L’isola è un’espressione straordinaria della potenza della Natura, in quanto offre una sintesi di ciò che il nostro Pianeta racchiude in sé. Da un lato, la lava scivola dolcemente dal vulcano Kilauea ed entra maestosamente nell’oceano Pacifico modificando instancabilmente la geografia del territorio, che ogni giorno si arricchisce di nuova terra, e dall’altro la ricchissima vegetazione ci dà un assaggio di come immaginiamo possa essere il paradiso: foreste di eucalipto, cascate rigogliose sempre avvolte da un arcobaleno, fiori profumati, praterie verdissime alternate a valli mozzafiato, che si affacciano su spiagge di sabbia nera, bianca e verde, accesso privilegiato verso un mare al tempo stesso impetuoso e accogliente, dove splendidi esemplari di tartarughe marine vivono indisturbati.
Gli antichi hawaiani erano organizzati con una struttura sociale a piramide: gli Ali’i, i reali hawaiani, i Kahuna, i sacerdoti, e il popolo. Vigevano leggi severe, chiamate Kapu, che regolavano ogni aspetto dello stile di vita, della politica e della religione e infrangerle significava essere inevitabilmente condannati alla pena di morte.
L’unica possibilità di sopravvivenza era sfuggire alla cattura e raggiungere un Pu’uhonua, un Luogo di Rifugio, che accoglieva anche guerrieri sconfitti o civili alla ricerca di un posto sicuro durante le battaglie.
Sono circondata da un’atmosfera surreale. Numerosi Ki’i, figure incise nel legno, circondano e proteggono il tempio. Il santuario ospita le ossa dei reali, ritenute fonte del mana, il potere spirituale che deriva direttamente dalle divinità. Per qualche attimo mi sembra di essere invulnerabile immedesimandomi in quegli hawaiani che, una volta raggiunto il Pu’uhonua, erano protetti da ogni avversità. Mi emoziona l’idea che, raggiungendo il Luogo del Rifugio, sarebbe stata offerta loro una seconda opportunità di vita, ricevendo energia spirituale e l’assoluzione. Percepisco lo spirito di pace e di perdono che continua a benedire questo santuario davvero speciale.
Le montagne – “Smokies” – della vasta catena montuosa degli Appalachi meridionali sono luogo di spiritualità e contemplazione. Tra le più vecchie del nostro pianeta, risalgono a oltre 200 milioni di anni fa e narrano la lunga storia di insediamenti umani dal preistorico fino all’arrivo degli europei nel 19° secolo. Qui si cammina nel passato remoto in cima a vette di 1800 metri: lo sguardo si perde all’orizzonte, spaziando tra crinali ondulati senza fine.
Il Great Smoky Mountains National Park – il Parco Nazionale più visitato negli Stati Uniti d’America con oltre 10 milioni i visitatori l’anno nonché dichiarato Patrimonio dell’Umanità di UNESCO -è condiviso da due Stati, North Carolina e Tennessee. Due le principali porte d’accesso il Sugarlands Visitor Center, nei pressi di Gatlinburg (Tennessee) ed il Oconaluftee Visitor Center accanto a Cherokee (North Carolina). Tra i due si trova la strada – l’unica asfaltata – Newfound Gap Road (US-441) – che si snoda per circa 45 km e sembra tagliare il parco; Newfound Gap è il più basso passo di montagna percorribile in auto.
Tra gli altri punti d’accesso famosi: la Cataloochee Valley sul versante orientale del parco e Cades Cove ad ovest del parco. Al Cades Cove Visitor Center si apprende la storia del parco, si esplora lo storico mulino e Cable Mill. Al Sugarlands Visitor Center s’ammirano le esposizioni sulla fauna selvatica, si guarda un filmato sul parco e si acquistano dei ricordi al gift shop. E’ uno dei pochi parchi nazionali in America con accesso gratuito ed attrattive gratuite: dal Mountain Farm Museum agli edifici storici di Cades Cove alla piattaforma panoramica Clingmans Dome, oltre ad una molteplicità di programmi gratuiti condotti dai ranger: dalle passeggiate in notturna, alla storie narrate davanti ad un fuoco accesso, alle chiacchierate nel portico davanti ad un caffè caldo, alle sagre culturali degli Appalachi.
E’ probabilmente il parco più budget-friendly d’America! L’unico alloggio all’interno dal parco è il LeConte Lodge, deliziosa costruzione vecchio stile di cottage di legno, vicino alla cima Mount LeConte (2009 m) raggiungibile solo con una lunga camminata. Al lodge i rifornimenti arrivano a dorso di lama che si possono avvistare battendo il sentiero Trillium Gap Trail. Il lodge osserva apertura da metà marzo a metà novembre e richiede prenotazione anticipata. Le camminate di montagna sono il fiore all’occhiello del parco, tra splendide cascate (oltre una quarantina!), ruscelli, picnic immersi nella natura, lo spettacolo serale di stelle lucenti sopra le fronde della foresta e l’ abbondante fauna selvatica con cervi, tacchini e orsi. Ci sono oltre 1200 km di sentieri, dal più facile a quello più ambizioso che richiede un’intera giornata. Oltre 112 km fanno parte del grandioso Appalachian Trail che attraversa il parco. Disponibili oltre un centinaio di campeggi e rifugi per chi ambisce fare camminate di più giorni. In ogni stagione
Il parco presenta un fascino particolare: in primavera tra marzo e maggio, con fiori selvatici e di campo in ogni colore e dimensione; d’estate con colorate azalee nei prati elevati con una con una temperatura sui 26° C. D’autunno spruzzate d’arancione, viola e zafferano coprono i crinali montuosi ed attirano gitanti a caccia di Fall Foliage che inizia a metà settembre, quando la massa dei turisti si è oramai ritirata. D’inverno i campi tra gennaio e marzo si coprono di bianco e le cascate si trasformano in palazzi di ghiaccio: le Smokies sono un paesaggio incantato. Per esperienze sulle due ruote: la Cades Cove Loop chiude le strade ai veicoli per offrire mercoledì e sabato mattina alle bicicletta, altrimenti consentite solo ed unicamente sul Gatlinburg Trail, l’ Oconaluftee River Trail ed il lower Deep Creek Trail.
Il parco non dispone di tour guidati né di trasporti pubblici, benché in Tennessee – da giugno ad ottobre – da Gatlinburg un trolley tour conduce fino al Sugarlands Visitor Center, al parcheggio della cascate Laurel Falls ed al campeggio Elkmont Campground. Il parco é sempre aperto, solo alcuni visitor centre, campeggi ed attrattive storiche chiudono in epoca invernale, così come alcune strade e la temperatura s’aggira su -1° C.
Info : TravelSouth USA Italia
Sono moltissime le opere recentemente concluse o in fase di realizzazione nella capitale norvegese che portano la firma di grandi studi di architettura internazionali, quali A-LAB, AARt, Bleed, Dark, Grid, Haptic, MVRDV, RPBW, Snǿhetta. La città, infatti, da qualche anno sta investendo in infrastrutture ed edifici – a carattere sia culturale che misto – tanto da essere stata inserita per la prima volta da Lonely Planet tra le “Best destination” per il 2018. Fra gli interventi rientrano lo sviluppo residenziale Bjǿrvika Barcode, l’estensione del Viking Museum e del National Museum in Vestbanen – la cui apertura è prevista nel 2020 –, l’Astrup Fearnley Museum, il nuovo acquario e il quartiere Tjuvholmen, un’area composta da strutture disegnate da venti diversi architetti, un concentrato delle tendenze dell’architettura e dell’urbanistica contemporanea. Il Barcode è invece costituito da dodici grattacieli di diversa dimensione, intervallati da spazi vuoti, che lo rendono frontalmente un immenso codice a barre. Il progetto – coordinato dagli MVRDV, in collaborazione con i Dark Architects e A-LAB –, include uffici, appartamenti, spazi culturali e ristoranti situati vicino al fiordo che hanno ridefinito lo skyline della città. Oslo è, inoltre, tra le capitali che stanno andando più celermente verso la drastica diminuzione delle macchine, garantendo la mobilità di residenti e visitatori attraverso il potenziamento di trasporti pubblici e piste ciclabili. Una trasformazione che, potenzialmente, potrebbe portare a una riduzione del 50% delle emissioni di CO2: ecco perché, fra le altre cose, è stata nominata anche seconda città più sana al mondo (subito dopo Amsterdam, su 89 analizzate).
LA FORZA DELLA CULTURA
Grande è anche la vivacità culturale che anima la città. In preparazione della Oslo Architecture Triennale 2019 – dal tema Degrowth and its relevance in architecture –, da settembre sono in programma una serie di eventi, workshop e format. Iniziative che getteranno le basi della ricerca per la prossima OAT, curata da Maria Smith e Matthew Dalziel dello studio britannico Interrobang, in collaborazione con il giovanissimo critico Phineas Harper e la ricercatrice norvegese Cecile Sachs Olsen. Non mancheranno i progetti operanti all’incrocio fra architettura, arte, politica e performance che includono il corso di studio Being Tectonic presso la AHO – Scuola di Architecture and Design di Oslo; una serie di saggi digitali e workshop sviluppati in collaborazione con la piattaforma editoriale e-flux Architecture; una raccolta di libri di architettura OAT pop-up alla New York Book Fair, organizzata da Storefront for Art and Architecture; un Chat al Fireside presso l’Associazione degli Architetti di Oslo.
Fonte: Artribune ‒ Giulia Mura
Situato alla periferia di Tallinn, il Glehn Park è stato sviluppato da un eccentrico proprietario terriero di nome Nikolai von Glehn. Progettò e costruì un castello sul suo terreno, che fu completato nel 1886. All’epoca doveva essere un vero tesoro di arte brut, decorato con rilievi eclettici e un mix di testi latini, greci, francesi, russi e tedeschi.
Glehn ha anche progettato i suoi mobili, sedie e tavoli con figurine intagliate come decorazioni. Sfortunatamente, l’intero luogo è stato saccheggiato durante la prima guerra mondiale e nulla dell’interior originale è rimasto. L’edificio ora appartiene a un’università locale e viene utilizzato per ricevimenti ed eventi.
Un altro gioiello architettonico è la casa di palme che si ergeva di fronte al castello. Si tratta di un edificio a più piani a metà sotterraneo con un tetto a mosaico coperto da pannelli di vetro colorati. Oggi è in rovina, ma continua a stupire con il suo stile gaudiano. Un po’ più lontano nella foresta si trova anche una piccola torre di osservazione.
Tuttavia, l’aspetto più curioso di questo parco potrebbe essere rappresentato dalle sculture. Il più notevole di loro è una scultura di uno strano uomo con le corna. È spesso considerato il diavolo, ma in realtà è pensato per rappresentare un eroe mitico del folklore estone, chiamato Kalevipoeg.
La scultura di Kalevipoeg è alta circa 10 metri ed è stata modellata sulle misure dello stesso Glehn, ingrandita quattro volte. La scultura originale fu anche distrutta durante la guerra, perché le truppe russe temevano che le corna fossero in realtà un dispositivo trasmettitore segreto che segnalava informazioni alle navi tedesche. Una replica restaurata ora si trova accanto ai resti dell’originale. Dietro il Kalevipoeg c’è una scultura di un coccodrillo. La coppia era destinata a simboleggiare una bestia in agguato dietro un eroe.
Il sentiero escursionistico Glehn Park è lungo 2,4 km. Fa parte dei parchi della salute di Nõmme-Harku.
Fonte: AtlasObscura
Sculture, installazioni e interventi di alcuni dei più grandi nomi dell’arte contemporanea abitano la tenuta di 100 acri intorno a Bonnington House. Il rinomato sito di sacre linee di ley e un possibile punto di aggregazione per i Cavalieri Templari, i terreni che compongono Jupiter Artland, costituiscono un’incantevole escursione diurna.
Era il 1999 quando gli avidi collezionisti d’arte Robert e Nicky Wilson acquistarono la storica Bonnington House con la visione di trasformare la tenuta in un parco di sculture. Prendendo spunto da Little Sparta di Ian Hamilton Finlay – il famoso giardino d’arte dell’artista scozzese e poeta nelle Pentland Hills – i Wilson hanno iniziato a lavorare per ammassare una distesa di opere d’arte all’aperto per punteggiare i campi e i boschi intorno a Bonnington.
Con oltre 30 sculture e installazioni nella collezione permanente del giardino, i punti salienti di Jupiter Artland comprendono Cells of Life contemplative dell’artista di Charles Jencks ; La colossale Love Bomb di Marc Quinn: Stone House Bonnington di Andy Goldsworthy; e la grotta immersiva di ametiste di Anya Gallacio, The Light Pours Out of Me.
Un programma in corso di mostre speciali, nuove commissioni, tour, conferenze, eventi e spettacoli dal vivo mantengono lo spazio attivo per i visitatori di ritorno e serve per coinvolgere la regione attraverso rapporti educativi forgiati con scuole, università e gruppi di comunità locali.
Jupiter Artland chiude al pubblico nei mesi invernali, riapre a maggio.
Fonte: AtlasObscura
Nella zona della Città Bianca, spiccano più di 4000 edifici Bauhaus costruiti negli anni Trenta da architetti tedeschi ebrei per le famiglie che fuggivano dal nazismo, riconoscibili per il loro design semplice e funzionale e per gli esterni dipinti di bianco.
Tel Aviv è stata capitale soltanto per un anno, nel 1948-1949, ma è ancora sede della maggior parte delle ambasciate straniere in quanto Israele, ufficialmente, non ha mai avuto il riconoscimento di Gerusalemme come capitale del Paese.
La destinazione principale della città è sicuramente Jaffa, frizzante sia di giorno che di notte e famosa per la sua Promenade, The Tayelet, che affianca la bella e lunga spiaggia, ideale per fare jogging, surf, pattinaggio o andare in bicicletta prima di concedersi una pausa nei numerosi caffè e gelaterie, che soddisfano le aspettative di tutti i tipi di clientela. Imperdibile è un giro nel labirinto di viuzze che ospitano antichi e affollati suk e numerosi ristorantini e locali dall’illuminazione fiabesca. Meritano una visita la Torre dell’Orologio situata in Yefet St, il Museo delle Antichità ricavato in un vecchio carcere e il porto, famoso in tutto il mondo.
Rilassatevi allo Yarkon Park, con i suoi orti botanici pubblici e lo zoo, fate shopping passeggiando lungo il viale Dizengoff Street, centro nevralgico della cultura e del commercio della città, che ospita il mercatino dell’antiquariato vicino ad una splendida fontana nell’omonima piazza, e visitate Florentin, Il quartiere meridionale, tappezzato di graffiti, dove i giovani creativi vivono, lavorano e frequentano le numerose gallerie d’arte e i bar notturni. Infine, fatevi inebriare dall’intenso profumo di spezie del vicino mercato Levinsky.
L’esperienza a Tel Aviv sarà completa soltanto dopo aver sorseggiato un aperitivo accompagnato dall’hummus, crema di ceci aromatizzata dalla tahina, e assaggiato le falafel, polpette di legumi speziate e fritte, il cui sapore vi proietterà nell’atmosfera dei tipici mercatini profumati e colorati che affollano la città.
Buduruwagala è un tempio rupestre risalente al IX o X secolo. Composta da sette antiche figure buddiste scolpite nella faccia di una grande scogliera. La più grande misura circa 15 metri piedi di altezza, che la rende la più alta statua di Buddha a Sri Lanka.
La gigantesca figura del Buddha è situata al centro della parete rocciosa, fiancheggiata da tre statue più piccole su entrambi i lati. Sulla destra sono raffigurate il Bodhisattva Avalokiteshvara, la Dea Tara e il Principe Sudhana; a sinistra ci sono Maitree Bodhisattva e Vajrapani Bodhisattva. Queste sono figure della tradizione Mahayana del Buddismo.
Una debole tonalità arancione è visibile sulla statua più alta, suggerendo che le incisioni erano probabilmente dipinte in origine. Diverse nicchie quadrate sono scavate nella roccia sopra le statue; il loro uso non è noto. Nel piede destro del Buddha c’è un buco alto quattro metri a forma di fiamma. I tratti più profondi di questo buco sono sempre bagnati di una sostanza che odora di olio di senape.
Si ipotizza che Buduruwagala (che si traduce approssimativamente in “roccia con statue di Buddha”) fosse un sito eremitico per i monaci buddisti Mahayana, ma finora non sono venute alla luce informazioni diverse dall’età approssimativa delle incisioni. Attualmente, un edificio moderno ospita un piccolo numero di monaci che risiedono qui.
Buduruwagala può essere raggiunto da Wellawaya o Thanamalwila. Gli ultimi 2,5 km (4 km) si trovano su una strada sterrata attraverso una serie di laghi, dove vivono garzette e aironi.
Fonte: AtalsObscura
La Petite Ceinture fu costruita nel 1852 ed è una linea ferroviaria lunga 32 chilometri con la quale era possibile spostarsi all’interno delle mura della città. Oggi, ormai abbandonata, fa parte di un progetto di recupero del comune di Parigi che vuole trasformarla in un museo a cielo aperto. La ferrovia, che venne costruita in origine per motivi militari, oggi ospita una fauna e flora preziosissime.
Spesso le storie più interessanti accadono sotto i nostri piedi. Che ne dite infatti di un tour nelle fogne della città? Parigi può vantare una rete fognaria di almeno 2.300 chilometri attivi e funzionanti, ispezionati completamente ogni due anni. Da Pont de l’Alma e possibile scendere e visitare il Museo delle fogne di Parigi ricco di storia della città.
Anche nei luoghi più turistici possono nascondersi dettagli poco conosciuti ma molto interessanti. Notre Dame è certo uno dei luoghi più famosi di Parigi ma non tutti sanno quali oscuri segreti nascondano i decori delle serrature delle sue porte laterali. Sembra infatti che Monsieur Biscornet, che ne fu l’autore, chiese aiuto al diavolo in persona per poterle realizzare.
Cosa ne direste invece di salire un po’, magari fare due passi a piedi, fino ad arrivare al Parc de Belleville? Parigi può vantare numerosissimi parchi, vere e proprie aree verdi che offrono rifugio dal caos cittadino a turisti e parigini. Ma la particolarità di questo parco, nei pressi di Montmatre, è il suo belvedere, dal quale potrete ammirare tutta la città.
Parigi è una delle città dove il gotico è stato più fiorente. La Torre di San Giacomo ne è un esempio evidente. Costruita nel XVI sec. da Jean de Félin, è stata dichiarata patrimonio dell’UNESCO nel 1998 come uno dei punti dei Cammini di Santiago de Compostela. Rappresenta oggi l’ultima testimonianza della chiesa di San Giacomo Maggiore, costruita si narra per volere di Carlo Magno.
Fonte: SiViaggia.it e immagini: Depositphotos
Massachusetts Office of Travel and Tourism (MOTT) debutta con Applechusetts — una guida ad ogni prodotto con le mele, incluse le esperienze e le tradizioni in tutto il Commonwealth. Dagli storici frutteti alle antiche varietà di mele, agli irresistibili prodotti da forno e al dolce sidro appena spremuto, le mele hanno fortemente influenzato il tessuto culinario ed agricolo del Bay State. Già con la raccolta delle mele si annuncia l’arrivo dell’autunno: ma questo è solo un assaggio di ciò che la mela rappresenta. Dai festival quali Applefest o i famosi CiderDays alla cornucopia di sidro dei produttori locali che hanno re-inventato una bevanda della tradizione, il Massachusetts celebra le mele in ogni forma.
Le mele sono parte integrante alle esperienze stagionali, della cultura gastronomica e di bei ricordi campestri che si possono collezionare. Applechusetts è stata stampata e distribuita in occasione della 24° edizione dei Franklin County CiderDays, appena svoltasi agli inizi di Novembre in località varie del western Massachusetts.
Il Massachusetts è “apple country” e la Franklin County gioca un ruolo importante nel movimento dei produttori artigianali di sidro. Questa regione storicamente coltiva mele ed ha il vanto di organizzare il più longevo festival di sidro di tutto il Nord America. Molti produttori oggi commerciali hanno mosso i primi passi della propria carriera ai CiderDays ed oggi giungono da tutto il mondo per apprendere le nuove tecniche e le innovazioni in questo campo. La guida illustra oltre 50 meleti ove si possono raccogliere le mele in stagione – pick-your-own – i banchetti degli agricoltori, i produttori di dolci alle mele, gli eventi, e le sidrerie oltre a tutte le varietà di mele e le ricette locali, nonché i consigli per l’assaggio del sidro alcolico. Un’introduzione sulla vasta scelta di mele è per presentare la grande offerta dello stato, oltre ad un’ampia scelta di aziende agri-turismo. Un indice alla fine della guida cita i siti internet di MOTT e Massachusetts Department of Agricultural Resources (MDAR) per ulteriori informazioni, cartine interattive ed altre informazioni sulle mele. Per generazioni i contadini del Massachusetts hanno coltivato circa 40 varietà di mele ed offerto ai residenti ed ai turisti il delizioso frutto coltivato nelle campagne dello stato, da gustare in diversi modi.
Nel 2017 il valore del raccolto è stato di oltre $14 milioni di mele su oltre 1000 ettari di terra. Oggi, con il settore dell’agriturismo in crescita e con l’impegno promozionale, è più facile per la gente dello stato ed i visitatori dare supporto ai coltivatori e recarsi nei meleti per trascorre giornate autunnali immersi nella natura, raccogliendo le mele direttamente dagli alberi.
INFO: Ufficio Turismo Massachusetts
L’atmosfera natalizia per tanti è sinonimo di neve, cioccolata calda di fronte al camino e piste da sci: ma perché non provare un’esperienza diversa e migrare al caldo, per passare un Natale alternativo in un paradiso caraibico? Quest’anno, venite a ricaricarvi nell’incantevole arcipelago delle Isole Vergini Britanniche, per un bianco Natale sulle candide spiagge delle sue oltre 60 isole.
Le opzioni per un viaggio indimenticabile alle Isole Vergini Britanniche sono tante, per godere di una combinazione perfetta tra temperature tropicali, folklore e un’atmosfera natalizia originale.
Un’idea alternativa è ad esempio quella di esplorare l’arcipelago a bordo di un catamarano esclusivo, che vi permetterà di ammirare le bellezze naturali e paesaggistiche delle Isole Vergini Britanniche, dalle acque turchesi ai rigogliosi rilievi vulcanici delle isole.
Se preferite invece optare per un soggiorno più classico, le isole propongono diverse strutture che potranno soddisfare ogni necessità.
Ma ciò che renderà il vostro viaggio ancora più emozionante sono i numerosi eventi che l’arcipelago ospita durante le vacanze.
La sera del 22 dicembre, un’iniziativa molto interessante è il Trellis Bay Full Moon Party, una festa estremamente folkloristica sull’isola di Tortola, aperta sia ai più piccoli che agli adulti. Strumenti a percussione, Moko Jumbies (coloratissimi ballerini sui trampoli) e musica reggae animeranno la serata al ritmo coinvolgente dei balli caraibici. Il tutto sarà completato da un buffet di prelibatezze locali e dalle grandiose Aragorn’s Fireball, sfere metalliche infuocate realizzate dall’artigiano Aragorn, che diventano protagoniste di un vivace spettacolo che accende le notti stellate delle Isole Vergini Britanniche. Appuntamento ancor più emozionante la notte di Capodanno, per festeggiare l’anno nuovo in pieno stile caraibico.
E subito dopo i festeggiamenti natalizi, il 26 dicembre non potrete assolutamente perdervi il Boxing Day Horse Racing, l’annuale corsa di cavalli che attira turisti e abitanti locali all’interno della Ellis Thomas Downs Horse Racing Arena (a Sea Cows Bay, Tortola).
E per finire l’anno nel migliore dei modi, sull’isola di Jost Van Dyke il celeberrimo Foxy’s Tamarind Bar a Great Harbour vi farà divertire con i suoi party in spiaggia a base di buon cibo, open bar e festeggiamenti che durano tutta la notte: immancabile è la Old Year’s Night, l’attesissima festa di Capodanno che ogni anno attrae turisti da tutto il mondo, facendo aumentare la popolazione di Jost Van Dyke da sole 300 anime a migliaia, in questa notte magica di buoni propositi… e cocktail caraibici a base di rum! Il tema di quest’anno sarà “The Nauti Yacht Club”: che decidiate di vestirvi da velisti, pirati, vecchi lupi di mare, naufraghi o creature degli oceani… l’importante è indossare un costume e unirsi ai divertimenti!
Fonte: The British Virgin Islands Tourist Board & Film Commission