Il basso costo della vita, gli ottimi servizi a standard occidentali, la sua indiscutibile bellezza e quiete ed il fatto che si può visitarla in completa autonomia semplicemente affittando un motorino e girando liberamente per l’isola, fa di Koh Phanganun luogo da visitare assolutamente durante il vostro viaggio in Thailandia.

Thong Nai Pan Bay è la più grande delle baie di Koh Phangan, molto scenografica e ben protetta dalle onde, al suo interno il mare è quasi sempre calmo. Tra tutte le baie dell’isola è quella che forse assicura il miglior mix tra bella spiaggia, varietà di alberghi e ristoranti e possibilità di fare belle escursioni.

Le spiagge sono due, Thong Nai Pan Noi e Thong Nai Pan Yai, una simile all’altra. La prima è più piccola e con pochi resort, quasi tutti di livello medio-alto. La seconda è più lunga e movimentata ed offre maggiori scelte sia riguardo agli hotel che ai ristoranti; bella, ampia, perfetta per nuotare. La sabbia è bianca e fine, il fondo del mare un velluto. A parte la piacevolezza e la tranquillità del posto la cosa che più si apprezza di Thong Nai Pan è la posizione ottimale per fare escursioni. Due delle spiagge più belle e caratteristiche dell’isola sorgono a soli 15/20 minuti di barca, la Bottle Beach a nord e Thaan Sadet poco a sud. Il modo più comodo per arrivare da Haad Rin o Thong Sala è il taxi o in minibus: la strada è ormai quasi tutta asfaltata ed attraversa la giungla.

Fonte: turismothailandese.it

L’intenzione della compagnia è di operare almeno mille voli giornalieri, ripristinando così il 90% del proprio network

Ryanair ha annunciato che riprenderà a volare a partire dal Primo luglio. Se tutto andrà bene, naturalmente, ovvero se le restrizioni sui voli all’interno dell’Unione europea non saranno revocate e se saranno messe in atto efficaci misure sanitarie negli aeroporti.

L’intenzione della compagnia è di operare almeno mille voli giornalieri, ripristinando così il 90% del proprio network precedente alla pandemia di Coronavirus. A causa delle restrizioni imposte a metà marzo per via del Covid-19, infatti, Ryanair ha ridotto drasticamente il numero di voli: ne sono rimasti solamente 30 a collegare Irlanda, Regno Unito ed Europa.

Da luglio, invece, ricomincerà a volare dalla maggior parte delle 80 basi in cui opera in Europa. Sono previsti voli giornalieri o settimanali sulle principali tratte in modo da tornare a coprirle tutte, anziché operare un servizio ad alta frequenza solo su un numero ridotto di tratte.

Quali sono le rotte dall’Italia

Le rotte operate da Ryanair a partire dall’1 luglio saranno praticamente tutte, assicura la compagnia. Per fare qualche esempio: da Milano Malpensa partiranno voli per Londra, Madrid, Tenerife, Malaga, Bruxelles, Valencia, Alicante, Siviglia. Da Bergamo Orio al Serio che ha appena riaperto decolleranno voli per Londra, Barcellona, Berlino, Ibiza, Malta, Dublino, Madrid, Valencia, Bruxelles. Anche da Roma Fiumicino partiranno i voli per la Spagna con Barcellona, Ibiza, Siviglia, Alicante e Malaga, ma anche per Marsiglia, Vienna e Bruxelles e da Ciampino ci saranno voli verso Londra, Atene, Berlino, Dublino, Marrakech e altre destinazioni ancora da tutti gli scali italiani dove la compagnia solitamente vola.

Come si volerà sugli aerei Ryanair

Naturalmente volare non sarà più facile come prima. Anche la compagnia irlandese ha adottato alcune regole comportamentali che tutti coloro che prenderanno un suo aereo dovranno osservare, a partire dalle misure sanitarie richieste al fine di limitare la diffusione del virus.

Queste misure includono un numero ridotto di bagagli registrati, il check-in online, il download della carta di imbarco sullo smartphone nonché il controllo della temperatura all’ingresso in aeroporto e l’utilizzo di mascherine o di altre coperture facciali in ogni momento del viaggio, sia nel terminal sia a bordo dell’aeromobile.

A bordo degli aerei, la compagnia assicura che tutti gli aeromobili sono dotati di filtri HEPA (simili a quelli utilizzati nelle aree critiche degli ospedali) e tutte le superfici interne saranno disinfettate ogni notte con prodotti chimici con un’efficacia superiore alle 24 ore.

Per quanto riguarda il distanziamento sociale, fatto che il numero uno di Ryanair, Michael O’Leary si era inizialmente rifiutato di applicare, la compagnia in una nota ha fatto sapere che “negli aeroporti e a bordo degli aeromobili è fortemente consigliato laddove possibile“.

A bordo degli aeromobili, anche l’equipaggio indosserà mascherine o altri tipi di coperture facciali; saranno proibite le file per le toilette e vi si potrà accedere individualmente e solo su richiesta (sarà un po’ come tornare a scuola).

Per il resto, non cambierà molto rispetto al servizio che già Ryanair offriva ai propri passeggeri: sarà effettuato un servizio di bordo limitato che comprenderà bevande e snack pre-confezionati e tutte le transazioni avverranno senza l’utilizzo di contanti.

Misure estive straordinarie

Come misura sanitaria temporanea, invece, in attesa che i singoli Stati dell’Ue dichiarino la fine dei rispettivi lockdown, Ryanair chiederà ai passeggeri che voleranno nei mesi di luglio e agosto di compilare dettagliatamente (al momento del check-in) le informazioni relative alla durata della visita e l’indirizzo in cui alloggeranno durante il soggiorno. Tali informazioni saranno fornite ai governi al fine di supportarli nelle attività di monitoraggio.

Fonte: siviaggia.it

Inebriante cocktail di storia, cultura e natura inviolata

Le Isole Banda – un remoto arcipelago indonesiano ricoperto dalla giungla e da piantagioni di spezie, con spiagge candide, un mare cristallino e barriere coralline incontaminate – furono le prime a essere colonizzate dagli europei.

Da Ambon volate fino a Bandaneira, il centro amministrativo, e passeggiate nei viali alberati ammirando le vestigia coloniali, poi con una barca a noleggio raggiungete le isole esterne, dove vi attendono spiagge incantevoli, avventure sottomarine tra i coralli e villaggi dove la vita scorre lenta e piacevole.

Il remoto arcipelago delle Isole Banda ©Fabio Lamanna/Shutterstock

Con il suo meraviglioso insieme di bellezze naturali e spirito caloroso e ospitale, e con una storia affascinante ancora palpabile, questo remoto arcipelago costituito da 10 isole non è soltanto la meta prediletta dai viaggiatori stranieri che si spingono fino a Maluku, ma è anche una delle località più suggestive di tutta l’Indonesia. Di particolare interesse e bellezza sono le pareti sottomarine ricoperte da una miriade di coralli multicolori, che offrono magnifiche opportunità agli appassionati sia di snorkelling sia di immersioni. Le isole centrali – Pulau Neira e Pulau Banda Besar (la grande isola della noce moscata) – dispiegano le loro affascinanti linee costiere a forma di mezzaluna intorno alla versione tropicale in scala ridotta del Monte Fuji, vale a dire il Gunung Api.

Le isole più esterne di Hatta, Ai e Neilaka vantano spiagge da cartolina ancora completamente incontaminate, mentre Run, con la sua radiosa bellezza e il suo tormentato territorio calcareo cosparso di alberi di noce moscata e di chiodi di garofano, è una sorta di promemoria della storia locale. Per raggiungere l’arcipelago occorre del tempo, ma grazie al nuovo servizio di imbarcazioni veloci con partenza da Ambon (oltre ai collegamenti comunque presenti nella stagione secca) e al progetto di aprire un nuovo aeroporto, le Isole Banda stanno diventando più accessibili, e in un futuro non molto lontano probabilmente accoglieranno un maggior numero di visitatori. Il nostro suggerimento, pertanto, è di andarci adesso, prima che lo facciano tutti.

Le Isole Banda sono una delle località più suggestive di tutta l’Indonesia ©Croesej/Getty Images

Bandaneira

La piccola Bandaneira, su Pulau Neira, è il porto principale e il centro amministrativo delle Isole Banda. Ai tempi della colonizzazione olandese i perkeniers finirono praticamente sul lastrico per mantenere uno stile di vita europeo anche quando, con la perdita del monopolio nel commercio della noce moscata, non erano più in grado di sostenerlo. Oggi, lungo le vie silenziose e piene di fiori di Bandaneira si possono ancora vedere diversi edifici di epoca coloniale. Nel complesso si tratta di un luogo affascinante, ideale per vagare senza meta ammirando le residenze d’epoca olandese ormai cadenti, contemplare rovine e osservare le imponenti figure formate dalle nuvole sulla vetta del Gunung Api, per poi magari imbattersi in un antico cannone che giace in mezzo a un prato.

Che cosa vedere

Diversi edifici risalenti al periodo coloniale olandese sono stati restaurati. Se riuscite a entrare (bussate e sperate che qualcuno venga ad aprirvi la porta), gran parte del divertimento della visita sarà costituito dalle interessanti storie di vita dei custodi, solitamente settuagenari, i quali presumeranno che la vostra conoscenza del bahasa indonesia sia sufficiente da consentirvi di comprendere quanto vi viene raccontato. È buona norma lasciare un’offerta.

Il vulcano Gunung Api ©javarman/Shutterstock

Pulau Gunung Api

Alto appena 656 metri, questo temibile vulcano ha sempre rappresentato una minaccia molto seria per gli abitanti di Bandaneira, Banda Besar e per chiunque abbia tentato di coltivare le sue fertili pendici. L’eruzione più recente provocò nel 1998 la morte di tre persone, distrusse oltre 300 abitazioni e riempì per giorni il cielo di uno spesso strato di ceneri. In passato, le eruzioni del Gunung Api sono state spesso presagi sinistri e puntuali di un’invasione imminente da parte degli europei.

Le acque che circondano il Gunung Api sono dimora di sgargianti ascidie viola e arancione, coralli laminari in rapida crescita, tartarughe liuto e un numero considerevole di serpenti marini (in gran parte innocui). Tra i siti migliori per dedicarsi allo snorkelling e alle immersioni su fondali poco profondi figurano le colate di lava sommerse (‘New Lava’) situate lungo la costa settentrionale.

Il vulcano attivo Gunung Api può essere scalato per ammirare dalla sua vetta un panorama mozzafiato (particolarmente al sorgere del sole); il percorso richiede due o tre ore se si è in buone condizioni fisiche, ma il sentiero è scosceso e impegnativo e il ghiaione molto insidioso in discesa. Portate con voi un’abbondante scorta di acqua e non incamminatevi se il terreno è bagnato. Alcune guide si offrono di accompagnare gli escursionisti, ma va detto che il percorso da seguire è molto chiaro. Il conducente della barca con cui arriverete vi porterà all’inizio del sentiero.

Pulau Banda Besar

La collinosa Banda Besar è l’isola più grande dell’arcipelago e può costituire una meta fantastica per un’escursione in giornata; inoltre, offre la possibilità di visitare la Piantagione Kelly, dove i secolari alberi kenari, rinforzati da appositi sostegni, si ergono a protezione di una coltivazione di noce moscata. A Banda Besar si trova anche la Piantagione Van den Broeke, nota per essere stata l’ultima piantagione di proprietà olandese delle Isole Banda fino al 1998-99, quando il suo proprietario rimase vittima di un sanguinoso scontro.

Le imbarcazioni provenienti da Bandaneira approdano a Walang: da qui, proseguendo per 25 minuti a piedi in direzione ovest si raggiunge Lonthoir, il villaggio più grande dell’isola. Una lunga scalinata che parte dalle spalle della Masjid Al Taqwa, la moschea di Lonthoir, conduce alla Piantagione Kelly e al Benteng Hollandia. Nella parte nord-occidentale di Banda Besar, in posizione appartata a pochi passi dal villaggio di Selamon, si trova la spiaggia di sabbia bianca di Timbararu, con ottime opportunità per lo snorkelling. Ci sono splendidi punti per lo snorkelling anche al largo della costa orientale, ma occorre raggiungerli in barca.

L’arcipelago offre magnifiche opportunità agli appassionati di snorkelling ©Fabio Lamanna/Shutterstock

Pulau Hatta

Straordinaria isola a forma di disco volante, ammantata da vaste distese di giungla e orlata da spiagge di sabbia bianca, Pulau Hatta è una delle mete più apprezzate delle Isole Banda, grazie alle sue acque limpide e alle barriere coralline ricche di vita marina. Poco più al largo della splendida spiaggia di Kampung Lama, dove si concentrano le strutture ricettive dell’isola, un ‘ponte’ sottomarino naturale crea una magnifica breccia azzurra che sovrasta una parte della straordinaria parete verticale subacquea di Pulau Hatta. Foreste di delicati coralli morbidi, insieme a giganteschi coralli laminari e coralli a felce, nugoli di pesci del reef e una visibilità eccellente contribuiscono a rendere questo tratto di mare il sito migliore di tutte le Isole Banda in cui dedicarsi allo snorkelling. Qui potrete facilmente osservare tartarughe liuto, squali del reef, pesci balestra e un numero apparentemente infinito di altre specie.

Foreste di coralli, nugoli di pesci del reef e una visibilità eccellente rendono speciali i fondali delle Isole Banda ©Alex-Lindbloom/Getty Images

Pulau Ai

L’attrattiva principale di questa isola è costituita dalla possibilità di praticare lo snorkelling o le immersioni vicino a splendidi fondali corallini incontaminati situati poco al largo e accessibili con estrema facilità. Nel mare davanti al villaggio c’è sempre moltissimo da vedere, soprattutto nel mese di ottobre, quando fanno la loro comparsa gruppi di pesci Napoleone insieme a delfini e balene in migrazione. La vita marina è altrettanto ricca e affascinante al largo di Pantai Sebila, la spiaggia più bella dell’isola (che può essere raggiunta con una passeggiata di 15 minuti in direzione ovest), dove si protende verso il basso una parete sottomarina eccezionalmente aspra, incrostata di coralli e chiazzata da anemoni di mare.

Pulau Ai è essenzialmente un vasto villaggio intercalato da piantagioni. L’isola fece la sua apparizione sulle mappe di tutto il mondo nel corso del XVII secolo, quando alcuni agenti inglesi addestrarono gli isolani alle armi perché questi riuscissero a resistere a un’incursione olandese, che avvenne nel 1615. Durante l’attacco, gli abitanti dell’isola sorpresero gli olandesi uccidendo circa 200 uomini, ma la loro ricompensa fu di essere abbandonati dai britannici per poi venire massacrati dagli olandesi tornati sull’isola. Pulau Ai fu successivamente ripopolata con schiavi e prigionieri.

Pulau Run

Pur con tutta la solennità delle sue vicende storiche, l’isola di Run non è che un remoto scoglio di calcare, ammantato dalla giungla e circondato dal blu intenso del mare. Il suo piccolo villaggio è un affascinante reticolo di gradini e di viottoli di cemento, che si staglia su uno sfondo di scogliere calcaree invase da piante rampicanti. Dall’estremità superiore di Jl Eldorado, tra gli alberi di tamarindo si ammira uno splendido panorama.

L’attrattiva principale di Pulau Run è costituita dalla possibilità di effettuare immersioni lungo la parete situata tra 70 e 150 metri al largo della costa nord-occidentale (raggiungibile soltanto via mare) e nota con il nome di Depan Kampung (per il fatto di essere situata accanto al villaggio), che offre una visibilità davvero eccellente.

Fonte: lonelyplanetitalia.it  

Inebriante cocktail di storia, cultura e natura inviolata

Le Isole Banda – un remoto arcipelago indonesiano ricoperto dalla giungla e da piantagioni di spezie, con spiagge candide, un mare cristallino e barriere coralline incontaminate – furono le prime a essere colonizzate dagli europei.

Da Ambon volate fino a Bandaneira, il centro amministrativo, e passeggiate nei viali alberati ammirando le vestigia coloniali, poi con una barca a noleggio raggiungete le isole esterne, dove vi attendono spiagge incantevoli, avventure sottomarine tra i coralli e villaggi dove la vita scorre lenta e piacevole.

Il remoto arcipelago delle Isole Banda ©Fabio Lamanna/Shutterstock

Con il suo meraviglioso insieme di bellezze naturali e spirito caloroso e ospitale, e con una storia affascinante ancora palpabile, questo remoto arcipelago costituito da 10 isole non è soltanto la meta prediletta dai viaggiatori stranieri che si spingono fino a Maluku, ma è anche una delle località più suggestive di tutta l’Indonesia. Di particolare interesse e bellezza sono le pareti sottomarine ricoperte da una miriade di coralli multicolori, che offrono magnifiche opportunità agli appassionati sia di snorkelling sia di immersioni. Le isole centrali – Pulau Neira e Pulau Banda Besar (la grande isola della noce moscata) – dispiegano le loro affascinanti linee costiere a forma di mezzaluna intorno alla versione tropicale in scala ridotta del Monte Fuji, vale a dire il Gunung Api.

Le isole più esterne di Hatta, Ai e Neilaka vantano spiagge da cartolina ancora completamente incontaminate, mentre Run, con la sua radiosa bellezza e il suo tormentato territorio calcareo cosparso di alberi di noce moscata e di chiodi di garofano, è una sorta di promemoria della storia locale. Per raggiungere l’arcipelago occorre del tempo, ma grazie al nuovo servizio di imbarcazioni veloci con partenza da Ambon (oltre ai collegamenti comunque presenti nella stagione secca) e al progetto di aprire un nuovo aeroporto, le Isole Banda stanno diventando più accessibili, e in un futuro non molto lontano probabilmente accoglieranno un maggior numero di visitatori. Il nostro suggerimento, pertanto, è di andarci adesso, prima che lo facciano tutti.

Le Isole Banda sono una delle località più suggestive di tutta l’Indonesia ©Croesej/Getty Images

Bandaneira

La piccola Bandaneira, su Pulau Neira, è il porto principale e il centro amministrativo delle Isole Banda. Ai tempi della colonizzazione olandese i perkeniers finirono praticamente sul lastrico per mantenere uno stile di vita europeo anche quando, con la perdita del monopolio nel commercio della noce moscata, non erano più in grado di sostenerlo. Oggi, lungo le vie silenziose e piene di fiori di Bandaneira si possono ancora vedere diversi edifici di epoca coloniale. Nel complesso si tratta di un luogo affascinante, ideale per vagare senza meta ammirando le residenze d’epoca olandese ormai cadenti, contemplare rovine e osservare le imponenti figure formate dalle nuvole sulla vetta del Gunung Api, per poi magari imbattersi in un antico cannone che giace in mezzo a un prato.

Che cosa vedere

Diversi edifici risalenti al periodo coloniale olandese sono stati restaurati. Se riuscite a entrare (bussate e sperate che qualcuno venga ad aprirvi la porta), gran parte del divertimento della visita sarà costituito dalle interessanti storie di vita dei custodi, solitamente settuagenari, i quali presumeranno che la vostra conoscenza del bahasa indonesia sia sufficiente da consentirvi di comprendere quanto vi viene raccontato. È buona norma lasciare un’offerta.

Il vulcano Gunung Api ©javarman/Shutterstock

Pulau Gunung Api

Alto appena 656 metri, questo temibile vulcano ha sempre rappresentato una minaccia molto seria per gli abitanti di Bandaneira, Banda Besar e per chiunque abbia tentato di coltivare le sue fertili pendici. L’eruzione più recente provocò nel 1998 la morte di tre persone, distrusse oltre 300 abitazioni e riempì per giorni il cielo di uno spesso strato di ceneri. In passato, le eruzioni del Gunung Api sono state spesso presagi sinistri e puntuali di un’invasione imminente da parte degli europei.

Le acque che circondano il Gunung Api sono dimora di sgargianti ascidie viola e arancione, coralli laminari in rapida crescita, tartarughe liuto e un numero considerevole di serpenti marini (in gran parte innocui). Tra i siti migliori per dedicarsi allo snorkelling e alle immersioni su fondali poco profondi figurano le colate di lava sommerse (‘New Lava’) situate lungo la costa settentrionale.

Il vulcano attivo Gunung Api può essere scalato per ammirare dalla sua vetta un panorama mozzafiato (particolarmente al sorgere del sole); il percorso richiede due o tre ore se si è in buone condizioni fisiche, ma il sentiero è scosceso e impegnativo e il ghiaione molto insidioso in discesa. Portate con voi un’abbondante scorta di acqua e non incamminatevi se il terreno è bagnato. Alcune guide si offrono di accompagnare gli escursionisti, ma va detto che il percorso da seguire è molto chiaro. Il conducente della barca con cui arriverete vi porterà all’inizio del sentiero.

Pulau Banda Besar

La collinosa Banda Besar è l’isola più grande dell’arcipelago e può costituire una meta fantastica per un’escursione in giornata; inoltre, offre la possibilità di visitare la Piantagione Kelly, dove i secolari alberi kenari, rinforzati da appositi sostegni, si ergono a protezione di una coltivazione di noce moscata. A Banda Besar si trova anche la Piantagione Van den Broeke, nota per essere stata l’ultima piantagione di proprietà olandese delle Isole Banda fino al 1998-99, quando il suo proprietario rimase vittima di un sanguinoso scontro.

Le imbarcazioni provenienti da Bandaneira approdano a Walang: da qui, proseguendo per 25 minuti a piedi in direzione ovest si raggiunge Lonthoir, il villaggio più grande dell’isola. Una lunga scalinata che parte dalle spalle della Masjid Al Taqwa, la moschea di Lonthoir, conduce alla Piantagione Kelly e al Benteng Hollandia. Nella parte nord-occidentale di Banda Besar, in posizione appartata a pochi passi dal villaggio di Selamon, si trova la spiaggia di sabbia bianca di Timbararu, con ottime opportunità per lo snorkelling. Ci sono splendidi punti per lo snorkelling anche al largo della costa orientale, ma occorre raggiungerli in barca.

L’arcipelago offre magnifiche opportunità agli appassionati di snorkelling ©Fabio Lamanna/Shutterstock

Pulau Hatta

Straordinaria isola a forma di disco volante, ammantata da vaste distese di giungla e orlata da spiagge di sabbia bianca, Pulau Hatta è una delle mete più apprezzate delle Isole Banda, grazie alle sue acque limpide e alle barriere coralline ricche di vita marina. Poco più al largo della splendida spiaggia di Kampung Lama, dove si concentrano le strutture ricettive dell’isola, un ‘ponte’ sottomarino naturale crea una magnifica breccia azzurra che sovrasta una parte della straordinaria parete verticale subacquea di Pulau Hatta. Foreste di delicati coralli morbidi, insieme a giganteschi coralli laminari e coralli a felce, nugoli di pesci del reef e una visibilità eccellente contribuiscono a rendere questo tratto di mare il sito migliore di tutte le Isole Banda in cui dedicarsi allo snorkelling. Qui potrete facilmente osservare tartarughe liuto, squali del reef, pesci balestra e un numero apparentemente infinito di altre specie.

Foreste di coralli, nugoli di pesci del reef e una visibilità eccellente rendono speciali i fondali delle Isole Banda ©Alex-Lindbloom/Getty Images

Pulau Ai

L’attrattiva principale di questa isola è costituita dalla possibilità di praticare lo snorkelling o le immersioni vicino a splendidi fondali corallini incontaminati situati poco al largo e accessibili con estrema facilità. Nel mare davanti al villaggio c’è sempre moltissimo da vedere, soprattutto nel mese di ottobre, quando fanno la loro comparsa gruppi di pesci Napoleone insieme a delfini e balene in migrazione. La vita marina è altrettanto ricca e affascinante al largo di Pantai Sebila, la spiaggia più bella dell’isola (che può essere raggiunta con una passeggiata di 15 minuti in direzione ovest), dove si protende verso il basso una parete sottomarina eccezionalmente aspra, incrostata di coralli e chiazzata da anemoni di mare.

Pulau Ai è essenzialmente un vasto villaggio intercalato da piantagioni. L’isola fece la sua apparizione sulle mappe di tutto il mondo nel corso del XVII secolo, quando alcuni agenti inglesi addestrarono gli isolani alle armi perché questi riuscissero a resistere a un’incursione olandese, che avvenne nel 1615. Durante l’attacco, gli abitanti dell’isola sorpresero gli olandesi uccidendo circa 200 uomini, ma la loro ricompensa fu di essere abbandonati dai britannici per poi venire massacrati dagli olandesi tornati sull’isola. Pulau Ai fu successivamente ripopolata con schiavi e prigionieri.

Pulau Run

Pur con tutta la solennità delle sue vicende storiche, l’isola di Run non è che un remoto scoglio di calcare, ammantato dalla giungla e circondato dal blu intenso del mare. Il suo piccolo villaggio è un affascinante reticolo di gradini e di viottoli di cemento, che si staglia su uno sfondo di scogliere calcaree invase da piante rampicanti. Dall’estremità superiore di Jl Eldorado, tra gli alberi di tamarindo si ammira uno splendido panorama.

L’attrattiva principale di Pulau Run è costituita dalla possibilità di effettuare immersioni lungo la parete situata tra 70 e 150 metri al largo della costa nord-occidentale (raggiungibile soltanto via mare) e nota con il nome di Depan Kampung (per il fatto di essere situata accanto al villaggio), che offre una visibilità davvero eccellente.

Fonte: lonelyplanetitalia.it  

Non c’è nessuno qui. E sembra che nessuno sia mai stato qui...

Questa è White Bay, un banco di sabbia segreto al largo della costa occidentale di Great Exuma alle Bahamas, una spiaggia appena uscita da uno spot, una spiaggia che diventa interamente tua nel momento in cui fai il tuo primo passo.

Puoi arrivarci solo prendendo un charter di pesce osseo, ma quando lo fai, ti sentirai come se fossi arrivato su un’astronave.

C’è una qualità ultraterrena qui, il tipo che senti quando l’unico suono che percepisci è il suono del nulla.

Questo è un posto meraviglioso, etereo, sbalorditivo. Questa è White Bay. Guarda il video e crederai di essere lì!

Fonte: caribjournal.com

SHIFTING SANDS: THE EMPTY QUARTER
Anantara Qasar Al Sarab resort

It’s morning rush hour in Dubai. Slinky sports cars and hulking SUVs edge along the Sheikh Zayed Road before slowing to a near crawl near the Dubai Mall – drivers consulting the shadow of the giant Burj Khalifa sundial; a metro train whooshing past, Gold Class passengers enjoying ample legroom and the sweet taste of privilege; an army of delivery boys rushing around with orders of soya lattes and flat whites for the power brokers in downtown Duba

What used to be a hostile and unforgiving environment inhabited by nomadic Bedouin tribes has since been conquered by human ingenuity (or so we humans like to think) and fashioned into a manmade oasis that is the Anantara Qasar Al Sarab resort.

Visually and aesthetically, Qasar Al Sarab is ‘1001 Nights’ meets Agrabah meets ‘Lawrence of Arabia’. Soaring walls (to ward off the invading sands rather than marauding armies), turreted gates and imposing watchtowers that look like they mean business are a nod to a traditional desert fortress. A perennially popular location for fashion shoots and wedding receptions, it’s a feast for the eye and a delightful fantasy that anyone with a taste for desert adventure can inhabit.

Qasar Al Sarab does a formidable job recreating a sense of a traditional Bedouin community where resident falcons, saluki dogs and camels do not seem like parts of a stage set but organically add to an oasis-like setting. Your senses are tickled by the sounds of traditional oud music, the aroma of cardamom-infused coffee, the silky touch of luxurious bedding and the colours of glorious sunsets.

During the day, life revolves around a cluster of palm-lined swimming pools. After nightfall the centre of gravity shifts to the open-air Bedouin camp restaurant strewn with Persian carpets and ornate cushions. Don’t expect a humble meal of dates and camel milk, however – a diet that sustained the roaming tribes in the past. Instead prepare for a lavish feast of assorted mezzeh to be scooped up with pita bread – the next perfectly shaped dome coming out of the oven just as you polish off its predecessor; followed by the meaty delights of kebabs, roasted lamb and shawarma and ending with heaving trays of syrupy pastry served with sweetened mint tea.

But it’s what lies beyond the turreted walls of this immaculately-kept sanctuary that makes it such a magnet for locals who come here to escape the fast-paced city life and reconnect with the past.

Crossing borders into four countries: Saudi Arabia, Yemen, Oman and the UAE, the Empty Quarter is a protected natural reserve and a glimpse into Gulf life before oil. Whether you arrive here from Dubai or Abu Dhabi, the contrast between the cutting-edge modernity of UAE’s coastal cities and this kingdom of shifting sands is striking.

As you leave your plush lodging to indulge in a spot of camel trekking, falconry or dune bashing, it feels that if you squint hard enough, you can spot Lawrence himself descending the crest of a sloping dune – the setting sun tinging his billowing white robe the many shades of nostalgia and romance.

Fonte: anantara.com

VIVI LA VERA ESSENZA DI ST BARTH ALL’HOTEL MANAPANY

Hotel Manapany cattura l’essenza di St Barth, combinando la bellezza naturale dell’isola con un resort elegante e sofisticato. Situato adiacente a una riserva naturale, Manapany è un “Eco Lodge” a cinque stelle, che perfeziona l’arte della serenità, del relax e della fuga delle vacanze, con un pizzico di influenza parigina. Nel 2019, il Manapany si è affermato come il primo resort eco-responsabile a St Barth, quando ha ricevuto il primo premio dal Magazine Hotel & Lodge. Gli ospiti dell’hotel sono immersi in un mondo ultra-chic di lusso raffinato e sofisticato.

L’Hotel Manapany è adagiato su una spiaggia circondata da palme con limpide acque turchesi ad Anse des Cayes, una parte tranquilla e serena dell’isola ricca di fiori tropicali sulla lussureggiante costa nord di St. Barth. Dista solo cinque minuti in auto dall’aeroporto e da Gustavia, la capitale dell’isola. Le 43 ville e suite private sono spaziose e squisitamente arredate, con arredi artigianali, terrazze e vista diretta sul mare e sui giardini circostanti. Il design elegante e l’arredamento casual riflettono lo spirito dell’isola, ponendo le basi per una vita piacevole e un completo relax.

Cenare all’Hotel Manapany è un piacere eccezionale, allo stesso tempo sofisticato e semplice – l’essenza della seria arte culinaria. Il ristorante all’aperto e il bar sul mare celebrano l’eccezionale generosità dell’isola. L’orto e il frutteto dell’hotel – con alberi di agrumi, mango, frutto della passione, banane e cocco – forniscono ingredienti freschi e biologici per la sana cucina del ristorante, mentre altri prodotti alimentari sono prevalentemente di provenienza locale. Manapany è gestito nel pieno rispetto e protezione dell’ambiente naturale. I fabbisogni di elettricità sono parzialmente prodotti dai pannelli solari.

Fonte: xoprivate.com

EDFU: IL TEMPIO DEL GRANDE DIO HORUS

20 Mag 2020 In: Egitto

Incastonata sulla riva occidentale del Nilo, la piccola città di Edfu ospita il tempio dedicato ad Horus, il dio Falco

Sulle rovine di un tempio più antico, durante la dinastia tolemaica, numerosi sovrani, dal 237 al 57 a.C., contribuirono alla ricostruzione del complesso templare, uno dei più grandi e meglio conservati in tutto il Paese.

Il tempio di Edfu presenta uno stile architettonico a cannocchiale: dall’ingresso, attraverso il maestoso pilone, gli spazi sono progressivamente più piccoli e meno illuminati fino al santuario, totalmente buio.
Qui si rappresenta il percorso simbolico della luce spirituale che si attenua fino a scomparire nel Naos, il sacrario del dio, un tabernacolo in granito che custodiva la statua di Horus.

È la luce divina che illumina l’oscurità

Si riteneva che nel sito dove sorge il tempio, il divino Horus, figlio di Iside e Osiride, avesse affrontato il malvagio zio Seth per vendicare la morte del padre.

Quando in Egitto si insediarono i regnanti tolemaici, al fine di essere ben accetti e all’altezza dei loro predecessori, diedero massima attenzione alle aspettative religiose del popolo, costruendo nuovi templi dedicati alle divinità egizie, nel rispetto dei canoni classici faraonici.

Davanti all’ingresso dell’imponente pilone, sul quale viene raffigurato il sovrano impegnato a sconfiggere i suoi nemici, due splendide statue del dio Falco custodiscono il tempio. Colonne stupendamente decorate con capitelli floreali e pareti ricche di iscrizioni e bassorilievi, svelano dettagli rilevanti sulla religione e sulla mitologia del tempo. A guardia della prima sala ipostila, si trova un’altra grande statua del dio Falco in granito grigio con la doppia corona dell’Alto e del Basso Egitto sul capo. Sorprendente è la stanza adibita a laboratorio chimico: sulla parete sono incise le ricette contenenti gli ingredienti necessari per produrre profumi e incensi, all’epoca riservate soltanto ai sacerdoti.

Foto: Alessandra Fiorillo

Trekking con gli alpaca, paracadutismo sui prati verdi e whale watching nel West Cork: il tuo cuore batterà all’impazzata con queste incredibili avventure sull’isola d’Irlanda

Sappiamo benissimo che ciò che è elettrizzante per una persona potrebbe essere rilassante per un’altra, perciò abbiamo provato alcune avventure da batticuore e altre più tranquille così che tutti possano definirsi avventurieri almeno una volta nella vita! Scegli tra queste otto fantastiche avventure sull’isola d’Irlanda

1. Trekking con l’alpaca a Wicklow

Va bene, il trekking con l’alpaca e l’Irlanda non vengono nominati insieme troppo spesso, ma aspetta di vedere il fantastico paesaggio della contea di Wicklow e capirai di aver fatto l’affare del secolo. Se non hai mai avuto a che fare con uno di questi simpatici e curiosi animali, capirai ben presto il detto “sorridere così tanto fa male”. Durante questa tranquilla escursione, Joe e il suo team ti faranno entrare in confidenza con queste bellezze così potrai ascoltarne i mormorii mentre accarezzi il loro morbidissimo pelo.

2. Un salto tra le torbiere del Connemara

Chi l’avrebbe mai detto che infangarsi da capo a piedi sarebbe stato così divertente? Quest’attività si chiama bog jumping e sull’isola potrai trovare alcuni posti in cui essere completamente libero di scorrazzare tra le torbiere (più fango c’è, meglio è). A Delphi hanno anche una corsa a ostacoli: una volta ricoperto di fango dovrai correre, saltare e aggirare le insidie del percorso. Dicono che sia “entusiasmante e incasinato, ma soprattutto divertentissimo”.

3. Lanciati nel cielo di Offaly con l’Irish Parachute Club

In molti si chiedono perché buttarsi da un aereo perfettamente funzionante, ma a sentire quelli hanno il coraggio di farlo non ci si butta per l’adrenalina ma per la libertà. È una sensazione che va ben oltre la scarica di adrenalina. Dopo una breve formazione, un lancio di coppia sopra l’idillio rurale di Offaly ti vedrà in caduta libera a 200 km orari gestita dal tuo istruttore, il che significa che tu non devi fare altro che goderti il momento.

4. Fai coasteering sulle Mourne Mountains

Per fare coasteering devi nuotare, arrampicarti e tuffarti in mare da scogli altri anche 10 m, naturalmente sotto lo sguardo attento di una guida esperta. Grazie all’estensione delle nostre coste, non mancano i posti in cui cimentarsi in questa attività; questa specifica sessione di coasteering si tiene in un luogo “scolpito dall’attività dei ghiacci durante l’ultima Era Glaciale.” Chi si è tuffato dal Bloody Bridge, ai piedi delle Mournes, racconta che l’entusiasmo ti resta addosso e che le insenature e le rientranze scoperte durante questa attività sono sconosciute al resto del mondo! 

5. Una passeggiata a cavallo su una spiaggia di Cleggan, nella contea di Galway

Immaginati al galoppo lungo la spiaggia, la salsedine sulle labbra e le impronte del tuo cavallo sulla sabbia… Ma per un’escursione a dorso di un pony nel Connemara non serve essere un vero cavallerizzo, ti basterà avere il senso dell’avventura. Le escursioni hanno diverse durate e per i più resistenti è disponibile un percorso tonificante da 2-3 ore, che dal Cleggan Beach Riding Centre porta a Omey Island. In quest’isola che affiora a seconda delle maree è il mare a decidere quando puoi cavalcare, quindi ti consigliamo di prenotare in anticipo. Se invece preferisci guardare, ogni primo fine settimana di agosto si tengono le Omey Races con musica, balli e corse di cavalli: un’attività perfetta per tutti.

6. Scala un faraglione nel Donegal

Per scalare un faraglione devi arrampicarti su una parete rocciosa che si erge dall’Oceano Atlantico. Dovrai anche fare kayak, nuotare, calarti con una corda doppia e con una traversa tirolese alla base delle imponenti scogliere. Ma sotto lo sguardo vigile dell’istruttore di arrampicata Iain Miller, pagaierai tra foche e squali elefante e visiterai il regno di procellarie dei ghiacci, sule e gazze marine, prima di conquistare le isolate torri che s’innalzano dalle onde. Mai fatto prima? Nessun problema, c’è un “piccolo corso progettato per chi non ha mai scalato prima d’ora”. 

7. A spasso per le gole nella contea di Down

Più che una scalata su per una parete rocciosa si tratta di un guado tra pozze d’acqua, all’ombra degli alberi e tra le cascate, in compagnia di istruttori qualificati. Ed è estremamente divertente, specialmente quando realizzi di essere alle pendici delle Cooley Mountains e che stai attraversando una gola lungo il fiume Flurry. Il bello? Essere tutt’uno con alcuni dei più bei paesaggi naturali, circondato dal suono dell’acqua che scorre, è un’esperienza spirituale e al tempo stesso fisicamente impegnativa.

8. Whale watching nel West Cork

Il whale watching richiede pazienza e un pizzico di fortuna. E qui l’ultima abbonda, grazie al grande Oceano Atlantico. È una specie di corsia preferenziale per i cetacei (balene, delfini, focene) che viaggiano da nord a sud e ritorno in cerca di un buon pasto. Com’è avvistarne una? Pádraig Whooley dell’Irish Whale and Dolphin Groups spiega: “Sono poche le esperienze che possono competere con l’emozione di un incontro ravvicinato con una delle più grandi creature del pianeta”.

Fonte: www.ireland.com/it

Da quando i voli a motore supportano la cartografia fornendogli immagini accurate del nostro pianeta azzurro, è universalmente accettato che esistano sette continenti: Asia, Africa, Nord America, Sud America, Europa, Australia e Antartide.

Ma se i vostri libri di scuola si sbagliassero? Adesso possediamo prove evidenti che testimoniano l’esistenza di un ottavo continente quasi completamento sommerso dall’oceano. E no, non è Atlantide, la città perduta. In realtà è un continente che potreste aver visitato. Si chiama Zealandia.

Milford Sound è una minuscola punta del continente perduto della Zealandia che emerge dall’oceano © kris1138 via Getty Images

Con dimensioni e forma simili alla Groenlandia, la Zealandia (chiamata anche Tasmantide, che onestamente ricorda un po’ “Atlantide”) è grande all’incirca 3,5 milioni di chilometri quadrati (1,35 milioni di miglia quadrate). Si sarebbe separata dall’antico supercontinente Gondwana all’inizio del Giurassico, per poi sganciarsi anche dall’Antartide e dall’Oceania circa 23 milioni di anni fa, come un iceberg staccato dalla piattaforma di ghiaccio Amery.

Oggi, il 93% di questo ottavo continente è sommerso, quindi a meno che non siate una sirena, l’unico modo per vederlo è dirigersi a sud del Pacifico e visitare le isole della Zealandia che, separate dall’oceano ma collegate sott’acqua, rimangono visibili.

Tiny Oban è una delle poche zone popolate della Zealandia © Dianne Manson / Stringer

Nuova Zelanda

Il primo (omonimo) passo per approdare nel misterioso continente della Zealandia, è ovviamente la Nuova Zelanda. Paese di origine della grande maggioranza di abitanti umani della Zealandia, è anche una delle destinazioni di viaggio più affascinanti del pianeta ed è dotata di infrastrutture turistiche efficienti.

Se vi siete accaparrati un posto al finestrino nel volo per Auckland, vedrete una città costruita su una massa continentale composta da 50 vulcani. Passando dall’Isola del Nord all’Isola del Sud, potrete ammirare i paesaggi definiti dalla loro origine vulcanica, le foreste primordiali e la straordinaria fauna. Ma per avere un’idea di quello che c’era una volta, dirigetevi a Stewart Island/Rakiura, la terza isola più grande della Nuova Zelanda, spingendovi appena oltre Foveaux Strait dalla punta più estrema dell’Isola del Sud.

L’unico minuscolo insediamento di Stewart Island è la città di Oban (popolazione 400 esseri umani), mentre il resto dei 1570 chilometri quadrati fa parte del parco nazionale. Dalle scogliere a strapiombo sul mare ad ovest, fino ai porti più riparati nella parte orientale dove potete andare a vela, in kayak o fare birdwatching, Stewart Island è ricoperta da podocarpi (conifere del sud) e altri alberi come il rimu, che cresce lentamente, il kahikatea (chiamato anche albero-dinosauro) e il gigante millenario della foresta, il tōtara. L’entroterra della Nuova Zelanda abbonda inoltre dei paesaggi naturali della Zealandia, alcuni dei quali includono vulcani attivi. Per sfuggire alle folle, vale la pena fare un tour di Stewart Island.

La Zealandia è all’inizio della strada per ottenere lo status di continente, anche se invisibile © Travel Ink via Getty Images

Norfolk Island

La Zealandia fa parte di Norfolk Island o è un territorio esterno che appartiene all’Australia? Il dibattito è aperto. Quest’isola battuta dai venti, una volta colonia penitenziaria britannica, è principalmente popolata da discendenti degli ammutinati del Bounty, la Nave di Sua Maestà. Possiede la propria lingua, il Norf’k (o Norfuk), un miscuglio di inglese del 18esimo secolo e tahitiano, i propri costumi e la propria bandiera. Nonostante il suo valoroso passato, la sua autosufficienza (non esistono semafori o catene di fast food qui) e i decenni di autodeterminazione, nel giugno del 2015 il governo australiano ha proclamato la fine dell’Assemblea Legislativa dell’Isola di Norfolk e ha trasferito la sua amministrazione nelle mani del Nuovo Galles del Sud. La decisione di “ricolonizzarla” non è stata apprezzata.

Un isolano di 79 anni, Albert Buffett, ha portato la questione all’attenzione delle Nazioni Unite, denunciando la privazione dei diritti degli abitanti di Norfolk, i quali non sono mai stati consultati. L’Australia ha risposto che “non ci sono persone indigene di Norfolk Island o una popolazione indigena su Norfolk Island”, e ha definito l’appello dominato dall’emotività e pieno di errori fattuali. La discussione è attualmente in corso.

Nel frattempo, i viaggiatori diretti in questo minuscolo promontorio considerato geograficamente, non ancora politicamente, parte della Zealandia, troveranno una meravigliosa isola disseminata di testimonianze dell’era di coloni e galeotti, attraversata da un sistema di sentieri per il trekking e circondata dalla barriera corallina. Si raggiunge con un volo di due ore da Sydney o da Brisbane.

Il faro Amedee su Noumea in Nuova Caledonia è stato costruito nel 1865 ed è classificato come sito UNESCO © MOIRENC Camille / hemis.fr via Getty Image

Nuova Caledonia

Lambita da una laguna turchese protetta dall’UNESCO, Grand Terre, l’isola maggiore della Nuova Caledonia è divisa da una catena montuosa di antiche rocce zealandesi. Questo piccolo avamposto di 18.500 chilometri quadrati (7142,8 miglia quadrate) nella parte sud ovest del Pacifico è un paradiso fatto di piante tropicali, spiagge sabbiose, acque perfette per le immersioni, moltissimi resort e bungalow.

Come Norfolk Island, la Nuova Caledonia è un ex colonia penitenziaria, e ufficialmente appartiene ancora a un continente diverso; rimane (per il momento) territorio nazionale francese. Il movimento per l’indipendenza della Nuova Caledonia non è ancora riuscito a ottenere il supporto necessario a tagliare le radici coloniali, ma a settembre 2020 si terrà un nuovo referendum. Malgrado la situazione politica, volerete verso la capitale Nouméa dall’Australia o dalla Nuova Zelanda.

Il paesaggio della Nuova Caledonia, pieno di alte conifere come il pino colonna, le palme rosse e le felci giganti, ricorda gli albori di una probabile Zealandia. Le ciateacee, considerate le felci arboree più grandi al mondo, crescono fino a raggiungere i 20 metri di altezza, e le loro fronde sono le foglie più grandi del regno vegetale.

Si crede che queste specie risalgano alle paludi carbonifere che ricoprivano la Nuova Caledonia 275 milioni di anni fa. Infatti in alcune lingue Kanak, i linguaggi degli indigeni, la parola per felci arboree significa “l’inizio del paese degli uomini”, e il mito legato alla creazione narra come i primi esseri umani siano scesi dal tronco cavo di una felce arborea.

Le ciateacee ci fanno capire quanto siano antiche le origini della Zealandia © Patrick McGrath / 500px via Getty Images

Visitare la Zealandia

Quindi mentre chi popola queste terre remote discute di politica, i geologi sembrano aver trovato le prove necessarie che esista in effetti un ottavo continente. Ma qual è il criterio di classificazione di un continente? Deve essere grande, con confini definiti fisicamente, circondato dall’acqua e sufficientemente omogeneo dal punto di vista geologico.

La Zealandia possiede quasi tutti questi requisiti. Ciò che la rende diversa (ed è l’aspetto più intrigante, ammettiamolo) è il fatto di essere in gran parte sommersa dalle acque del Pacifico del Sud. Tuttavia, se volete spuntare dalla lista la Zealandia, visitate la Nuova Zelanda, la Nuova Caledonia o Norfolk Island, terre emerse dal potenziale meraviglioso, anche se vi permettono di vedere solo la punta di questo leggendario iceberg.

Fonte: lonelyplanetitalia.it – Tasmin Waby


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