantesche tartarughe giganti di Aldabra, animali straordinari che nei secoli hanno alimentato la fantasia e di scrittori, registi e poeti. Anche loro, ovviamente, in pericolo di estinzione.
Ma è forse sul fronte dell’ecosistema marino che l’archipelago sta facendo il lavoro migliore, con l’obiettivo preciso, fissato al 2021, di trasformare il 30% delle acque oceaniche circostanti in area protetta. È questa la cosiddetta “Blue economy”, ovvero una nuova, futuristica concezione dell’economia basata sulla tutela dell’ambiente e sul fatto che questo vale di più se pulito, sano, protetto e rispettato. Ecco perché in tutti e sei i parchi marini delle Seychelles la pesca non è permessa e il divieto viene monitorato costantemente a bordo di imbarcazioni dedicate.
I gruppi ambientalisti che lavorano nell’arcipelago per la tutela di piante e animali sono ormai parecchi, a partire da Sustainability for Seychelles, che incoraggia un “green lifestyle” che altro non è che la combinazione tra le pratiche tradizionali creole con le più moderne tecnologie, un mix tra passato e futuro che punta a liberare l’ambiente dalla plastica; la Terrestrial Restoration Action Society of Seychelles, con sede a Praslin Island, grazie a una ramificata rete di volontari monitora invece l’impoverimento del suolo e si adopera per ripiantare la vegetazione indigena.
Il progetto governativo è talmente interessante da aver attirato l’attenzione di un attivista come Leonardo di Caprio. Nei prossimi anni l’arcipelago potrà contare su due enormi nuovi parchi marini, andando a sigillare un’operazione di tutela ambientale senza precedenti di cui beneficeranno delfini, mante, squali, megattere, dugonghi, tartarughe, uccelli di mare e tutti quei pesci straordinari che rappresentano il vero e più profondo tesoro dell’arcipelago, un forziere di cui tutti siamo responsabili, ora più che mai.
Fonte: repubblica.it – Sara Ficocelli
LA MOSTRA “DEGAS DANSE DESSIN” SARÀ COMPOSTA DA 26 INCISIONI ORIGINALI RAFFIGURANTI GLI STUDI SULLE BALLERINE E 5 VIDEO INEDITI CHE RACCONTANO DELLA VITA DEL PITTORE IMPRESSIONISTA. L’OBIETTIVO È AVVICINARE ANCHE IL PUBBLICO DELLE CROCIERE ALL’ARTE
È pronta a salpare la “Grandiosa”, nuova nave della linea MSC Crociere che per la prima volta nella sua storia porterà a bordo delle importanti opere d’arte. La mostra, che verrà inaugurata il prossimo 9 novembre ad Amburgo, omaggia il maestro impressionista Edgar Degas (Parigi, 1834-1917): Degas Danse Dessin, precedentemente esposta in musei e gallerie internazionali, è composta da 26 incisioni originali provenienti da The Art Company, una collezione privata che conta oltre 3500 pezzi di arti grafiche. In un mercato che offre crociere di ogni tipologia e tematica, anche l’arte inizia a fare capolino, come abbiamo visto nella recente collaborazione tra il Louvre e la compagnia francese Ponant.
LE OPERE DI DEGAS A BORDO DELL’MSC
Il progetto nasce dalla collaborazione tra MSC Crociere e THE AIMES, società specializzata nella creazione di esperienze di intrattenimento culturale. Abbiamo raggiunto Marcello Smarrelli, storico d’arte e curatore della mostra, da anni impegnato nell’intersezione tra attività artistiche e aziende. “Insegnando la storia dell’arte da quarant’anni, ho sempre cercato dei modi per diffondere l’arte in diversi contesti sociali, soprattutto tramite realtà come il Pastificio Cerere di Roma o Fondazione Ermanno Casoli”, racconta ad Artribune. “Anche questa idea della mostra su una crociera è un modo per diffondere l’arte dove non ce la si aspetterebbe. Eppure, c’è un pubblico potenziale di migliaia di passeggeri che può essere messo in contatto con opere dotate di un apparato didattico che le rende interessanti da guardare, in qualche modo divertenti”. La mostra sarà allestita presso l’Atelier Bistro, nel cuore della promenade interna della nave, uno spazio pensato appositamente per l’esposizione di opere. “Ha tutta una serie di sistemi di sicurezza e di accorgimenti tecnici che la rendono adatta al 100% per l’esposizione di oggetti anche molto fragili”, prosegue Smarrelli. “Inoltre, il trasporto delle opere in nave non è una novità: quando ci sono dei trasferimenti su lunga distanza, si usano mezzi navali o aerei, sottoponendole a uno stress pari a quello di questa mostra”.
DEGAS E LA TECNOLOGIA
Punto focale dell’iniziativa è l’uso delle tecnologie, ricorrente in tutti i progetti di THE AIMES. Accanto alle incisioni esposte, infatti, ci saranno cinque videoinstallazioni dal carattere coinvolgente oltre che didattico, che rimandano alla vita e all’opera di Degas. “Quando nell’Ottocento nacque la fotografia, fu subito utilizzata dagli Impressionisti come metodo immediato per catturare la natura, inserendo il movimento nella raffigurazione pittorica”, conclude il curatore. “Per lo stesso motivo, i soggetti più amati da Degas erano i cavalli e le ballerine. Abbiamo voluto accostare il video alla figura dell’artista considerandolo come un precursore del cinema, che all’epoca era la tecnologia nascente”.
Fonte: Artribune.com – Giulia Ronchi
Pronto al volo alla fine del 1969, il “Jumbo jet” ha rivoluzionato i voli intercontinentali. Prodotto in oltre 1.500 esemplari. Alitalia ne ha operati 21
Quando la notizia dell’imminente entrata in servizio del Boeing 747 (il “Jumbo Jet”) comparve sui quotidiani italiani nell’autunno del 1969, fece molta impressione: il nuovo gigante dei cieli offriva quattro “sale cinematografiche”, cioè quante ne aveva all’epoca la città di Legnano. Non si risparmiava certo in termini di confort di volo per i passeggeri dei voli intercontinentali: filodiffusione collegata ad ogni posto a sedere con canali tematici, lezioni di inglese, possibilità di ascoltare le radiocomunicazioni di bordo. Ed ancora: una zona nursery con spazi appositamente pensati per i viaggi dei neonati, sei dispense, duty free shop a bordo, 33 membri di equipaggio. La prima classe del Jumbo, poi, era un’angolo di lusso sfrenato: 32 spaziosissimi sedili con tavolini girevoli, un banco bar e una “mansarda” panoramica accessibile da una scala a chiocciola. La piccola città del cielo entrò nel futuro di Alitalia nel novembre 1968, quando la compagnia di bandiera italiana ordinò al colosso di Seattle quattro esemplari del 747.
La storia del progetto del Boeing 747 parla di numeri giganteschi proprio come l’esito finale, il Jumbo Jet. L’idea del maxi aereo commerciale nacque attorno alla metà degli anni ’60 per due principali ragioni: l’aumento del traffico passeggeri come effetto della riduzione complessiva delle tariffe e l’incremento generale della congestione del traffico aereo civile. Inoltre, la casa di Seattle aveva da poco perso un bando istituito dalla U.S. Air Force per un quadrimotore da trasporto, lasciando in eredità al ramo commerciale dell’azienda la base del progetto per un grande aereo passeggeri/cargo basato sul Boeing C-5A mai realizzato.
Un “palazzo che vola”
Le dimensioni del Boeing 747 ricordavano più quelle di un condominio che di un aeroplano: 59 metri di apertura alare (più di un campo regolamentare di basket), 70 metri di lunghezza e 19 di altezza dell’impennaggio di coda (come un palazzo di 5 piani). La prima serie fu equipaggiata con quattro motori Pratt & Whitney JT 9D-3 da oltre 200 Kn (20.845 kg) di spinta ciascuno, che erano in grado di sollevare la gigantesca massa del quadrimotore (oltre 400 tonnellate a pieno carico) e di farla volare ad una velocità di crociera superiore ai 900 Km/h. L’autonomia del 747-100 era altrettanto da record: oltre 13mila chilometri di volo, garantiti da giganteschi serbatoi in grado di contenere 130.000 litri di carburante. Il “grattacielo volante” aveva bisogno di oltre 3 km di pista per staccarsi dal suolo a pieno carico, distanza che richiese l’adattamento della superficie di diverse strutture aeroportuali nel mondo.
La nascita di un gigante
A causa delle dimensioni del 747, la Boeing dovette procedere alla progettazione ed alla costruzione di un nuovo ed altrettanto gigantesco stabilimento. Il sito produttivo fu realizzato ad Everett, nello stato di Washington (dove aveva sede la casa di Seattle). Ad oggi l’impianto è considerato il più ampio del mondo con il monumentale volume originario di 5,6 milioni di metri cubi, oggi diventati più di 13 milioni con la costruzione dei velivoli di grandi dimensioni come il 767 e il 787. L’impianto ciclopico entrò in funzione nel 1967, pronto per fronteggiare ben 25 ordini della compagnia statunitense Pan-Am.
La presentazione ufficiale del Jumbo avvenne il 30 settembre 1968 di fronte ad una folla di addetti, giornalisti, piloti, autorità ed hostess di 26 compagnie del mondo che vararono con le loro uniformi variopinte un colosso che ancora non aveva toccato il cielo. Il primo volo fu effettuato il 9 febbraio 1969 dal pilota Jack Waddell, che portò a termine il collaudo ad una velocità ridotta di 257 km/h. Pochi mesi dopo, il 4 dicembre dello stesso anno, il gigante dei cieli con la livrea della Boeing atterrava all’aeroporto J.F.Kennedy di New York per la prima trasvolata coast to coast, proveniente da Seattle. Ad attenderlo sulla pista c’era l’eroe dei cieli Charles Lindbergh, che quel giorno assistette di persona alla conferma dell’affidabilità del nuovo superjet nonostante un piccolo incidente causato dal malfunzionamento del carrello 10 giorni dopo il primo volo, che non ebbe tuttavia conseguenze sul progetto.
I Jumbo Alitalia
Tra i primi acquirenti del Jumbo figurava Alitalia. La compagnia di bandiera italiana, con l’acquisto dei nuovi quadrimotori, mandava definitivamente in pensione tutti i velivoli ad elica della flotta. L’imminente messa in servizio del colosso dei voli intercontinentali necessitò dell’adattamento anche degli scali aeroportuali italiani che prevedevano quel tipo di tratta e l’utilizzo del 747. In questo caso l’aeroporto che per primo fu interessato alle modifiche tecniche necessarie fu lo scalo di Milano Malpensa al quale inizialmente la TWA, compagnia operante con i 747, fornì il know-how e il materiale per l’adattamento delle apparecchiature di terra e per la manutenzione. Lo scalo milanese, come anche quello romano di Fiumicino, dovettero potenziare il settore della gestione bagagli (in pochi minuti bisognava garantire lo sbarco di colli al seguito di circa 400 passeggeri) così come si rese necessario l’ampliamento dell’area parcheggi e degli spazi passeggeri e check-in degli scali. I primi Jumbo della TWA toccarono la pista dello scalo lombardo provenienti da New York nel marzo del 1970.
La data di consegna dei 747 destinati ad Alitalia fu stimata a partire dalla metà del 1970. Dallo stabilimento di Everett furono puntuali e il primo Jumbo a vestire la livrea della compagnia di bandiera italiana fu consegnato il 13 maggio 1970 e battezzato “Neil Armstrong” in onore del primo uomo sbarcato sulla Luna appena pochi mesi prima. Immatricolato nel registro italiano con le marche I-DEMA, il primo 747-100 di Alitalia ara stato configurato per ospitare 337 passeggeri in classe turistica e 32 passeggeri privilegiati nel lussuoso salottino di prima classe alle spalle della cabina di pilotaggio. Rimarrà in servizio con Alitalia per 11 anni, fino alla vendita nel novembre del 1981. Il 1 luglio 1970 arrivava il secondo dei quattro Jumbo del primo lotto: I-DEME “Arturo Ferrarin”, gemello del primo, resterà con la compagnia per lo stesso tempo, rientrando nel sempre nel 1981 dal leasing con Boeing. In totale la compagnia di bandiera italiana ha avuto nella propria flotta 21 Boeing 747, tra i quali due in configurazione cargo. L’ultimo a dismettere la livrea tricolore in versione passeggeri è stato il 747-243F “Titano” (marche I-DEMR) ceduto nel 2004 ad una compagnia cargo russa. Principalmente la scelta di dismettere i gloriosi Jumbo jet è stata dettata negli ultimi anni dalla necessità di ridurre i consumi di carburante (molto elevati nel 747 nonostante il continuo aggiornamento dei propulsori) e dallo sviluppo di nuovi aerei con le stesse caratteristiche per i viaggi a lungo raggio ma assai più parchi nei consumi.
Le versioni speciali
Oltre alle due principali versioni passeggeri e cargo, il Boeing 747 è stato costruito in molteplici varianti. Tra le più note sicuramente l’Air Force One, l’aereo presidenziale del Governo USA in servizio dal 1990 che probabilmente sarà sostituito entro il 2021 sempre da un jumbo dell’ultima generazione, un 747-800.
Anche la NASA utilizzò il gigante della Boeing appositamente modificato per trasportare lo Space Shuttle. Il primo degli SCA (Shuttle Carrier Aircraft) fu il 747-100 N905NA ex American Airlines, utilizzato inizialmente per portare lo Shuttle in quota per i test di atterraggio. In seguito sarà impiegato per riportare gli Shuttle al Kennedy Space Center in caso di atterraggio su piste diverse da quella della NASA.
Ultimo velivolo in ordine cronologico realizzato sulla base del 747 è stato un particolare tipo di quadrimotore cargo, nato per trasportare i componenti un Boeing altrettanto gigantesco, il 787 Dreamliner. Costruito nel 2007 e battezzato “Dreamlifter”, si distingue dal 747 di serie per l’evidente aumento dei volumi di fusoliera necessari al carico delle voluminosissime parti del superate del terzo millennio per il trasporto tra i diversi centri di produzione nel mondo.
Il Boeing 747 è stato costruito finora in 1.554 esemplari dalla data del suo lancio mezzo secolo fa. Si tratta di un velivolo estremamente sicuro ed affidabile, tanto che i più gravi incidenti nei quale i Jumbo sono stati coinvolti non si sono verificati a causa di problemi tecnici o strutturali, bensì per errori umani, difetti nelle comunicazioni o attentati terroristici. Tra questi si ritrovano le storie dei 747 di Lockerbie (Pan Am volo 103) distrutto in volo da un ordigno libico (259 morti tra i passeggeri e 11 al suolo) e si ricorda il più grave incidente della storia dell’aviazione civile, risultato della collisione accidentale di due 747 sulla pista dell’aeroporto di Tenerife “Los Rodeos” a causa di una errata comunicazione tra i velivoli e la torre di controllo. Nella nebbia che aveva avvolto l’isola perirono 583 persone.
Il Boeing 747 è tuttora in produzione (serie 800) richiesto prevalentemente dai vettori cargo.
Fonte: panorama.it – Edoardo Frittoli
Appartata, serena e situata nel mezzo dell’Oceano Indiano, Coco Privé Kuda Hithi è un’isola privata esclusiva e l’apice di Coco Collection, un gruppo boutique hotel di lusso delle Maldive.
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Con l’obiettivo di creare un senso di intimità e divertimento per ogni singolo ospite, Coco Privé Kuda Hithi è uno spazio personale e privato per i più esigenti da godere e assaporare nella sua totalità.
Fonte: xoprivate.com
L’ICONICO DATAI È SITUATO ALL’INTERNO DELLA FORESTA TROPICALE VERGINE DI LANGKAWI
Il meraviglioso rifugio Datai Langkawi si trova sulla punta nord-occidentale dell’isola incontaminata di Langkawi in Malesia. Situato in una foresta pluviale di 10 milioni di anni, che pullula di fauna selvatica e si affaccia sulla tranquilla baia di Datai, premiata dal National Geographic per essere una delle 10 spiagge più belle del mondo, l’iconica proprietà incanta per la natura affascinante, l’architettura visionaria, il lusso e il servizio su misura.
Le ville indipendenti, costruite con materiali locali, sono sparse in tutta la foresta e sono collegate alle aree centrali del resort da una serie di percorsi. Le 54 camere ben arredate, le 40 ville, le 16 suite e le 14 ville sulla spiaggia del Datai Langkawi offrono viste mozzafiato sulla natura circostante.
Elevati tra le cime degli alberi, incastonati nel cuore della foresta pluviale o situati direttamente sulla costa, i pluripremiati punti di ristorazione rendono omaggio ai sapori esotici e alla tradizione culinaria della regione. Le strutture ricreative includono due piscine; una premiata Spa e Els Club Teluk Datai, il suggestivo campo da golf progettato dalla leggenda del golf Ernie Els. Il campo da campionato a 18 buche è stato accuratamente progettato per fondersi con la bellezza naturale della foresta pluviale tropicale offrendo un’esperienza di golf unica ed esclusiva.
Fonte: xoprivate.com
L’arcipelago delle Isole di Poda: un vero paradiso!
Nonostante non sia affatto difficile trovare belle spiagge a Krabi, ce ne sono di splendide sia sulla mainland che sulle più grandi isole abitate come Koh Lanta o Koh Phi Phi, bisogna ammettere che alcune delle spiagge più spettacolari si trovano sulle isole più piccole e disabitate. Qui si trova la sabbia più bianca ed acque incredibilmente cristalline e turchesi.
A volte questi luoghi sembrano irreali e vi faranno sentire come se foste attori in una scena di un film d’avventura. Non a caso la maggior parte delle escursioni giornaliere con partenza in barca da Krabi toccano alcune di queste piccole e pittoresche isole. L’arcipelago delle Isole di Poda è costituito da 4 isole distinte: Koh Poda, Koh Kai, Koh Tup e Koh Mor situate a sud della baia di Phra Nang. Il gruppo di isole si trova a circa 8 km di distanza dalla costa e può essere raggiunto anche semplicemente con una long tail boat con 25 minuti di traversata dalla baia di Ao Nang.
Le spiagge delle isole sono sabbiose ma la barriera corallina non dista molto dalla battigia e rende questa zona un ottimo luogo per le immersioni subacquee e lo snorkeling. L’acqua è limpida ed in questo mini arcipelago si trova il mare più bello e trasparente della provincia. Con la bassa marea emergono dal mare delle lingue di sabbia che collegano gli isolotti di Koh Kai (nota anche come Chicken Island per via di una roccia che ricorda la testa di un pollo) e Koh Tup. In molti si recano qui per ammirare il fenomeno e bagnarsi nelle acque calde e limpidissime. L’isola di Poda è davvero bella, si visita a piedi camminando su una soffice sabbia bianca ed è forse la più scenografica fra le quattro.
Con grandi scogliere calcaree ricoperte di vegetazione ed una bella e lunga spiaggia che circonda tutto il lato orientale dell’isola. Chicken Island è invece prevalentemente rocciosa e purtroppo non può essere esplorata completamente dalla terraferma. La stessa roccia simile alla testa di un pollo è visibile in maniera completa solo dal mare. L’isola non ha una spiaggia vera e propria, ma il mare tutto intorno è però splendido. Offre ottime occasioni per lo snorkeling: si ammirano coralli duri e tanti, vivaci e colorati abitanti della barriera corallina.
Fonte: turismothailandese.it