Polinesia, i territori d’Oltremare francesi oltre Tahiti.
Atterrati a Tahiti, le Isole Marchesi sono ancora un miraggio: distano circa mille e 500 chilometri dalla più nota isola della Polinesia. Sono terre lontane. Lontane geograficamente dalle rotte battute e quasi totalmente distanti dalla civiltà. Sono terre disabitate, per lo più, se si considera che solo sei hanno un tessuto sociale stabile. Ma sono terre del mito, quello che stregò artisti come il pittore francese Paul Gauguin e pochi anni dopo il cantante belga Jacques Brel, che qui trascorsero gli ultimi anni della loro vita e vi furono sepolti l’uno accanto all’altro.
Aspre e selvagge, dalla natura intensa e primigenia, quelle che i locali chiamano Enua Enata, terra degli uomini, formano un arcipelago composto da 12 “isole alte” d’origine vulcanica, che emergono come gigantesche fortezze di smeraldo dal blu profondo delle acque del Pacifico.
Le coste sono prevalentemente frastagliate e rocciose e l’interno conserva foreste incontaminate che si arrampicano su montagne scoscese popolate di capre e cavalli. Due i gruppi di isole in cui si divide l’arcipelago: quello settentrionale, di cui fanno parte la grande Nuku Iva, Ua Pou e Ua Huka, l’isola dei cavalli, e il gruppo meridionale, con Hiva Hoa, l’isola dai tiki monumentali (statue in pietra di antiche divinità locali), Tahuata e Fatu Hiva. Indubbio che il modo più suggestivo per visitarle sia la navigazione, arrivandoci dal mare, operazione facilitata dal fatto che sono tutte isole sprovviste di barriera corallina (caso unico in tutta la Polinesia Francese).
L’isola maggiore delle Marchesi, Nuku Hiva, è formata da due vulcani sovrapposti, uno dei quali si apre ad anfiteatro e, degradando verso il mare, forma un ampio porto naturale dove sorge la capitale Taiohae. Le sue coste, non protette dalla barriera corallina, si frastagliano in una moltitudine di baie, piccole penisole e scogliere battute dai marosi.
Taiohae ospita un paepae (grande piattaforma di pietra), restaurato e ornato da sculture realizzate da artisti indigeni contemporanei e la cattedrale delle Marchesi costruita con pietre provenienti da tutte le isole dell’arcipelago, al cui interno sono conservate sculture lignee espressione dell’arte religiosa del luogo.
Per chi preferisce le bellezze naturali, altri luoghi da visitare sono le belle baie di Anaho e di Hatiheu e, nella valle di Hakaui, la spettacolare cascata di Vaipo (350 m di altezza), il cui accesso è custodito da una serie di tiki raffiguranti antiche divinità e guerrieri.
L’isola di Gauguin, Hiva Oa, ha la forma di un cavalluccio marino ed è universalmente nota per aver essere stata l’ultimo rifugio di Brel e, appunto, del pittore francese. Atuona, la cittadina principale, ospita la ricostruzione de la maison du jouir, la casa-atelier dove il pittore trascorse gli ultimi anni, con disegni, fotografie, lettere e altri oggetti personali dell’artista e copie delle opere più celebri dipinte in quegli anni.
Nei dintorni si trovano splendide baie, la spiaggia di sabbia nera di Taaoa e quella di sabbia bianchissima di Hanarekua. Nei pressi del villaggio di Hanaiapa, imponenti cascate si gettano nell’oceano con un salto di circa 250 metri. Sull’isola si trovano anche i più grandi tiki in pietra dell’intera Polinesia e altri interessanti siti archeologici.
Ultima isola delle Marchesi raggiungibile in barca è Ua Pou, che è la più popolosa e geologicamente la più recente. Grazie alle sue cime, spettacolari picchi di basalto, il suo paesaggio vanta un’intensità senza pari. Arrivandoci via mare, riparata e ideale per ancorarvi la barca è la baia di Hakahau. Partire da lì e visitare il piccolo museo e il centro artigiano con sculture di pietra è il miglior modo per avvicinarsi alla cultura marchesina.
Detta anche «Grande casa degli dei”, a strapiombo sull’oceano, Ua Huka è un universo selvaggio che alterna clivi scoscesi ad altopiani desertici. È il regno delle capre e di circa tremila cavalli selvaggi, che si possono incontrare lungo l’unica strada dell’isola, poco lontano dalla riserva botanica.
Ma se le terre emerse di questo arcipelago incantano da sempre, una vera e propria scoperta sorprendente è il mondo sottomarino: acque calde, alghe, plancton e una ricchissima fauna marina fanno delle Marchesi, e dell’isola di Nuku Hiva in particolare, una meta imperdibile per gli amanti delle immersioni. Durante le esplorazioni subacque s’incontrano a profusione razze manta e razze leopardo, pescecani, pesci martello, squali pinna bianca di scogliera e tutta la fauna di profondità: tonni, delfini e pesci spada.
La particolare geologia di queste isole vulcaniche le rende uniche: non si sente la mancanza delle barriere coralline, grazie alle stupefacenti e vertiginose scogliere che si inabissano nell’oceano formando numerose grotte. La grotta Ekamako, profonda più di cento metri, è il rifugio di grandi razze armate che i sub possono ammirare anche da molto vicino.
Fonte: SiViaggia.it
Londra diventerà ufficialmente il primo parco nazionale urbano al mondo dal prossimo luglio 2019. L’idea è quella di cambiare il modo di concepire gli spazi metropolitani da parte dei cittadini, incoraggiandoli a tutelare l’ambiente e renderlo sempre più verde.
Rendere Londra il primo parco nazionale urbano al mondo non è un progetto recente, ma nasce già nel 2014 su iniziativa del professore di geografia Daniel Raven Ellison. La campagna, che riceve il sostegno sia del mondo universitario che mediatico, tra cui il Guardian e la Bbc, raccoglie più di 32 mila sterline (quasi 36 mila euro). Tra gli obiettivi principali dell’iniziativa c’è quello di arrivare a rendere oltre il 50% di Londra “green”, aumentando parchi, piante e giardini, sia pubblici che privati. Nell’agosto 2017 arriva anche l’appoggio del sindaco di Londra Sadiq Khan che si concretizza in un investimento da nove milioni di sterline (poco più di 10 milioni di euro) per aumentare e migliorare gli spazi verdi a beneficio della comunità.
La volontà del primo cittadino londinese è stata ribadita anche lo scorso agosto, quando ha annunciato nuove strategie per contribuire a rendere Londra un parco nazionale urbano. “Con Londra destinata a crescere oltre gli 11 milioni di persone entro il 2050 – si legge sul sito della metropoli – c’è un’enorme pressione sull’ambiente naturale della città. Parti di Londra diventeranno più densamente sviluppate. Allo stesso tempo, dobbiamo proteggere e migliorare l’ambiente naturale, creare spazio per il gioco e una vita sana e aiutare la città a diventare più resiliente ai cambiamenti climatici”.
Secondo i numeri forniti da Greenspace Information for Greater London, già oggi il 47% della City è costituito da aree verdi (parchi, giardini e boschi), mentre il 2,5% da quelle “blu”, cioè stagni, canali, fiumi e laghi. Londra ha un complesso di 3,8 milioni di giardini che coprono il 24% della capitale, tremila parchi, 8,3 milioni di alberi e 850 chilometri tra fiumi e canali. A fronte di una popolazione di oltre otto milioni e mezzo di persone e una superficie di poco più di 1500 chilometri quadrati, la metropoli londinese ospita 14mila specie animali, due aree protette, tre aree di conservazione e mille chilometri di percorsi segnati. Londra, inoltre, ospita quattro siti Unesco, tra cui il Greenwich Park, noto per il più famoso meridiano del mondo e la sua collina, da dove è possibile ammirare lo skyline della città.
Fonte: Tg24.Sky.it
A confronto diretto con l’arte del passato, le opere dell’intramontabile maestro spagnolo dimostrano ancora una volta la loro feconda vitalità. Un incontro-scontro di corpi e di forme, tra solennità e – serissima ‒ parodia.
Insuperabile Picasso. E intramontabile. Ogni sua mostra suscita nel visitatore sensazioni che sembrano ogni volta inedite, intellettive e allo stesso tempo sensuali. Una recente, efficace descrizione del turbamento che suscitano le opere del maestro spagnolo (Malaga, 1881‒Mougins, 1973) è Le peintre dévorant la femme di Kamel Daoud (edizioni Stock, Parigi, 2018): lo scrittore algerino ha passato una notte al Musée Picasso di Parigi e, nel riferire la sua esperienza, discetta sulla visione del corpo femminile che emerge dai lavori esposti. Fusione e lotta, armonia e guerra di forme, convivenza e “cannibalismo”…
Anche nella mostra Picasso Metamorfosi, al Palazzo Reale di Milano nell’ambito del ciclo Picasso Mediterranée, il corpo è il vero protagonista, nonostante il tema sia il raffronto con l’antico e il classico.
CANNIBALISMO
Attraverso confronti non banali, tra citazioni dirette e ispirazioni, ciò che emerge è una sensazione di feconda vitalità. Una sorta di inedita conciliazione, stranamente pacificata anche se tumultuosa, tra principio di piacere e pulsione di morte.
Nel “cannibalismo” ci si imbatte sin dalla prima sezione, quella sul bacio. Il contatto delle labbra implica l’assorbimento dell’altro, una fusione inglobante. Si passa poi al confronto con il classico e la mitologia, con figure come Arianna e il fauno ‒ personaggio trasversale, quest’ultimo, dell’intera opera picassiana, malizioso e saggio, fatalista e vitalista. Qui la figura della donna seduta o stesa vive ogni volta diversamente in variazioni angolose o tondeggianti, fusionali nel rapporto tra figura e contesto. E poi ecco una lunga sezione sul rapporto tra Picasso e il Louvre, dai d’après giovanili alle sculture ispirate agli idoli cicladici.
AUTOPARODIA
Le ultime sale sono dedicate alle ceramiche, opere giocose ma niente affatto episodiche, presentate in quantità e affiancate a esemplari antichi per sottolinearne il debito nei confronti della ceramica etrusca e greca.
Quanto più le opere picassiane si avvicinano all’originale, tanto più il gioco intellettuale si fa complesso. Si entra nel regime della parodia, nel senso più alto possibile del termine. Parodia preventiva, nei confronti del cliché in cui è possibile incorrere quando si pratica una citazione (e Picasso, già contemporaneo, già postmoderno, ne è sempre, da subito consapevole). E parodia retrospettiva, ovvero autoparodia.
Una mostra da vedere dunque, nonostante le sale del Palazzo Reale costringano a una trattazione un po’ troppo lineare. L’allestimento fa comunque vivere in prima persona il dialogo con l’antico, senza scadere nel gioco delle consonanze e del confronto puramente iconografico. Le opere di grande livello e sorprendenti, poi, non mancano.
Fonte: Artribune ‒ Stefano Castelli
Focus sul consueto spettacolo natalizio dello “Schiaccianoci”, andato in scena al Teatro San Carlo di Napoli.
Cosa accade a un giornalista quando, nel periodo natalizio, riceve un invito per il balletto Lo Schiaccianoci? In un attimo un pensiero gli attraversa la testa: “È già passato un anno? Come potrà ancora sorprendermi ed emozionarmi un balletto che continuo a vedere ogni anno?”. La sensazione è quella di non riuscire a sottrarsi a un rituale di massa di natura ossessivo- compulsiva, un rito scaramantico da cui non si può venir fuori e, con una trama ben incisa nella testa, con lo schema di entrate, uscite, ruoli e quadri perfettamente impresso nella memoria, ci si avvia verso il teatro nella totale indecisione riguardo la sensatezza della scelta di andarci. In un mondo come quello della danza di oggi, dove sei completamente tagliato fuori se non usi la parola “ricerca” ogni dieci minuti alternata alle parole “performance” e “innovazione”, viene quasi voglia di camuffarsi per andare a vedere un balletto di repertorio classico.
UNA TRADIZIONE RASSICURANTE
Il Teatro di San Carlo è tra i tanti teatri al mondo che rispettano la tradizione di proporre in cartellone ogni anno Lo Schiaccianoci ‒ balletto con musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij. La platea è gremita, ogni ordine di palchi è pieno all’inverosimile fin su al loggione, l’orchestra comincia a suonare, l’enorme sipario rosso si apre svelando la scena e ogni dubbio riguardo l’essere ancora una volta dinnanzi a quello spettacolo svanisce, lasciando posto alla certezza che questa produzione ogni anno si ispessisce in quanto a carattere e allestimento. Un susseguirsi di cliché rassicuranti tra le atmosfere natalizie, il salone addobbato a festa, la famiglia tutta unita, la spensieratezza delle feste fino a che lo scontro tra lo Schiaccianoci e l’esercito di topi capitanato dal terribile Re conduce senza sosta al termine del primo atto sapientemente collegato al secondo da un’intuizione di Giuseppe Picone ‒ direttore artistico del corpo di ballo e firma delle coreografie –, realizzata dallo scenografo Nicola Rubertelli: una nuvola colorata che porta in volo i protagonisti nel mondo della Fata Confetto. I due atti da sempre scollegati tra loro ‒ e di fronte ai quali lo spettatore fa notoriamente fatica a interpretare il repentino passaggio ‒ diventano così continui e immediatamente comprensibili.
IL CORPO DI BALLO DEL TEATRO DI SAN CARLO
Sara Sancamillo, interprete di Clara nella giornata della prima pomeridiana, sta incredibilmente crescendo all’interno della compagnia, affiancando lo Schiaccianoci di Salvatore Manzo la cui luce continua ad aumentare d’intensità. La bellezza di una tecnica certa e fluida accompagnata da un’interpretazione intensa fanno sì che la coppia Clara/Schiaccianoci non venga mai eclissata dalla coppia che entra in scena nel secondo atto, quella della Fata Confetto e del Principe, come invece accade di solito. E questo non perché Annachiara Amirante e Alessandro Staiano – interpreti della Fata Confetto e del Principe – siano da meno rispetto ai loro colleghi, anzi la loro performance è stata assolutamente divina, ma perché i solisti del corpo di ballo del Massimo napoletano stanno raggiungendo tali livelli di maturità, forza tecnica e interpretazione da potersi definire una splendida rosa in cui, ognuno dei quattro con le proprie peculiarità, non risulta essere inferiore a nessuno.
La freschezza della Sancamillo, a suo agio in ogni passo, la tecnica brillante di Manzo, la regale figura e le lunghe linee dell’Amirante, l’assenza di gravità nelle evoluzioni virtuose di Staiano donano una stella a quattro punte che conferisce all’eterno ritorno del balletto natalizio bellezza, eleganza e spessore. Per questo Natale, però, i regali più inaspettati e preziosi sono quelli che vanno alla danza araba di Martina Affaticato, sempre più sensuale e morbida nonostante la difficoltà della coreografia, alla danza russa di Ertugrel Gjoni, Pasquale Giacometti, Ferdinando De Riso e Giuseppe Aquila, incredibilmente forte e coinvolgente, e all’interpretazione di Luisa Ieluzzi nella sua regina della neve radiosa e impeccabile nel virtuosismo.
Menzione speciale d’obbligo per i costumi della sartoria diretta da Giusy Giustino, veri e propri capolavori di luce e colore e le scene e i pannelli del già menzionato Rubertelli – in quest’allestimento più realistico dell’anno scorso. Con il sold out a ogni replica, la danza si conferma il motore trainante di ogni botteghino che si rispetti, e allora mai più dubbi…
Lo Schiaccianoci “si deve” vedere!
Fonte: Artribune ‒ Manuela Barbato
Le navi da crociera per i prossimi anni puntano tutto su mete esotiche e comfort estremo: ecco cosa ci aspetta!
Avventura sì ma senza rinunciare alle comodità: è questa la filosofia abbracciata da molte crociere e navi da viaggio, che per il 2019 puntano tutto sul lusso.
Da sempre i viaggi in mare rappresentano una valida alternativa per chi vuole abbinare la scoperta di mete esotiche alla comodità delle navi da crociera. Nei prossimi anni ci si indirizzerà sempre più verso i viaggi di lusso, con una netta virata delle maggiori compagnie di trasporto marittimo. Un esempio è quello della nuova National Geographic Endurance: la nuova nave da spedizione, che sarà lanciata nel 2020, avrà ben poco in comune con le spartane imbarcazioni che partono alla volta del circolo polare artico. Il modello progettato dalla Lindblad Expeditions avrà infatti due ristoranti, una palestra per lo yoga, una jacuzzi e una sauna con vista sul mare.
Anche la Crystal Experience si muoverà sulla stessa linea, aggiungendo alla sua flotta nel 2020 la prima nave polare: la Endeavor. In rotta verso l’Antartico, i passeggeri avranno a propria disposizione sei ristoranti, incluso uno dello chef Nobu Matsuhisa, una suna, una piscina e un solarium. Non mancheranno elicotteri per le escursioni e un sommergibile per tre persone. Il suo viaggio inaugurale di 17 giorni dal Giappone alla Russia parte da un prezzo di quasi 25.000 dollari a persona.
Gli amanti del lusso estremo troveranno ottime proposte anche dalla linea francese Ponant, che lancerà due navi da 184 passeggeri nel 2019, due nel 2020 e una da 135 cabine nel 2021. I nuovi modelli saranno dotati del sistema Blue Eye, una lounge posizionata sotto la superficie dell’acqua che permetterà ai passeggeri un’esperienza multisensoriale sulla vita marina che circonda la nave. I prezzi per un viaggio nella regione Amazzonica partono da 8.200 dollari a persona.
Nota per le sue navi da fiume, la Scenic Luxury Cruises & Tours si confronterà per la prima volta con l’oceano. A farlo sarà la Scenic Eclipse nel 2019, lungo le coste di Panama e Colombia (10 giorni da 9,295 dollari) e in Alaska (13 giorni da 6,645 dollari). Anche in questo caso i passeggeri potranno usufruire di un sottomarino per sei persone e due elicotteri.
Non tutte le navi da crociera però punteranno su mete esotiche e lontane. Il tour operator Abercrombie & Kent, noto per le spedizioni nella regione Antartica, ha ampliato la sua gamma di destinazioni e nel 2019 arriverà in Italia. Previsto un viaggio lungo la costa da Livorno al Mediterraneo fino a Venezia (prezzi da quasi 12.000 dollari a testa). Un secondo viaggio raggiungerà invece la regione di Kimberley, in Australia. Tutto all’insegna del comfort estremo, ovviamente.
Fonte: SiViaggia.it
Ci sono incredibili aggiornamenti che coinvolgono il Mount Rushmore National Memorial, il memoriale in South Dakota che inneggia agli Stati Uniti d’America. I maestosi volti di George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt ed Abraham Lincoln sono circondati dalla bellezza delle Black Hills e narrano la storia della nascita, crescita e sviluppo del paese. I lavori – infatti – dureranno 18 mesi, benché il memoriale rimanga aperto ai visitatori per l’intera durata della riqualificazione. L’immensa scultura granitica che gli americani definiscono Shrine of Democracy di avvantaggerà di cambiamenti nella logistica dell’attrazione e nell’efficienza energetica, servizi considerati essenziali per rendere sostenibili gli spazi del memoriale negli anni futuri.
I miglioramenti inizieranno con il Lincoln Borglum Visitor Center – nuovo tetto, scale ed ascensore, nuovi toilette, tubature, riscaldamento, ventilazione e sistema di raffreddamento – e con la pavimentazione della passeggiata sulla spianata, Avenue of Flags, con nuove lastre decorative, l’ampliamento della spianata, nuovi pennoni per le bandiere degli Stati e dei Territori USA con un cambiamento di allineamento delle bandiere per consentire il fluire e la circolazione dei visitatori, sostenendo anche l’accessibilità per i diversamente abili, oltre ad enfatizzare al massimo la panoramica della scultura. La usuale cerimonia d’illuminazione nelle serate estive continuerà durante i lavori.
Questi lavori si svolgeranno in due fasi. Il progetto di rinnovo e restauro verrà terminato nella primavera del 2020, garantendo comunque a milioni di visitatori al Mount Rushmore una bella visita a questa incredibile attrattiva incastonata tra le montagne carsiche delle Black Hills. Una lista delle 10 cose Top da non mancare così come le zone maggiormente preferite per uno scatto fotografico (selfie!) sono i validi suggerimenti che vengono forniti per l’occasione.
Le 10 cose da fare a Mount Rushmore nel 2019:
1.Visitare lo studio dello scultore Borglum ed apprendere di più sulla visione della scultura nella roccia. Scoprire la storia del parco all’Information Center.
2. Fare una camminata sul Presidential Trail. Esplorare il patrimonio Lakota, Nakota e Dakota presso la terrazza Borglum View.
3. Fare una foto della scultura da varie uniche angolazioni: dal Carver’s Marketplace, dalla Borglum View Terrace e dallo Studio dell’artista.
4. Partecipare alla Cerimonia Serale d’Illuminazione che si svolge ogni sera d’estate e provare un’esperienza totalmente unica.
5. Lanciarsi in una caccia al proprio tesoro nello shop per un ricordo longevo della visita al Mount Rushmore.
6. Trovare un libro oppure un ricordo nella libreria del Mount Rushmore, presso l’Information Center o nello Studio dello Scultore.
7. Diventare un Junior Ranger ufficiale partecipando nella versione cartacea o digitale del Junior Ranger Program. Ovviamente questo è un programma per i bambini ed i ragazzi.
8. Noleggiare un tour multimediale o audio per apprendere molto di più sulla scultura e sulla sua storia.
9. Approfittare dell’incommensurabile conoscenza del Ranger del parco del memoriale, unendosi ad una passeggiata o ad una presentazione.
10. Godetevi un cono gelato Thomas Jefferson dal Carver’s Marketplace, che si basa sulla vera prima ricetta storica di gelato degli Stati Uniti!
Fonte: The Great American West – Italia
Il dialogo tra il genio rinascimentale e il padre della Pop Art avviene a sei secoli di distanza nella città di Milano, con una mostra immersiva che aprirà a marzo nella Cripta di San Sepolcro.
Non smettono di fiorire, nel capoluogo lombardo, le iniziative dedicate a Leonardo da Vinci nell’ambito delle celebrazioni dei 500 anni dalla sua morte. La vita, le scoperte, i lasciti e soprattutto la storia che il genio rinascimentale ha intersecato con la città di Milano, verranno celebrati nei modi più originali durante tutto il corso del 2019. È il caso di LEONARDO & WARHOL IN MILANO. The genius experience, il progetto interattivo che aprirà al pubblico il prossimo 1 marzo alla Cripta di Santo Sepolcro.
Il progetto, pensato come una mostra interattiva dislocata in due sedi, ha inizio nella sala Sottofedericiana della Pinacoteca Ambrosiana, che ospiterà un’installazione multimediale per illustrare i progetti e gli interventi più significativi pensati da Leonardo per la città meneghina; verrà inoltre proiettata The Last Supper di Andy Warhol, ovvero l’opera pop con cui, nel 1986, l’artista americano interpretò l’Ultima Cena leonardesca, profondamente colpito dalla sua visione. Il percorso terminerà nella cripta della chiesa più antica di Milano, ovvero quella del Santo Sepolcro, la stessa indicata in una mappa del Codex Atlanticus come il vero centro di Milano.
“Sarà un viaggio scandito per temi che la mente visionaria di Leonardo aveva anticipato e che hanno segnato la storia e lo sviluppo di Milano. Il percorso narrerà l’uso delle acque, il rapporto con la terra e con la natura, l’innovazione tecnologica e quella architettonica che ha portato alla Milano dei grattacieli e del Bosco verticale”. Non solo una celebrazione storica quindi, ma una proiezione della Milano del futuro vista attraverso le sue radici. L’iniziativa, a cura di Giuseppe Frangi, nasce dall’idea del Gruppo MilanoCard, gestore della Cripta di San Sepolcro, in co-produzione con la Veneranda Pinacoteca e Biblioteca Ambrosiana e la Fondazione del Credito Valtellinese. “Il percorso non poteva che essere ospitato nella Chiesa sotterranea più antica di Milano, definita dallo stesso Leonardo Da Vinci il “vero centro” della città, dove Cardo e Decumano si incrociavano. Un ruolo che oggi la Cripta di San Sepolcro ha nuovamente assunto: dopo il successo straordinario della mostra di Bill Viola e della mostra sul grande regista Michelangelo Antonioni, arriva ‘The genius experience’”.
Milano dall’1 marzo al 30 giugno 2019
LEONARDO & WARHOL IN MILANO. The genius experience
Cripta di Santo Sepolcro (ingresso da piazza Santo Sepolcro)
Fonte: Artribune – Giulia Ronchi
Sei seduto al buio su una tranquilla spiaggia nella penisola di Inishowen nella contea di Donegal e accade… il cielo notturno si accende di onde rosa, verdi e blu.
È lo spettacolo dell’aurora boreale.
Per vedere questo fantastico fenomeno naturale, hai bisogno di tre cose: le giuste condizioni solari, cieli limpidi a nord e nessun inquinamento luminoso. Ecco perché la penisola di Inishowen ha la reputazione di essere un ottimo posto per ammirarla. Questo paesaggio remoto e immacolato è il punto più settentrionale dell’Irlanda (prossima fermata, il circolo polare artico) ed è ben noto per i suoi cieli scuri.
I cacciatori di luce e astrofotografi prendono la fotocamera, scelgono il proprio luogo di osservazione e aspettano lo scatto perfetto.
Martina Gardiner è una fotografa e videografa professionista con una passione per la fotografia notturna. Ci racconta:
“Spesso esco di notte con la mia fotocamera nella speranza di assistere al magnifico spettacolo dell’aurora boreale con cieli chiari. Aurora o meno, i cieli notturni possono essere magici a Inishowen.
Era metà aprile quando ho scattato la foto di questa vecchia barca sotto l’aurora boreale. Eravamo partiti presto quella notte e dopo qualche ora di avventura siamo arrivati al tranquillo e piccolo molo di Dunaff. All’improvviso quella nuvola insistente che non voleva andarsene scomparve. Il cielo era completamente limpido e la Via Lattea era bassa all’orizzonte. Spesso si tratta di una questione di pazienza, di saper aspettare le condizioni perfette, ma quando accade è magnifico”.
Le sole stelle valgono l’impresa, ma la possibilità di vedere l’aurora rende la caccia ancora più emozionante.
Rónán McLaughlin è un birdwatcher appassionato, fotografo e amante della fauna selvatica. È nato nella penisola di Inishowen. Ci racconta:
“Le misteriose sagome siamo mio figlio più grande, Oisín, e io. Si tratta di un’immagine scattata da lontano, appena dietro la torre di segnalazione, a 800 metri dalla nostra casa a Malin Head.
A volte si ha la sensazione che stia per accadere qualcosa di importante. Quella notte Oisín e io abbiamo deciso di andare a caccia e le luci hanno iniziato a comparire poco dopo le 23:00. Proprio quando le nostre batterie stavano per scaricarsi e mani e piedi si erano intorpiditi, Madre Natura ha deciso di scatenare una sottotempesta e accendere il cielo. Nel promontorio si levavano grida di gioia!”
Le migliori location per fotografare le stelle sono designate come “Dark Sky Reserve”, ma qualunque luogo lungo la costa dell’Irlanda sarà perfetto. Il Kerry, il West Cork, il West Galway, il Mayo e il Donegal sono ottimi.
Fonte: Ireland.com
Sei seduto al buio su una tranquilla spiaggia nella penisola di Inishowen nella contea di Donegal e accade… il cielo notturno si accende di onde rosa, verdi e blu.
È lo spettacolo dell’aurora boreale.
Per vedere questo fantastico fenomeno naturale, hai bisogno di tre cose: le giuste condizioni solari, cieli limpidi a nord e nessun inquinamento luminoso. Ecco perché la penisola di Inishowen ha la reputazione di essere un ottimo posto per ammirarla. Questo paesaggio remoto e immacolato è il punto più settentrionale dell’Irlanda (prossima fermata, il circolo polare artico) ed è ben noto per i suoi cieli scuri.
I cacciatori di luce e astrofotografi prendono la fotocamera, scelgono il proprio luogo di osservazione e aspettano lo scatto perfetto.
Martina Gardiner è una fotografa e videografa professionista con una passione per la fotografia notturna. Ci racconta:
“Spesso esco di notte con la mia fotocamera nella speranza di assistere al magnifico spettacolo dell’aurora boreale con cieli chiari. Aurora o meno, i cieli notturni possono essere magici a Inishowen.
Era metà aprile quando ho scattato la foto di questa vecchia barca sotto l’aurora boreale. Eravamo partiti presto quella notte e dopo qualche ora di avventura siamo arrivati al tranquillo e piccolo molo di Dunaff. All’improvviso quella nuvola insistente che non voleva andarsene scomparve. Il cielo era completamente limpido e la Via Lattea era bassa all’orizzonte. Spesso si tratta di una questione di pazienza, di saper aspettare le condizioni perfette, ma quando accade è magnifico”.
Le sole stelle valgono l’impresa, ma la possibilità di vedere l’aurora rende la caccia ancora più emozionante.
Rónán McLaughlin è un birdwatcher appassionato, fotografo e amante della fauna selvatica. È nato nella penisola di Inishowen. Ci racconta:
“Le misteriose sagome siamo mio figlio più grande, Oisín, e io. Si tratta di un’immagine scattata da lontano, appena dietro la torre di segnalazione, a 800 metri dalla nostra casa a Malin Head.
A volte si ha la sensazione che stia per accadere qualcosa di importante. Quella notte Oisín e io abbiamo deciso di andare a caccia e le luci hanno iniziato a comparire poco dopo le 23:00. Proprio quando le nostre batterie stavano per scaricarsi e mani e piedi si erano intorpiditi, Madre Natura ha deciso di scatenare una sottotempesta e accendere il cielo. Nel promontorio si levavano grida di gioia!”
Le migliori location per fotografare le stelle sono designate come “Dark Sky Reserve”, ma qualunque luogo lungo la costa dell’Irlanda sarà perfetto. Il Kerry, il West Cork, il West Galway, il Mayo e il Donegal sono ottimi.
Fonte: Ireland.com
A Springfield il primo Casinò MGM: esperienza giochi, spettacolo, ristorazione ed ospitalità per tutta la regione.
Springfield è una cittadina del Western Massachusetts con il vanto d’essere città natale del basketball tanto che il dizionario American-English di Merriam Webster le affibia il soprannome di “City of Firsts”. La città celebra il suo passato con il Naismith Memorial Basketball Hall of Fame e TheAmazing World of Dr. Seuss Museum, aperto nel 2017. Maggiore centro urbano nell’ovest dello stato, a 130 km ad ovest di Boston con accesso all’autostrada 91 ed alla Massachusetts Pike: il Bradley International Airport di Hartford, Connecticut, è a soli 20 minuti d’auto. La Union Station, servita dalle ferrovie Amtrak, è stata recentemente restaurata. Springfield fa parte del “Knowledge Corridor” che conta 32 università e college, inclusi Amherst College, Smith College, Mount Holyoke College, e la University of Massachusetts Amherst. La cittadina offre un parco di divertimenti per bambini Six Flags New England, mentre Yankee Candle Village è il negozio originale della mitiche candele con oltre 200 fragranze a Deerfield. MGM è stata attirata da Springfield per la vicinanza ad una varietà di sistemi di trasporto.
L’apertura del nuovo MGM Springfield a fine agosto offre un polo di intrattenimenti, ristorazione ed ospitalità all’intera regione: un complesso di 18 mila mq. con casinò, albergo, spa, cinema e negozi. Il casinò dispone di 2,550 slot, 120 tavoli da gioco una sala poker con 23 tavoli. Per la ristorazione gli chef Michael Mina e Meghan Gill – vincitori della 14° stagione di Hell’s Kitchen – gestiscono i ristoranti. Oltre ad una steakhouse c’è il South End Market per uno spuntino veloce e tipico ad esempio al Jack’s Lobster Shack per un buon astice. Il Tap Sports Bar offre 10 piste da bowling. Lo chef Mina aprirà anche Cal Mare, ristorante di cucina italiana. Mina ha ristoranti nelle grandi città: Las Vegas, San Francisco e Boston.
Il resort offre una navetta gratuita che effettua diverse fermate ai vari musei ed attrattive del downtown Springfield. MGM ha anche stretto una partnership con gli Springfield Museums – una collezione di cinque musei in città – per poter esibire alcuni pezzi all’interno del resort. Il “Cabinet of Curiosities: Springfield Innovations from the Springfield Museums” espone – infatti – oggetti quali una telescrivente Edison Western Union del 1925, un telegrafo fatto a Springfield nel 1915 ed un fonografo Edison del 1895. MGM ha anche impostato un design molto diverso da altre strutture come quelle di Las Vegas, prediligendo temi storici ed usufruendo di strutture uniche già esistenti quali la First Congressional Church, la Massachusetts National Guard Armory ed il Chandler Union Hotel inglobate nei cinque ettari di proprietà. Il campus si presenta in maniera originale tanto che il Chandler Union Hotel – ad esempio – è stato convertito nel Gill’s The Chandler Steakhouse e l’Armerica del 19° secolo è oggi il cuore di una piazza esterna, che richiama il tipico centro cittadino del New England. Capace di ospitare eventi, i farmers market dei weekend ed intrattenimenti stagionali come la pista di pattinaggio su ghiaccio d’inverno. All’interno l’alone storico rimane il tema principale con un decorazioni d’antiquariato e pezzi vintage: la lobby presenta una libreria antica con veri e propri libri e la moquette si rifà a temi storici della zona.
L’albergo conta 250 camere e suite. Ci sono tre bar e lounge ed oltre 3000 mq di spazi per meeting e convention. Tra i negozi anche il marchio Indian Motorcycle con accessori della famosa moto nata a Springfield.
MGM in partnership con il centro d’intrattenimenti Mass Mutual Center con 8.000 posti a sedere e la Symphony Hall con 2.500 posti può lanciare grandi serate e spettacoli. Per il 30 Aprile 2019 la tournè di Cher, Here We Go Again.
MGM Resorts International ha l’abilità di diffondere la sua magia di Las Vegas in altre zone degli USA. MGM gestisce 13 casino resort sul Vegas Strip, incluso Bellagio, Mandalay Bay e Luxor. L’azienda d’ospitalità ed intrattenimento gestisce anche MGM National Harbor nel Maryland, MGM Grand Detroit, Borgata Hotel Casino and Spa ad Atlantic City, Beau Rivage Biloxi and Gold Strike Casino Resort a Tunica, Mississippi.
INFO: Ufficio Turismo Massachusetts