MALESIA – UN ASSAGGIO DI PARADISO

17 Set 2020 In: Malesia

La Malesia è una delle mete più esotiche che si possano immaginare. Non è un Paese come gli altri. Qui la natura quasi primordiale la fa da padrona. La meravigliosa foresta pluviale e le tante isole dalle sabbie chiare e l’acqua dalle mille sfumature di turchese ci riportano indietro di secoli

Se poi si sceglie di trascorrere una vacanza su una delle isole (“Pulau”) sembrerà davvero di essere stati catapultati nel paradiso terrestre. In Malesia ve ne sono tantissime. Solo sulla costa Est se ne trovano di bellissime. Come le Perenthian, Tioman, Redang (che sono anche le maggiori per dimensioni) e poi Tenggol, Lang Tengah e Kapas.

Le isole della costa orientale della Malesia non sono solo spiagge, fondali meravigliosi e mare cristallino, ma anche fitte foreste pluviali, eredità storiche, villaggi di pescatori dove la vita scorre ancora lenta e semplice e naturalmente bellissimi resort. Ciascuna isola ha le proprie caratteristiche e la propria atmosfera.

Le due isole che formano le Perenthian sono a soli a 20 km dalla costa. Qui non ci sono grosse catene alberghiere, ma comunque resort esclusivi di minori dimensioni e anche sistemazioni per i backpacker. Alcuni visitatori scelgono l’isoletta di Kecil, la più piccola e low cost dove la vita sociale è vivace; altri preferiscono Besar, per l’atmosfera tranquilla, i silenzi della natura e sistemazioni di livello superiore. Perenthain è probabilmente il posto migliore dove prendere la licenza da subacqueo e dove soggiornare se siete amanti dello snorkeling, che potete facilmente fare non appena uscite dal resort e attraversate la spiaggia di fine sabbia bianca.

Il gruppo di isole che forma Redang, invece, è più lontano ed è situato all’interno di un parco marino protetto. Redang è conosciuta per la bellezza delle spiagge immacolate (su quella di Pasir Mak Kepit si narra che sia ancora possibile sentire il profumo lasciato da una leggendaria principessa vissuta nel passato), per la natura e i resort di lusso, molti dei quali appartengono a catene internazionali. L’isola attrae diver e appassionati di avventure eco-sostenibili (per esempio nella nursery delle tartarughe marine) oltre che di amanti del puro relax. Lussureggianti foreste color smeraldo coprono Redang, dalle cui morbide colline si possono avere bellissimi scorci del mare del Sud della Cina.

Tioman è l’isola più grande di un arcipelago che include anche Seri Bulat, Sembilang, Tulai, Chebeh, Labas, Sibu and Renggis. Tioman si trova a circa 60 km dalla costa, nello stato federale di Pahang. Come Perenthian e Redang è conosciuta per i suoi meravigliosi fondali e per le innumerevoli possibilità di fare diving e snorkeling. Se paragonata alle altre due isole, la stretta Tioman appare piacevolmente meno sviluppata e in gran parte coperta da una fitta giungla, senza infrastrutture invasive, grosse strade e hotel di grosse dimensioni. Tioman si attraversa principalmente a piedi, con sentieri e percorsi che collegano piccole spiagge paradisiache e villaggi. È, infatti, riconosciuta come una delle più belle isole del mondo, con una natura rigogliosa, cervi, scimmie, iguane e una ricchissima fauna marina. Tioman possiede acque cristalline azzurre e color smeraldo, eccellenti per lo snorkeling. Inoltre, Tioman offre la possibilità di venire a contatto con usi e costumi locali: ogni villaggio (i maggiori sono Salang, Tekek, Genting, Paya e Juara) ha il suo charme e la sua autenticità e sicuramente merita di essere visitato. Per gli amanti delle ascensioni su roccia è possibile scalare le ripide rocce granitiche che sorgono in mezzo alla giungla

Pulau Tenggol è una piccola isola ed è una destinazione meno nota rispetto alle tre isole citate precedentemente. I suoi fondali sono allo stesso modo ottimi per il diving, con oltre 20 spot per le immersioni. Qui le correnti sono più forti ed è per questo che Tenggol viene consigliata a subacquei con esperienza piuttosto che ai principianti. Sull’isola ci sono anche diversi sentieri per un light trekking e ovviamente spiagge dove semplicemente sdraiarsi al sole. Pochi i resort sull’isola e fatti da tipiche capanne di legno sulla spiaggia raggiungibili solo dal mare

Anche Lang Tengah è un’isola molto piccola. L’unico modo per raggiungerla è via mare da Merang. L’isola può essere circumnavigata in soli dieci minuti e le sue spiagge sono molto strette, quindi senza un ampio entroterra. Come per Tenggol, le ridotte dimensioni dell’isola l’hanno preservata dalla costruzione di grossi resort, che infatti sono pochi e inseriti perfettamente nel contesto naturale.

Piccolissima è anche Kapas e, come per le altre isole minori, la sua caratteristica è l’atmosfera intima e tranquilla dove i soli rumori che si sentono sono quelli delle onde e del vento che scuote le palme. Le sue spiagge sono bianche e immacolate e le acque trasparenti sono casa di un’incredibile fauna marina fatta di coralli, pesci multicolori e tartarughe. Anche a Kapas è facile praticare diving e snorkeling ovviamente, oltre al windsurf, alla vela e la pesca. Le strutture sono limitate ma è possibile trovare soluzioni per ogni budget.

Due importanti informazioni per chi decide di visitare queste isole: si raggiungono facilmente con i traghetti che partono dalla costa, a loro volta ben collegata a Kuala Lumpur, dove si trova l’aeroporto internazionale. Ma la cosa più importante da tenere a mente è che sulla costa Est da ottobre a marzo soffia il monsone pertanto in questo periodo i resort sono chiusi.

Fonte: siviaggia.it

Research shows the protected bay on Oʻahu has been recovering since the state shutdown in March

The protected marine bay in East Honolulu on Oʻahu closed to visitors on March 18 and still hasn’t reopened. (Other city beaches had reopened since, but the bay remained closed this whole time because visitors are required to watch an educational video before entering the park and there was no way to manage proper social distancing.) And since then researchers have been able to study the impact humans have had on the bay’s diverse marine life without the nearly 3,000 visitors it received every day prior to COVID-19.

What have they noticed? Larger fish, more monk seal activity and clearer waters. (This is all reported in the 2nd annual Biological Carrying Capacity Survey. You can read it in its entirity here.)

The water quality, in particular, is worth noting: The bay’s water is 18% clearer with improved visibility of 2 meters (or 6.5 feet) than when scientists tested it during regular Tuesday closures of the bay before March. It’s an astounding 42% clearer with improved visibility of 4.9 meters (or 16 feet) than on days when the bay was open to the public.

There’s no set public reopening date for Hanauma Bay. But when it does, it will be a much healthier bay. And we hope it stays that way.

Source: hawaiimagazine.com

La forma stravagante dell’edificio che ospita una banca è stata ispirata dal giocattolo di un bambino

Alla fine degli anni ’70, l’architetto THAI Sumet Jumsai fu contattato dalla Bank of Asia. La banca stava cercando un progetto per la sua nuova sede a Bangkok, qualcosa che riflettesse l’informatizzazione del settore bancario. Per molto tempo Sumet si concentrò per trovare un design adatto. Ma poi suo figlio entrò nel suo studio portando un robot giocattolo e l’ispirazione fu immediata.

Attività bancarie e divertimento generalmente non si mescolano. In Thailandia, tuttavia, il divertimento fa parte dello stile di vita, un venerato ethos noto come sanuk. Forse per questo motivo la Bank of Asia fu così compiaciuta dalla proposta di Sumet che iniziò con entusiasmo la costruzione del Robot Building.

Completato nel 1987 con un costo di 10 milioni di dollari, l’edificio di 20 piani era inizialmente l’edificio più alto nel principale quartiere commerciale di Sathorn. E anche se ora non domina più l’orizzonte, rimane una delle torri più riconoscibili della città.

I piani dell’edificio diminuiscono di superficie ad intervalli regolari, creando il “corpo” del robot. Due finestre rotonde nella parte superiore (la testa) assomigliano a bulbi oculari con le palpebre, conferendo al robot un aspetto simile a un cartone animato, e leggermente assonnato. Per completare l’effetto, Sumet aggiunse delle antenne sul tetto, che fungono sia da pali di comunicazione che da parafulmini, mentre i lati dell’edificio sono adornati con grandi dadi dall’aspetto metallico.

L’edificio è stato successivamente selezionato dal Museum of Contemporary Art di Los Angeles come uno dei 50 edifici fondamentali del secolo. Ha i suoi detrattori, ovviamente, ma poi chi non li ha? E per molte persone, specialmente quelle non sopraffatte dal cinismo, l’idea di avere un gigantesco robot giocattolo in piedi nel mezzo di una città è semplicemente divertente. Anche se contiene un intero gruppo di banchieri.

Il Robot Building si trova in 191 South Sathorn Road nel distretto di Sathorn a Bangkok. Attualmente è occupato dalla United Overseas Bank (che ha acquisito la Bank of Asia nel 2005) e funge da quartier generale di Bangkok. Puoi arrivarci prendendo la BTS Skytain a Chong Nonsi, che si trova a pochi passi dall’edificio. Puoi anche vederlo mentre viaggi sullo Skytrain. Lo vedrai sulla tua sinistra subito dopo aver lasciato la stazione di Chong Nonsi se sei sulla linea Silom in direzione di Saphan Taksin, o sulla tua destra dopo aver lasciato la stazione di Surasak da Saphan Taksin in direzione di Siam o National Stadium.

Fonte: atlasobscura.com

Questo strabiliante lago dalle acque color zaffiro è circondato da roccia vulcanica rossa

In Islanda non puoi solo trovare un lago meraviglioso. No, deve essere anche all’interno di una caldera vulcanica. E a volte non è nemmeno abbastanza, quindi il Paese più appariscente del mondo offre qualcosa come Kerid Crater Lake, che è un lago quasi blu al neon che si trova in un vulcano circondato da rara roccia vulcanica rossa.

Situato nel sud dell’Islanda lungo il cosiddetto Golden Circle, Kerid è unico tra i laghi vulcanici in quanto la sua caldera probabilmente non si è formata da un’esplosione come la maggior parte. Si pensa che il vulcano Kerid si sia formato quando il magma al centro si è semplicemente esaurito e la camera vuota sottostante è crollata. Indipendentemente dalla minuzia geologica che ha portato alla creazione del lago, il suo luminoso arcobaleno di colori sembra ultraterreno.

Oltre alle acque luminose color zaffiro, i ripidi pendii della conca della caldera sono quasi interamente ricoperti di roccia vulcanica rossa. C’è un lato meno ripido del pendio che è ricoperto di muschio verde intenso, come se il lago non fosse abbastanza colorato.

Durante l’inverno, tuttavia, Kerid si trasforma da luogo vivace a luogo di desolazione islandese. In verità, non è meno bello o impressionante in inverno, solo diverso.

Il lago stesso si ghiaccia e diventa una gigantesca pista di pattinaggio sul ghiaccio per i turisti più avventurosi. Il resto del cratere, come il paesaggio circostante, è ricoperto di ghiaccio e neve. Anche se desolante, è forse più facile sentire la vastità e la forza pura delle forze naturali che governano l’Islanda.

Il lago può essere visitato insieme ai tour del Circolo d’Oro… cerca solo di non perderti nel suo bellissimo occhio azzurro.

Fonte: www.atlasobscura.com

ASCOLTARE I CERVI IN AMORE…

15 Set 2020 In: Stati Uniti

Autunno nella regione del Great American West avvistando ed ascoltando i cervi Wapiti in amore

L’autunno nella regione del Great American West è caratterizzato in molti modi: la brina sull’erba di prima mattina, il fruscio delle foglie scintillanti dei pioppi tremuli, i laghetti montani con un contorno di ghiaccio, Colori ed odori forti, ma niente di così ammaliante quanto il bramito del cervo americano, Cervus alaphus. Parlando correttamente, questi animali sono chiamati Wapiti nome di derivazione degli nativi Shawnee, che significa “cervo bianco” riferendosi al manto chiaro primaverile, “sbiancato”. Il cervo è stato storicamente importante per i nativi americani fornendo cibo, abbigliamento, armi, decorazioni, strumenti, spiritualismo e mezzo di scambio. Durante l’accoppiamento autunnale, un cervo maschio dominante raccoglie un harem di femmine, e tramite il proprio bramito esercita le alte frequenze per attrarre le femmine e accoppiarsi. I maschi difendono il loro harem confrontandosi in veri e propri duelli a cornate con altri maschi, strofinando il palco di corna su alberi e arbusti e stabilendo così una gerarchia di dominio tra gli altri maschi all’interno del loro territorio. Uno spettacolo della natura che è una fascinazione quasi interamente uditiva. Il suono di un cervo maschio adulto americano è qualcosa che attira molti visitatori nei PARCHI NAZIONALI dello YELLOWSTONE e del GRAND TETON come in altri luoghi del Great American West ove la natura sprigiona la sua forza ogni autunno, perché è un’esperienza memorabile. Lo Yellowstone National Park (YNP) ospita senza dubbio la più grande mandria di cervi di circa 6 mila capi che migrano nei diversi periodi dell’anno. Ogni autunno, a partire da metà agosto da alcuni anni, i wapiti entrano nella loro stagione riproduttiva che continua per circa un mese, e quel mese è tipicamente settembre, con la metà del mese che segna il picco della fase dell’accoppiamento. A volte si estende fino a ottobre tanto che il bramito del cervo maschio si sente a gran voce fino a metà ottobre. Lungo il fiume Madison all’interno del parco dello Yellowstone, in particolare, settembre è un mese in cui si può vedere la stagione dell’accoppiamento dei cervi in pieno svolgimento. Qui, alcuni dei migliori fotografi del mondo si riuniscono ogni anno per scattare foto dopo foto dei cervi maschi e dei loro harem. Tipicamente in questo periodo dell’anno, un grosso cervo maturo tiene a bada e domina una mandria fino a trenta o più femmine, la metà delle quali sono in ottime condizioni per il primo accoppiamento.

Nel MONTANA centrale e nord-orientale – a meno di un’ora d’auto da Lewistown – il Charles M. Russell National Wildlife Refuge si estende per più di un milione di ettari lungo il fiume Missouri. Ogni autunno, quando i pioppi lungo il “Big Muddy” diventano gialli nella fresca aria autunnale, i wapiti del Missouri River Breaks mettono in scena un grande spettacolo. La Slippery Ann Elk Viewing Area vede centinaia di cervi durante il picco dell’accoppiamento. Il cervo maschio emerge dai salici lungo il Missouri per competere per le femmine, spesso scontrandosi in modo drammatico con un altro esemplare maschio, antagonista. La scena lungo il fiume sembra più o meno la stessa oggi così come nel 1805 debbono averla ammirata i membri della spedizione di Lewis e Clark durante l’avventurosa ricerca del Passaggio a Nord-Ovest. I cervi si radunano a Slippery Ann da ormai più di 100 anni. Dei circa 5.000 cervi che popolano la riserva Russell, è attestato che 500 cervi possono frequentare la zona a settembre. Il numero dei cervi a Slippery Ann rimane alto fino ad ottobre.

Il momento migliore per vedere il cervo in amore a Slippery Ann è tra le 17 e le 20 e – curiosamente – il maschio arriva a perdere il 30% del suo peso corporeo durante la stagione in calore poiché non ha la possibilità di mangiare e bere molto data l’intensità della sua attività! A Missoula invece, la Rocky Mountain Elk Foundation ha un centro con esposizioni divertenti e interattive, mostre che invitano ad apprendere di più sul cervo americano, il proprio territorio e il ruolo che gioca la fondazione nella conservazione della specie. Si scopre la variegata fauna selvatica che dimora nel territorio dei cervi, si esplora il ruolo che tutti noi giochiamo nella conservazione dell’habitat e ci si connette con il ricco patrimonio che rende lo spazio all’aperto così importante per tanti di noi. Lungo il percorso si ascolta il bramito del cervo, si mette alla prova la propria conoscenza della fauna selvatica, si impara ad identificherai le tracce degli animali, si valuta il peso di un corno di cervo e ci si intrattiene con filmati sulla conservazione della fauna selvatica. Altri punti salienti includono un’impressionante esposizione di trofei di cervi, il negozio di souvenir e il sentiero all’aperto per una passeggiata. Nella zona del Greater Yellowstone la migrazione della fauna selvatica è ben nota e proprio la Paradise Valley del Montana, nel sud-ovest dello stato, è una zona importante per la sopravvivenza della famosa mandria di Northern Elk dello Yellowstone e per una popolazione di wapiti residenti – la Paradise Herd (Mandria del Paradiso) –  che si sposta tra le terre pubbliche di montagna sul versante settentrionale della valle. In questo quadro rurale sono ben radicate le tradizioni dei ranch, le splendide vedute e la svariata gamma di svaghi ricreativi nell’accesso settentrionale del parco nazionale. La Paradise Valley è circondata dal patrimonio forestale che protegge una varietà di fauna selvatica, tra le quali spicca il cervo oltre ad altre specie ed una crescente presenza di lupi grigi e orsi grizzly.

Quale parte dell’ecosistema naturale, i wapiti appartengono anche al NORTH DAKOTA. Una volta il cervo americano era nativo delle Badlands del North Dakota ma scomparve dalla regione alla fine del 1800 essendo un alimento base per le prime civiltà. Quando Theodore Roosevelt arrivò nelle Badlands negli anni 1880, pochi cervi erano rimasti in questa zona del paese. Anche se Roosevelt chiamò il suo Elkhorn Ranch come le corna ad incastro trovate in loco, era difficile trovare esemplari vivi. “Questo maestoso e splendido cervo, il più nobile del suo genere… sta svanendo rapidamente”, scrisse nel 1880. Alla fine del secolo non si trovavano più cervi nelle Badlands. Il Theodore Roosevelt National Park reintrodusse il cervo nelle Badlands del North Dakota nel 1985. Dopo la reintroduzione, la popolazione dei wapiti è cresciuta significativamente a causa del foraggio produttivo, dell’habitat favorevole e dell’assenza di predatori naturali. I visitatori della South Unit del parco nazionale hanno l’opportunità di vedere cervi, molto più frequenti rispetto alla North Unit. Gli animali possono essere difficili da individuare, e il fattore chiave non è dove ma quando. Come la maggior parte dei mammiferi da pascolo, i cervi sono comunemente visibili proprio accanto alle così dette “città dei prairie dog”, le tane dei roditori. Il momento migliore per cercarli è all’alba e al tramonto, in quanto di solito rimangono nascosti in aree boschive durante gran parte della giornata. La popolazione dei cervi in North Dakota è presente anche nella zona della Killdeer Mountain con esemplari che si presume siano scappati dalla Fort Berthold Indian Reservation. Queste montagne del nord-ovest dello stato presentano grandi sinuose colline, folti cespugli e prati erbosi, proprio il tipo di terreno che i cervi amano. Chiamate dai nativi indiani TAH-KAH-O-KUTY, “il luogo in cui uccidiamo i cervi” sorgono sopra le pianure a nord della città Killdeer. Sul lato occidentale della catena si trova un rifugio per cervi, alci, pecore bighorn, fagiani, galli cedroni, tacchini selvatici e antilopi. La Killdeer Mountain Four Bears Scenic Byway di un centinaio di km. offre un paesaggio unico ed incantevole in una delle zone più scenografiche del North Dakota occidentale che riunisce la Killdeer Mountain e le Badlands.

Anche nel SOUTH DAKOTA ci sono prove che il wapiti vagava per le sue terre 35.000 anni fa. Gli indiani delle pianure li cacciavano per la carne e la pelle, creavano ornamenti dai denti, modellavano strumenti da ossa e palchi di corna e palchi per fare medicine. Lewis e Clark, nel 1804 e nel 1806, trovarono cervi del Manitoban nelle praterie lungo il fiume Missouri, ma 75 anni dopo pochi esemplari rimasero nelle pianure. I cercatori d’oro nel 1876 trovarono le Black Hills ricche di cervi del Manitoban, ma nel giro di una decina d’anni scomparvero. Tra il 1911 e il 1920, 200 cervi delle Montagne Rocciose (di colore più chiaro del Manitoban e con corna più grandi ma corpi leggermente più piccoli) furono trapiantati dalle Teton e Yellowstone alle Black Hills. Essi prosperarono e furono l’inizio dell’attuale mandria delle Black Hills che ne conta più di 2.000. La caccia con l’arco e il fucile riesce a mantenere costante e monitorata la dimensione del branco, grazie ai comuni sforzi del Dipartimento di Stato di Caccia, Pesca e Parchi, lo U.S. Forest Service e la Rocky Mountain Elk Foundation che lavorano insieme per il benessere del branco e per migliorare l’habitat. Ed è proprio a settembre che i ranger del Wind Cave National Park offrono programmi guidati durante diverse serate alla settimana per ascoltare questo affascinante rituale dell’accoppiamento con il bramito d’accompagnamento. Il cervo americano o wapiti é la più grande specie di cervo di questo parco nazionale situato nel sud-est delle Black Hills del South Dakota e che si estende in 28.295 ettari di prati con una prateria di erba mista e foreste di pino di Ponderosa (Pinus Ponderosa). Il parco ospita una varietà di fauna selvatica nativa oltre ai cervi, tra cui bisonti (Bison bison), antilopi pronghorn (Antilocapra americana), cervi (Odocoileusspp), coyote (Canis latrans) e cani della prateria coda nera (Cynomys ludovicianus). Anche qui i cervi americani furono reintrodotti tra il 1914 e il 1916.

L’autunno porta un vivace spettacolo di colori nel territorio di Yellowstone Teton dell’IDAHO orientale. Con le foglie che cambiano a settembre e all’inizio di ottobre, è un ottimo momento per stare all’aria aperta e immergersi nella bellezza della natura e dei suoi paesaggi. La valle inizia a raffreddarsi in autunno, ma ci sono ancora un sacco di attività all’aperto accessibili per goderne a pieno: pesca, gite a cavallo, hiking. I suoni del bramito dei cervi rimbalzano attraverso le colline: assistere all’accoppiamento è un evento speciale. Si suggerisce di trascorrere almeno qualche giorno esplorando l’Idaho orientale in autunno, poiché è in grado di far innamorare per tutte le meraviglie naturali che preserva. L’Idaho orientale è una porta d’ingresso al Parco Nazionale di Yellowstone, il che significa che questa regione da sempre rappresenta l’avventura. Soggiornarvi è anche sperimentare le sue acque fluviali di pesca a mosca famose a livello mondiale, inoltrarsi in escursioni nelle pinete e prati di lupini. Le cittadine di Driggs, Victor e Tetonia, che sorgono tranquille sul lato occidentale delle montagne Tetons, sono destinazioni pittoresche per chi ama esplorare e cercare ricreazione all’aperto senza la folla dei turisti. Il soggiorno al Teton Mountain Ranch è abbastanza speciale durante i mesi autunnali con i cervi maschi in fase di corteggiamento nelle vicinanze. Dal ranch si può sentire loro bramito, ma –  per un’esperienza davvero speciale – si può sempre prendere in considerazione di partecipare ad un tour d’avvistamento dei cervi, disponibile da giugno fino alla fine di settembre. Il rituale dell’accoppiamento del cervo è un periodo intenso dell’anno per ammirare una testimonianza della natura, quando i cervi maschi si sfidano l’un l’altro ed eseguono molti altri rituali di accoppiamento. Durante un Elk Tour si è trasportati in modo sicuro vicino a una mandria di cervi per un incontro ravvicinato. Guidare intorno Palisades Reservoir in autunno offre paesaggi veramente spettacolari: in un unico luogo idilliaco è possibile ammirare ogni colore autunnale, in genere fino alla fine di settembre e agli inizi di ottobre. In giro in auto o in moto si snoda intorno al lago, offrendo molte soste per scattare una foto del fogliame sui fianchi delle montagne circostanti. I fotografi sanno che l’alba è il momento migliore per fotografare i colori vicino al lago. All’alba, il sole sorge da dietro le montagne e getta un bel bagliore attraverso il lago e anche la fauna selvatica tende ad essere più attiva nelle ore del mattino. Per i pescatori avidi, l’autunno (come la primavera) è uno dei periodi migliori per la pesca lacustre, poiché le temperature si rinfrescano e i pesci sono più attivi.

Denver (Colorado) è la porta d’accesso ufficiale all’immensa regione del Great American West.

Fonte: The Great American West – Italia

Situate poco più a nord del Tropico del Cancro, al largo della costa africana, le Canarie promettono una vacanza ricca di spunti di interesse con un clima meraviglioso in tutti i mesi dell’anno

Piscine naturali a Lanzarote

Molti le conoscono come il sole dell’Europa e spiccano per le temperature miti e per la ricchezza naturalistica. Di fatto, cinque delle sette isole sono state dichiarate Riserva della Biosfera e nell’arcipelago sono presenti ben quattro Parchi Nazionali.

Una delle principali attrazioni sono le spiagge, uno scenario perfetto per rilassarsi prendendo il sole o praticare sport acquatici come il windsurf e il diving. Nell’entroterra, invece, troverete paesaggi sorprendenti che invitano a praticare attività come sentierismo, cicloturismo, scalata o persino speleologia.

Tra i paesaggi più sorprendenti, spiccano quelli vulcanici di Lanzarote, le spiagge di dune di Fuerteventura e Gran Canaria e i verdi boschi di La Palma e La Gomera.

Isola di El Hierro

Nelle Canarie, troverete anche proposte culturali come il complesso monumentale di San Cristóbal de La Laguna, a Tenerife, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO o le opere di César Manrique, a Lanzarote. E se decidete di visitare queste isole nel mese di febbraio, potrete partecipare anche al divertentissimo Carnevale di Santa Cruz de Tenerife.

Per coloro che amano rilassarsi sotto il sole e praticare sport, di fronte a calette dalle acque turchesi, o di godere di un po’ della tranquillità tipica delle spiagge vulcaniche e vergini, le isole Canarie sapranno soddisfare le aspettative di ciascuno.

Le migliaia di ore di sole all’anno di cui godono questi posti permettono di fare molto, soprattutto in spiagge conosciute per la loro qualità e per il rispetto dell’ambiente. Godersi un po’ di mare non significa solo rilassarsi in spiaggia, ma anche andare in barca a vela per scandagliare luoghi spettacolari, mangiare pesce fresco vicino ad un porticciolo, contemplare tramonti da un faro o praticare il golf. Significa disconnettersi dal mondo e lasciarsi conquistare dalla bellezza della natura, senza rinunciare al divertimento e ad un po’ di vita mondana.

Fuerteventura – Riserva della Biosfera
Gran Canaria
Lanzarote
Isola di La Palma
Isola di Tenerife
Isola La Gomera

Fonte: spain.info/it – Instituto de Turismo de España, TURESPAÑA

Petra, la magnifica Città Antica seminascosta nel paesaggio spazzato dal vento della Giordania meridionale, è uno dei più celebri siti dichiarati dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. Proclamata una delle ‘Sette Nuove Meraviglie del Mondo’ da un sondaggio popolare nel 2007, oggi i visitatori sono accolti sia dai beduini che ancora considerano Petra la propria casa, sia dagli abitanti della vicina Wadi Musa, le cui strutture contribuiscono a rendere piacevole un’escursione di diversi giorni alla Città Antica

A Petra c’è molto da vedere e per organizzare al meglio il vostro soggiorno in questa città mitica, abbiamo raccolto tutte le informazioni principali e i consigli dei nostri esperti.

Il tesoro visto dal Siq a Petra©Iwanami Photos/Shutterstock

Il meglio di Petra

1 Siq

Lungo 1,2 km, il Siq, o gola, con le sue strette pareti verticali è una delle attrattive principali di Petra. Il percorso attraverso questo passaggio suggestivo, che serpeggia verso la città nascosta, anticipa le meraviglie che attendono il visitatore più avanti. I nabatei, che avevano compreso appieno il valore di questa funzione preparatoria, ne fecero una via sacra, punteggiata di siti di rilevanza spirituale.

Il Siq comincia in prossimità di un grande ponte. Sulla destra, il Wadi Muthlim si snoda attraverso una galleria nabatea. L’ingresso del Siq un tempo era sormontato da un arco monumentale nabateo. Molte persone percorrono in fretta il Siq, impazienti di arrivare a Petra. È un peccato, perché questo corridoio di pietra ha un fascino che merita di essere scoperto, e più tempo si impiega ad attraversarlo più si assapora il momento finale dell’arrivo.

Tecnicamente il Siq, con le sue pareti alte 200 m, non è un canyon (una gola scavata dall’acqua), bensì una faglia geologica prodotta da forze tettoniche. In vari punti si può vedere come le venature della roccia su una parete siano speculari a quelle della parete opposta (potrete accorgervene più facilmente nei punti in cui il Siq si restringe fino a 2 m). Sono tuttora visibili gli antichi canali scavati nella pietra per portare l’acqua a Petra, e in alcuni punti ci sono ancora le condutture in terracotta risalenti a 2000 anni fa.

Alcuni storici ritengono che la funzione primaria del Siq fosse simile a quella della Via Sacra degli antichi greci e romani. Alcuni dei rituali più importanti che scandivano la vita spirituale di Petra iniziavano con una processione attraverso questa stretta gola, che rappresentava anche la meta finale dei pellegrini nabatei. Molte nicchie ancora oggi visibili lungo le pareti del Siq erano destinate a contenere sculture o rappresentazioni (chiamate baetyl) della più importante divinità nabatea, Dushara. Questi piccoli luoghi sacri avevano un valore simbolico per pellegrini e sacerdoti, preparandoli alla vista dei templi, delle tombe e dei santuari più elaborati che si trovavano nel cuore della città e ricordando loro che stavano lasciando il mondo esterno per varcare la soglia di quella che molti ritenevano una città sacra.

A un certo punto il Siq si apre rivelando una tomba squadrata accanto a un fico solitario. Un po’ più avanti, cercate sulla parete sinistra un’incisione erosa dal tempo raffigurante un cammello e un carovaniere. Il canale dell’acqua passa dietro l’incisione. Nel tratto successivo, le pareti sembrano quasi arrivare a toccarsi in alto, chiudendo fuori i rumori e la luce e accentuando il senso di attesa di un primo scorcio del Tesoro. È un’introduzione sublime alla Città Antica.

Cammelli riposano davanti al Tesoro ©Paul Biris/Getty Images

2 Tesoro

Nota localmente come Tesoro, questa è la tomba che più incanta i visitatori. La facciata ellenistica è un capolavoro di maestria. Sebbene scavato in una parete di arenaria ferrosa per ospitare la tomba del re nabateo Aretas III, il Tesoro deve il nome alla leggenda secondo la quale un faraone egizio nascose qui il suo tesoro (nell’urna sulla facciata) mentre inseguiva gli israeliti.

Alcuni abitanti del posto chiaramente dovettero credere a questa storia, visto che l’urna, alta 3,5 m, è crivellata di colpi di fucile. Come in tutti i monumenti di Petra scavati nella roccia, l’interno è disadorno. Il momento migliore per fotografare il Tesoro è tra le 9 e le 11 del mattino, quando la facciata è interamente esposta al sole.

3 Altura del Sacrifcio

È la più accessibile delle cosiddette ‘alture’ di Petra, costruita sulla cima del Jebel Madbah e munita di canali di scolo per far defluire il sangue degli animali sacrificati. V

Lasciatevi impressionare dagli obelischi, alti più di 6 m, scavati nella parete rocciosa e non costruiti sopra di essa: osservando lo spazio vuoto che li circonda, potrete farvi un’idea delle proporzioni epiche degli scavi che hanno comportato. Dedicati alle divinità nabatee Dushara e Al ‘Uzza, la loro pietra ricca di ferro luccica al sole ed essi appaiono come totem in questo territorio un tempo sacro.

La zona dell’altare comprende un grande triclinio rettangolare, dove i celebranti del sacrificio consumavano una cena comune. Al centro dell’Altura c’è un grande blocco di pietra preceduto da tre gradini. Si tratta di un motab, o deposito, dove si custodivano le statue delle divinità cui era dedicata la processione. Accanto a questo si trova l’altare circolare, cui si accede da altri tre gradini; i bacini in pietra situati lì vicino servivano per lavarsi e purificarsi.

Il fievole belato di una pecora o il tintinnio di una campanella al collo di una capra evocano l’antica scena – salvo che all’epoca a nessuna persona comune sarebbe stato consentito di entrare in questo luogo, il più sacro tra i siti sacri. Abbracciate con lo sguardo il magnifico panorama che si estende davanti a voi – ben al di sopra delle mortali vicende della città antica e di quella moderna – e capirete facilmente come mai questo sito dovesse sembrare più vicino al cielo che alla terra.

4 Tombe Reali

A valle del Teatro, il wadi si allarga creando un passaggio più ampio. A destra, il grande massiccio del Jebel Al Khubtha incombe sulla vallata. All’interno delle sue pareti rivolte a ovest sono scavati alcuni fra i più importanti luoghi di sepoltura di Petra, conosciuti collettivamente come “Tombe Reali”. Il sito è particolarmente spettacolare nel tardo pomeriggio, quando è immerso nella luce dorata del tramonto.

Alle Tombe Reali si accede salendo una scalinata che parte dal fondovalle, nei pressi del Teatro. Una bella escursione a piedi parte dalle Tombe Reali e sale fino ai numerosi luoghi di culto sulla cima livellata dell’Altura del Jebel Khubtha, da cui si gode una vista magnifica del Tesoro. La scalinata è chiaramente visibile tra la Tomba del Palazzo e la Tomba di Sesto Fiorentino.

Ad Deir (il Monastero) inciso nella roccia ©tenkl/Shutterstock

5 Monastero

Nascosto in alto fra le colline, il Monastero è uno dei monumenti leggendari di Petra. Fu costruito come tomba dai nabatei nel III secolo a.C. Il nome deriva dalle croci scolpite sulle pareti interne, che suggeriscono come la struttura sia stata adibita a chiesa in epoca bizantina. L’antico sentiero scavato nella pietra, costituito da oltre 800 gradini, parte dal Basin Restaurant e segue la via processionale.

Il chiosco di tè allestito in una grotta di fronte al Monastero è un buon punto di osservazione da cui ammirare la facciata ellenistica dell’edificio. Il cortile davanti al Monastero, dove si tenevano le cerimonie sacre, un tempo era circondato da colonne.

Dietro il chiosco di tè, la tomba n. 468 merita una visita per la bella facciata, i rilievi purtroppo rovinati e la splendida vista. Un sentiero sale ad alcuni punti panoramici da cui si godono vedute mozzafiato sul Wadi Araba, Israele e i Territori Palestinesi e verso sud fino alla cima del Jebel Haroun, sul quale sorge un piccolo santuario bianco.

6 Piccola Petra

Siq Al Barid (Gola Fredda), comunemente chiamata Piccola Petra, merita senz’altro una visita. Si pensa che fosse un centro agricolo, nonché una stazione commerciale e di rifornimento per le carovane di cammelli dirette a Petra. La zona circostante è suggestiva e interessante da esplorare, soprattutto perché comprende alcuni degli insediamenti più antichi al mondo, tra cui Al Beidha.

Scoprite anche i luoghi meno conosciuti, come la Tomba del Giardino ©trabantos/Getty Images

I migliori itinerari a Petra

Invece di tentare l’impresa di visitare superficialmente tutti i siti più importanti della Città Antica (il sistema migliore per sviluppare la sindrome da ‘rifiuto dei monumenti’), cercate di vivere Petra a modo vostro prendendovi del tempo per girare fra le tombe senza nome, fare un picnic all’ombra di oleandri in fiore o sorseggiare un tè vicino a una bancarella nel fondovalle, osservando gli altri che si affannano per ‘vedere tutto’.

I seguenti itinerari combinano alcuni dei siti imperdibili con esplorazioni fuori dai sentieri più battuti.

Mezza giornata (cinque ore)

Attraversate con calma il Siq, assorbendo la sua atmosfera particolare e assaporando il momento della rivelazione del Tesoro. Resistete alla tentazione di andare subito al Teatro; risalite invece la scalinata che vi porterà all’Altura del Sacricio. Fate una pausa per un tè all’Obelisco e poi imboccate il sentiero che si inoltra nel Wadi Farasa, ammirando i fiori selvatici e la Tomba del Giardino lungo il percorso. Il sentiero raggiunge la Strada Colonnata costeggiando formazioni rocciose dai molti colori. Se vi rimane un po’ di tempo, visitate le Tombe Reali, per poi ritornare a fondovalle per una chiacchierata con i venditori beduini per la ricerca della bottiglia di sabbia perfetta.

Una giornata (otto ore)

Trascorrete la mattinata seguendo l’itinerario precedente, ma portatevi il necessario per un pranzo al sacco. Dopo aver visitato le Tombe Reali, costeggiate il Qasr Al Bint e percorrete l’ampio wadi che conduce al Jebel Haroun fino a raggiungere il Monumento del Serpente, un posto ideale per uno spuntino e un riposino. Al ritorno visitate il Qasr Al Bint, ma risparmiate un po’ di energia per salire al Monastero, il coronamento perfetto di una visita a Petra.

Due giorni

Trascorrete la seconda giornata inerpicandovi lungo l’entusiasmante Wadi Muthlim (se aperto) e riprendete poi le forze con un barbecue al Basin Restaurant. Smaltite il pranzo esplorando la bellezza nascosta del Wadi Siyagh con le sue pozze d’acqua, prima di ritornare indietro lungo la Strada delle Facciate. Sedetevi vicino al Teatro per guardare il sole che tramonta sulle Tombe Reali di fronte a voi, lo spettacolo più affascinante di Petra.

Il sito di Petra ©Justin Foulkes/Lonely Planet

Fonte: lonelyplanetitalia.it

IL MINISTRO DEL TURISMO DELLA REPUBBLICA DOMINICANA FINALIZZA I DETTAGLI PER IL PIANO DI RIPRESA DEL SETTORE TURISTICO

Dal 15 settembre, i visitatori stranieri avranno un piano gratuito di protezione e assistenza, mentre gli aeroporti applicheranno solo test casuali ai visitatori di Santo Domingo a partire dal 7 settembre 2020

– Il Ministro del Turismo della Repubblica Dominicana, David Collado, ha annunciato che sta lavorando insieme a diversi settori negli ultimi dettagli prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni sanitarie e protocolli del Piano di recupero del turismo responsabile, pronto per essere attuato da questo 15 settembre. Allo stesso modo, il ministro ha espresso che l’entità che guida ha lavorato di pari passo con il settore privato, le autorità sanitarie e altri settori nella rivolta degli ospedali situati nei principali centri turistici del Paese, verificando la disponibilità di posti letto e le loro condizioni, al fine di confermare la logistica per la gestione dei potenziali visitatori infetti e con sintomi di COVID-19. A causa dell’entrata in vigore del nuovo piano già annunciato, i turisti che arrivano nella Repubblica Dominicana non dovranno più presentare un test PCR dei risultati negativi effettuati prima dell’ingresso nel Paese. Invece, saranno in corso test non invasivi casuali, usando il respiro per la diagnosi.

– Inoltre, i visitatori stranieri che entrano nel Paese dal 15 settembre al 31 dicembre 2020 avranno un piano di assistenza ai viaggi consegnato al check-in presso l’hotel, che è coperto da un possibile contagio COVID-19.

“Il piano di ripresa del turismo include misure che nessun Paese nella regione ha attualmente”, ha detto il ministro Collado. Inoltre, il Ministero della Sanità pubblica inizierà dal 15 settembre la pubblicazione di una relazione sullo stato di contagio e la letalità del COVID-19 specializzato per i poli turistici, che presentano una situazione molto controllata fino ad oggi. È importante notare che oggi il Paese mantiene molti degli indicatori più favorevoli in tutta la regione rispetto alla pandemia. Con queste misure, il Ministero del Turismo riafferma il suo impegno a garantire la sicurezza e la fiducia dei turisti che sono attratti dalla bellezza e dal fascino che ha da offrire loro la Repubblica Dominicana.

Fonte: Ufficio Turismo Repubblica Dominicana –  Italia

Petra, la magnifica Città Antica seminascosta nel paesaggio spazzato dal vento della Giordania meridionale, è uno dei più celebri siti dichiarati dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. Proclamata una delle ‘Sette Nuove Meraviglie del Mondo’ da un sondaggio popolare nel 2007, oggi i visitatori sono accolti sia dai beduini che ancora considerano Petra la propria casa, sia dagli abitanti della vicina Wadi Musa, le cui strutture contribuiscono a rendere piacevole un’escursione di diversi giorni alla Città Antica

A Petra c’è molto da vedere e per organizzare al meglio il vostro soggiorno in questa città mitica, abbiamo raccolto tutte le informazioni principali e i consigli dei nostri esperti.

Il tesoro visto dal Siq a Petra©Iwanami Photos/Shutterstock

Il meglio di Petra

1 Siq

Lungo 1,2 km, il Siq, o gola, con le sue strette pareti verticali è una delle attrattive principali di Petra. Il percorso attraverso questo passaggio suggestivo, che serpeggia verso la città nascosta, anticipa le meraviglie che attendono il visitatore più avanti. I nabatei, che avevano compreso appieno il valore di questa funzione preparatoria, ne fecero una via sacra, punteggiata di siti di rilevanza spirituale.

Il Siq comincia in prossimità di un grande ponte. Sulla destra, il Wadi Muthlim si snoda attraverso una galleria nabatea. L’ingresso del Siq un tempo era sormontato da un arco monumentale nabateo. Molte persone percorrono in fretta il Siq, impazienti di arrivare a Petra. È un peccato, perché questo corridoio di pietra ha un fascino che merita di essere scoperto, e più tempo si impiega ad attraversarlo più si assapora il momento finale dell’arrivo.

Tecnicamente il Siq, con le sue pareti alte 200 m, non è un canyon (una gola scavata dall’acqua), bensì una faglia geologica prodotta da forze tettoniche. In vari punti si può vedere come le venature della roccia su una parete siano speculari a quelle della parete opposta (potrete accorgervene più facilmente nei punti in cui il Siq si restringe fino a 2 m). Sono tuttora visibili gli antichi canali scavati nella pietra per portare l’acqua a Petra, e in alcuni punti ci sono ancora le condutture in terracotta risalenti a 2000 anni fa.

Alcuni storici ritengono che la funzione primaria del Siq fosse simile a quella della Via Sacra degli antichi greci e romani. Alcuni dei rituali più importanti che scandivano la vita spirituale di Petra iniziavano con una processione attraverso questa stretta gola, che rappresentava anche la meta finale dei pellegrini nabatei. Molte nicchie ancora oggi visibili lungo le pareti del Siq erano destinate a contenere sculture o rappresentazioni (chiamate baetyl) della più importante divinità nabatea, Dushara. Questi piccoli luoghi sacri avevano un valore simbolico per pellegrini e sacerdoti, preparandoli alla vista dei templi, delle tombe e dei santuari più elaborati che si trovavano nel cuore della città e ricordando loro che stavano lasciando il mondo esterno per varcare la soglia di quella che molti ritenevano una città sacra.

A un certo punto il Siq si apre rivelando una tomba squadrata accanto a un fico solitario. Un po’ più avanti, cercate sulla parete sinistra un’incisione erosa dal tempo raffigurante un cammello e un carovaniere. Il canale dell’acqua passa dietro l’incisione. Nel tratto successivo, le pareti sembrano quasi arrivare a toccarsi in alto, chiudendo fuori i rumori e la luce e accentuando il senso di attesa di un primo scorcio del Tesoro. È un’introduzione sublime alla Città Antica.

Cammelli riposano davanti al Tesoro ©Paul Biris/Getty Images

2 Tesoro

Nota localmente come Tesoro, questa è la tomba che più incanta i visitatori. La facciata ellenistica è un capolavoro di maestria. Sebbene scavato in una parete di arenaria ferrosa per ospitare la tomba del re nabateo Aretas III, il Tesoro deve il nome alla leggenda secondo la quale un faraone egizio nascose qui il suo tesoro (nell’urna sulla facciata) mentre inseguiva gli israeliti.

Alcuni abitanti del posto chiaramente dovettero credere a questa storia, visto che l’urna, alta 3,5 m, è crivellata di colpi di fucile. Come in tutti i monumenti di Petra scavati nella roccia, l’interno è disadorno. Il momento migliore per fotografare il Tesoro è tra le 9 e le 11 del mattino, quando la facciata è interamente esposta al sole.

3 Altura del Sacrifcio

È la più accessibile delle cosiddette ‘alture’ di Petra, costruita sulla cima del Jebel Madbah e munita di canali di scolo per far defluire il sangue degli animali sacrificati. V

Lasciatevi impressionare dagli obelischi, alti più di 6 m, scavati nella parete rocciosa e non costruiti sopra di essa: osservando lo spazio vuoto che li circonda, potrete farvi un’idea delle proporzioni epiche degli scavi che hanno comportato. Dedicati alle divinità nabatee Dushara e Al ‘Uzza, la loro pietra ricca di ferro luccica al sole ed essi appaiono come totem in questo territorio un tempo sacro.

La zona dell’altare comprende un grande triclinio rettangolare, dove i celebranti del sacrificio consumavano una cena comune. Al centro dell’Altura c’è un grande blocco di pietra preceduto da tre gradini. Si tratta di un motab, o deposito, dove si custodivano le statue delle divinità cui era dedicata la processione. Accanto a questo si trova l’altare circolare, cui si accede da altri tre gradini; i bacini in pietra situati lì vicino servivano per lavarsi e purificarsi.

Il fievole belato di una pecora o il tintinnio di una campanella al collo di una capra evocano l’antica scena – salvo che all’epoca a nessuna persona comune sarebbe stato consentito di entrare in questo luogo, il più sacro tra i siti sacri. Abbracciate con lo sguardo il magnifico panorama che si estende davanti a voi – ben al di sopra delle mortali vicende della città antica e di quella moderna – e capirete facilmente come mai questo sito dovesse sembrare più vicino al cielo che alla terra.

4 Tombe Reali

A valle del Teatro, il wadi si allarga creando un passaggio più ampio. A destra, il grande massiccio del Jebel Al Khubtha incombe sulla vallata. All’interno delle sue pareti rivolte a ovest sono scavati alcuni fra i più importanti luoghi di sepoltura di Petra, conosciuti collettivamente come “Tombe Reali”. Il sito è particolarmente spettacolare nel tardo pomeriggio, quando è immerso nella luce dorata del tramonto.

Alle Tombe Reali si accede salendo una scalinata che parte dal fondovalle, nei pressi del Teatro. Una bella escursione a piedi parte dalle Tombe Reali e sale fino ai numerosi luoghi di culto sulla cima livellata dell’Altura del Jebel Khubtha, da cui si gode una vista magnifica del Tesoro. La scalinata è chiaramente visibile tra la Tomba del Palazzo e la Tomba di Sesto Fiorentino.

Ad Deir (il Monastero) inciso nella roccia ©tenkl/Shutterstock

5 Monastero

Nascosto in alto fra le colline, il Monastero è uno dei monumenti leggendari di Petra. Fu costruito come tomba dai nabatei nel III secolo a.C. Il nome deriva dalle croci scolpite sulle pareti interne, che suggeriscono come la struttura sia stata adibita a chiesa in epoca bizantina. L’antico sentiero scavato nella pietra, costituito da oltre 800 gradini, parte dal Basin Restaurant e segue la via processionale.

Il chiosco di tè allestito in una grotta di fronte al Monastero è un buon punto di osservazione da cui ammirare la facciata ellenistica dell’edificio. Il cortile davanti al Monastero, dove si tenevano le cerimonie sacre, un tempo era circondato da colonne.

Dietro il chiosco di tè, la tomba n. 468 merita una visita per la bella facciata, i rilievi purtroppo rovinati e la splendida vista. Un sentiero sale ad alcuni punti panoramici da cui si godono vedute mozzafiato sul Wadi Araba, Israele e i Territori Palestinesi e verso sud fino alla cima del Jebel Haroun, sul quale sorge un piccolo santuario bianco.

6 Piccola Petra

Siq Al Barid (Gola Fredda), comunemente chiamata Piccola Petra, merita senz’altro una visita. Si pensa che fosse un centro agricolo, nonché una stazione commerciale e di rifornimento per le carovane di cammelli dirette a Petra. La zona circostante è suggestiva e interessante da esplorare, soprattutto perché comprende alcuni degli insediamenti più antichi al mondo, tra cui Al Beidha.

Scoprite anche i luoghi meno conosciuti, come la Tomba del Giardino ©trabantos/Getty Images

I migliori itinerari a Petra

Invece di tentare l’impresa di visitare superficialmente tutti i siti più importanti della Città Antica (il sistema migliore per sviluppare la sindrome da ‘rifiuto dei monumenti’), cercate di vivere Petra a modo vostro prendendovi del tempo per girare fra le tombe senza nome, fare un picnic all’ombra di oleandri in fiore o sorseggiare un tè vicino a una bancarella nel fondovalle, osservando gli altri che si affannano per ‘vedere tutto’.

I seguenti itinerari combinano alcuni dei siti imperdibili con esplorazioni fuori dai sentieri più battuti.

Mezza giornata (cinque ore)

Attraversate con calma il Siq, assorbendo la sua atmosfera particolare e assaporando il momento della rivelazione del Tesoro. Resistete alla tentazione di andare subito al Teatro; risalite invece la scalinata che vi porterà all’Altura del Sacricio. Fate una pausa per un tè all’Obelisco e poi imboccate il sentiero che si inoltra nel Wadi Farasa, ammirando i fiori selvatici e la Tomba del Giardino lungo il percorso. Il sentiero raggiunge la Strada Colonnata costeggiando formazioni rocciose dai molti colori. Se vi rimane un po’ di tempo, visitate le Tombe Reali, per poi ritornare a fondovalle per una chiacchierata con i venditori beduini per la ricerca della bottiglia di sabbia perfetta.

Una giornata (otto ore)

Trascorrete la mattinata seguendo l’itinerario precedente, ma portatevi il necessario per un pranzo al sacco. Dopo aver visitato le Tombe Reali, costeggiate il Qasr Al Bint e percorrete l’ampio wadi che conduce al Jebel Haroun fino a raggiungere il Monumento del Serpente, un posto ideale per uno spuntino e un riposino. Al ritorno visitate il Qasr Al Bint, ma risparmiate un po’ di energia per salire al Monastero, il coronamento perfetto di una visita a Petra.

Due giorni

Trascorrete la seconda giornata inerpicandovi lungo l’entusiasmante Wadi Muthlim (se aperto) e riprendete poi le forze con un barbecue al Basin Restaurant. Smaltite il pranzo esplorando la bellezza nascosta del Wadi Siyagh con le sue pozze d’acqua, prima di ritornare indietro lungo la Strada delle Facciate. Sedetevi vicino al Teatro per guardare il sole che tramonta sulle Tombe Reali di fronte a voi, lo spettacolo più affascinante di Petra.

Il sito di Petra ©Justin Foulkes/Lonely Planet

Fonte: lonelyplanetitalia.it

I talismani di buon auspicio – i “gatti della fortuna” giapponesi, gli scarabei egizi e tanti altri – sono souvenir densi di significato e simboli di speranza

Il trifoglio (shamrock) in Irlanda, il cavallo colorato dala in Svezia, il rospo dorato cinese, lo scarabeo egizio. Qualsiasi sia il modo in cui vengono usati – tenuti in mano, portati al collo oppure appesi vicino alla porta d’ingresso di casa – si ritiene che questi talismani o amuleti possano fornire una qualche “scorciatoia” verso un futuro migliore, e una protezione contro gli spiriti maligni o le forze oscure in generale.

Naturalmente, non ci sono prove che tali oggetti, che i viaggiatori comunemente si portano a casa come souvenir, funzionino davvero. Ma questi simboli culturali sono fonte di conoscenze e fascino. Alcuni di questi oggetti totemici trovano le loro origini nella fede (il Buddha nell’Asia sudorientale), altri derivano dalla tradizione (i geometrici amuleti colorati contro il malocchio appesi sopra le porte dei granai nelle comunità Amish degli Stati Uniti).

Ma tutti esprimono allo stesso tempo l’unicità del luogo a cui appartengono e l’universalità della natura umana. “Il fatto che siano presenti in ogni cultura e in ogni tempo dimostra quanto il concetto di fortuna e la superstizione siano radicati nel nostro DNA”, afferma Richard Wiseman, professore di psicologia presso la University of Hertfordshire e autore di Fattore Fortuna.

Simboli di sicurezza

In tempi di difficoltà o di dubbio, molti di noi si rivolgono a un portafortuna. “L’uomo diventa superstizioso quando deve affrontare l’incertezza delle sue prestazioni, come succede agli atleti o agli attori”, afferma Wiseman. “Viviamo in tempi molto incerti”, aggiunge. Quando le cose si fanno difficili, l’uomo cerca qualcosa che possa far sperare in giorni migliori. Le “zampe di coniglio” erano diffuse durante il periodo della Depressione, i piloti di caccia della Seconda guerra mondiale volavano spesso con dei dadi portafortuna.

Nella parte rurale del Perù, i torito de pucará in argilla rappresentano l’equilibrio tra il bene e il male nell’universo. Sono comunemente fissati ai tetti delle case per proteggere la vita della famiglia.

Se provate a leggere le notizie di tutto il mondo, vedrete come ovunque si sia ricorsi a questi frammenti di speranza, durante la crisi causata dal coronavirus. In alcune parti dell’Indonesia, si fanno le tetek melek, maschere tradizionali realizzate con fronde di palma da cocco, che vengono appese sopra le porte per scongiurare i pericoli. Il presidente messicano Andréa Manuel López Obrador ha perfino brandito diversi suoi amuleti durante una conferenza stampa sulla pandemia, in primavera.

Le popolazioni del Messico e dell’America centrale da lungo tempo cercano conforto nei milagros (miracoli). Questi piccoli ciondoli di metallo presenti nelle chiese così come nei negozi di souvenir, spesso raffigurano parti del corpo o creature che hanno bisogno di essere guarite o hanno bisogno di un intervento divino. Il loro significato può variare dal letterale al figurato: il milagro di un braccio potrebbe essere utilizzato per guarire il gomito del tennista o per diventare più forti, un ciondolo raffigurante un cane potrebbe servire per mantenere in salute il nostro amico a quattro zampe.

Piccoli oggetti lucenti sono spesso incastonati in piccoli cuori sacri in legno o in metallo (corazón). Simboli diffusi sia di fede cattolica che di amore romantico, si dice che i cuori sacri proteggano chi li possiede da infarti o malattie cardiache. Nella coloniale San Miguel de Allende, nel Messico centrale, il corazón è il simbolo della città e allo stesso tempo un souvenir onnipresente da appendere al muro, venduto ricoperto di milagro, in versione découpage con l’effige di Frida Kahlo oppure fatto di stagno.

L’occhio di Allah e la mano di Fatima

Gli oggetti apotropaici, simboli che allontanano gli spiriti maligni, accompagnano l’uomo da migliaia di anni. Tra i più antichi troviamo l’occhio di Allah, quelle riproduzioni simboliche di un occhio al centro di cerchi bianchi e blu che troviamo in grandissima quantità nei bazar e nei suq delle regioni mediterranee e arabe. Si suppone che protegga dalla cattiva sorte, o meglio dal malocchio, un concetto che risale a circa 5.000 anni fa ai Sumeri della valle dell’Eufrate.

In Turchia e in altre parti del mondo islamico, quest’occhio “sbarrato” è ovunque, che ti fissa dalle ciotole, dai braccialetti e persino dagli zerbini. Decenni fa a Istanbul, ricordo di aver acquistato un ciondolo con l’occhio di Allah (nazar boncuğu) in porcellana blu. Lo vedevo come un bel ciondolo e al tempo ne ignoravo il vero significato. Che abbia reso il mio viaggio più sicuro?

Un altro antico amuleto della Via della Seta è la hamsa, che abbonda nei mercati dal Marocco a Israele. Questo grazioso palmo di mano, che gli ebrei chiamano Mano di Miriam e i musulmani Mano di Fatima, può essere realizzato in ottone, stagno, smalto e altri materiali. Può andare su collane, arazzi, battiporta, tazze da caffè e su candele intese per essere protettive.

“Molte di queste tradizioni e credenze non sono solo marocchine o musulmane o arabe, ma piuttosto universali. Seguono le vie dei commercianti, nel modo in cui le persone condividevano la cultura”, afferma Maryam Montague, collezionista e imprenditrice irano-americana di Marrakesh, in Marocco. Parlando via Zoom dal Peacock Pavilions, l’hotel che gestisce, mi mostra una serie di amuleti provenienti da Mali, Marocco, Afghanistan, e altri luoghi. Alcuni sono stati incorporati negli interni bohémien della sua proprietà, altri sono personali.

Gli amuleti possono anche essere astratti o avere forme meno riconoscibili, come ad esempio l’occhio di Allah rappresentato da motivi triangolari su un tappeto o da specchi di forma rotonda su un arazzo. Oppure, afferma Montague, una hamsa invece che come mano intera può essere resa come raggruppamento di figure che rappresentano le cinque dita: cinque punti dipinti su un piatto di vetro, cinque conchiglie cauri fissate su un amuleto di pelle. Montague mi ha aiutato a capire che una sciarpa che ho comprato in Afghanistan anni fa, ricoperta di paillettes, potrebbe avere più significati di quanto pensassi.

Prova a immergerti nell’arte popolare e nei manufatti di un Paese, afferma Montague, e vedrai quanti “strati di magia” ti circondano.

Creature portafortuna

In tutto il mondo si crede nelle creature di buon auspicio: gli elefanti portafortuna in Tailandia (che si trovano come souvenir sotto forma di borse, collane o magliette) i protettivi torito de pucará (tori di ceramica) che adornano molti tetti nel Perù rurale e in Bolivia.

Un omamori, un sacchetto di seta che contiene preghiere, appeso vicino a un tempio a Nagono, in Giappone

Un giorno, se sarò abbastanza fortunata da visitare il Giappone, forse uno di quei piccoli “gatti della fortuna”, i maneki-neko, mi saluterà all’entrata di un ristorante o di un negozio. Sono pensati per attrarre i clienti e portare benessere e fortuna. A me sembra che il movimento della zampa sia un saluto di commiato, invece pare che nella cultura giapponese sia un cenno di richiamo.

Si trovano facilmente come souvenir, ma i veri amanti dei gatti possono immergersi nel mondo dei maneki-neko tra biscotti, tazze, scacciapensieri e portachiavi a forma di gatto. Invece, comprerò alcuni omamori, piccoli sacchetti in broccato di seta che contengono preghiere, venduti nei santuari shintoisti giapponesi e nei templi buddisti.

Atti di fede

In molti Paesi, si pensa che i rituali possano influenzare la fortuna. In Inghilterra, alcuni pronunciano la parola “coniglio” il primo giorno di ogni mese non appena svegli. I serbi potrebbero versare acqua dietro qualcuno durante un viaggio o un colloquio di lavoro. La vigilia di Capodanno, gli spagnoli indossano biancheria intima rossa e mangiano dodici chicchi d’uva allo scoccare della mezzanotte, presumibilmente come buon auspicio per 12 mesi di buona fortuna.

I miei amici spagnoli raccontano delle tecniche che usano per riuscire a mangiare i 12 chicchi in un baleno: preparandoli in anticipo, togliendo semi e buccia. Ho vissuto in Russia per anni, e i loro gesti scaramantici mi hanno un po’ contagiata. A volte mi ritrovo a bussare sul legno o a far finta di sputarmi sulla spalla.  Qualsiasi gesto o amuleto appartenga a una cultura per invocare il bene e respingere il male, il suo potere sembra risiedere nella mente dell’osservatore.

“In una serie di esperimenti, i ricercatori hanno chiesto ai soggetti coinvolti di risolvere degli anagrammi, superare delle prove come andare in buca a golf, ecc., sia con che senza i loro portafortuna preferiti”, afferma Wiseman. “Le persone hanno ottenuto punteggi maggiori quando avevano con sé i propri amuleti. L’idea è che questi portafortuna riducano l’ansia e quindi favoriscano le prestazioni”.

Wiseman ha un oggetto portafortuna? La sua risposta sembra essere un po’ superstiziosa: “Ahimè, veramente no”, afferma “lo svantaggio di avere un portafortuna è che puoi diventare ansioso se lo perdi”.  Ma un talismano può essere anche un ricordo tangibile di una cultura conosciuta, di un viaggio sognato, prima, durante e molto dopo che è stato vissuto.

In Marocco, poco prima della crisi del coronavirus, Montague è andata a Essaouira, città sulla costa, dove ha preso un antico anello berbero per suo figlio, che va all’università. Era una moneta d’argento tenuta da due piccole mani di metallo. Sebbene fosse più interessante che bello — ammaccato, pesante, graffiato e abbastanza consumato — il mercante che glielo ha venduto ha insistito sul fatto che avrebbe portato fortuna.

“Compriamo le cose esclusivamente per la loro bellezza piuttosto che per il loro scopo o significato”, afferma. Suo figlio, comunque, porta l’anello e le cose gli vanno molto bene: “ha preso il massimo dei voti agli esami!”.

Fuori dalla Cappadocia, in Turchia, un albero decorato con amuleti contro il malocchio in vetro blu. Questi simboli contro la sfortuna sono esposti (e venduti) in tutto il Paese

Fonte: nationalgeographic.it


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