Se parliamo di Caraibi, viene naturale immaginare spiagge meravigliose lambite da acque cristalline, palme che svettano qua e là e sabbia fin dove l’occhio può arrivare.
Le isole ABC non fanno eccezione. Stiamo parlando di tre delle isole appartenenti ai Dutch Caribbean (Caraibi olandesi, che un tempo si chiamavano Antille olandesi), che rispondono rispettivamente al nome di Aruba, Bonaire e Curaçao. È proprio dalle loro iniziali che deriva l’acronimo ABC, anche se dal 2010 ci e Curaçao (assieme a Sint Marteen) si sono separate per formare due nazioni costitutive. Bonaire, come spiegano dall’ufficio del turismo, è invece diventata una municipalità speciale, e con le isole di Sint Eustatius e Saba forma le isole BES. Tuttavia, dal punto di vista geografico le isole ABC esistono ancora, e sono tre perle tutte da scoprire. Ecco alcuni motivi per cui non dovreste proprio perdervi una vacanza in questo paradiso terrestre.
Oranjestad, la città di Aruba che è un connubio di stili
La più piccola delle isole ABC è forse anche la più famosa: Aruba. La sua capitale si chiama Oranjestad ed è un luogo davvero fantastico. Ricco di colori e di splendide architetture, siamo sicuri riuscirà a lasciarvi a bocca aperta. Lungo il viale principale, il Lloyd G. Smith Boulevard, ci sono tantissimi negozi e potrete ammirare il perfetto connubio tra architettura olandese ed influenze locali.
Le formazioni rocciose di Ayo Rock
Un’altra attrazione molto apprezzata di Aruba è il sito di Ayo Rock: si tratta di una serie di formazioni rocciose nel cuore di un angolo desertico dell’isola. Circondati da cactus, i monoliti raccontano la storia di questo posto meraviglioso. Vi si possono ancora scorgere delle incisioni rupestri che risalgono alle ultime popolazioni Arawak.
La piccola cappella con una vista strepitosa
Molto caratteristica è la piccola cappella di Alto Vista, la prima chiesa cristiana costruita ad Aruba. Sorge sulla cima di un dolce rilievo e offre una vista spettacolare sul mar dei Caraibi. Venne costruita una prima volta nel 1750, e poi nuovamente sul sito originario nel 1952. L’edificio giallo brillante è circondato da croci bianche e si può raggiungere solo percorrendo una stradina tortuosa. Un luogo davvero speciale, dove regna la pace.
I fenicotteri rosa nelle saline di Bonaire
Bonaire è un’isola piuttosto selvaggia, dove la natura è ancora incontaminata. È sede di un enorme parco nazionale, splendido dal punto di vista faunistico e luogo perfetto per gli amanti dell’ornitologia. L’entroterra dell’isola è costellato di piccoli laghi di acqua salata, tra cui spicca il Lago Goto. In queste vere e proprie saline trovano rifugio tantissimi fenicotteri rosa, che i turisti adorano fotografare.
Il sito di Malmok, dove abitarono gli amerindi
La parte settentrionale dell’isola è coperta dal Washington Slagbaai National Park, ed è qui che possiamo rinvenire alcuni reperti archeologici di grande importanza. L’area in questione si chiama Malmok e fu abitata dagli amerindi prima dell’occupazione europea. Nei primi anni del ‘900 vi vennero costruiti un faro – mai utilizzato, per questioni logistiche – e un’abitazione che sarebbe dovuta servire al suo guardiano.
La spiaggia rosa: uno spettacolo al tramonto
Potrà sembrare superfluo parlare delle splendide spiagge che possiamo trovare sull’isola di Bonaire – siamo pur sempre ai Caraibi. Ma questo luogo merita almeno un cenno: grazie ai coralli schiacciati che si mescolano alla sabbia, al tramonto assume un dolce color rosato che la rende una vera e propria cartolina.
Willemstad, la coloratissima capitale di Curaçao
E infine Curaçao, la più grande delle isole ABC. La sua capitale è Willemstad, una splendida città coloratissima risalente all’occupazione olandese del ‘600. È un luogo magico, per la sua bellezza che supera ogni confine culturale: il suo centro storico e il suo porto sono stati inseriti nella lista dei patrimoni mondiali dell’umanità dall’UNESCO.
Il Queen Juliana Bridge
Ci vogliamo soffermare su un dettaglio di Willemstad, che attira moltissimi turisti. Stiamo parlando del suo ponte Queen Juliana, il punto panoramico più alto della città. È una strada a quattro corsie che attraversa la baia di St. Anna, e rappresenta una struttura magnificente che si staglia contro il romantico paesaggio di Curaçao.
Le grotte di Hato, un capolavoro della natura
Infine, non potete proprio esimervi da una visita alle grotte di Hato, sull’isola di Curaçao. Sono magnifici anfratti costituiti di calcare marino di corallo, accumulatosi per milioni di anni dopo che il livello dell’acqua si abbassò. I processi carsici e la corrosione atmosferica hanno lavorato a lungo per regalarci questi splendidi paesaggi misteriosi.
Fonte: siviaggia.it
No time to die, venticinquesimo capitolo della saga di James Bond comincia con uno 007 che fa vita tranquilla in Giamaica dove ha deciso di ritirarsi finché un amico non lo coinvolge in una rocambolesca avventura.
È la stessa isola in cui l’agente segreto più famoso al mondo nasce nel 1953 dalla fantasia di Ian Flemming. Lo scrittore inglese, dopo aver comprato la tenuta di GoldenEye nel 1946, pubblica Casinò Royale, il primo di una serie di film su James Bond. Nome preso in prestito da un ornitologo realmente esistito, autore del libro Birds of the West Indies uscito nel 1936.
CULTURA
Quest’ isola delle Grandi Antille estesa come mezza Sardegna è un set naturale: insenature bianche bordate di palme, sole caldo e il mare cristallino, oltre al calore della cultura africana che si esprime nella musica reggae. Ya man, questa è la Giamaica che nel tempo ha attratto molte star: il leggendario Robin Hood, alias Errol Flynn, Gregory Peck, Liz Taylor, Rock Hudson, Fred Aster e Ava Gardner, rendendo questo angolo di paradiso una little Hollywood.
Nel 1939 anche Alfred Hitchcock, che sull’isola ha prodotto La taverna della Giamaica. Più recentemente è stata scelta come buen retiro da Sir Paul Mc Cartney, Madonna, Eddy Murphy, Tiger Woods, ed è stata la location per Cocktail con Tom Cruise ed Elisabeth Shue, per The Mighty Quinn con Denzel Washington e per Clara’s Heart con Whoopi Goldberg.
ADRENALINA
L’interno dell’isola è di una bellezza magnetica: alte montagne, vallate profonde, fiumi e cascate, per cui vale la pena di allontanarsi dall’ozio in riva al mare almeno per qualche escursione. Da vedere le maestose Blue Mountain (bluemountaincoffee.com), dove oltre i duemila metri è coltivata l’omonima qualità di caffè definita da Bond la migliore al mondo nel film Vivi e lascia morire.
Divertimento e adrenalina con le attività da organizzate all’interno: la risalita del corso del fiume tra pozze d’acqua, cascatelle e rocce levigate, sotto maestose arcate di bamboo e alberi secolari, e la visita della Hampden Estate, distilleria fondata nel 1750, il cui rum viene utilizzato anche in acque di colonia e profumi, come Chanel, e in alimenti, come i gelati della Haagen Daz. A metà strada tra Port Antonio e Montego Bay s’incontra Ocho Rios, il giardino della Giamaica per le romantiche spiaggette, le cascate e le gite nella verdissima foresta di felci Ferns Gully.
SPORT
L’ex villaggio di pescatori immortalato nel film 007 licenza di uccidere con Sean Connery e Ursula Andress, base per immersioni e sfide a golf nel 18 buche del Sandals Golf & Country Club (gratuito per tutti gli ospiti Sandals Hotel).
CARTOLINE
La quintessenza del caribe si esprime nelle spiagge orlate di palme, nel mare degno delle migliori cartoline e nella barriera corallina di Montegobay, sulla costa nordoccidentale, che ogni estate ospita il Reggae Sumfest (reggaesumfest.com, dal 18 al 20 luglio 2020), il più grande festival mondiale legato al sound di Bob Marley, Peter Tosh e Jimmy Cliff. Nato 27 anni fa, nel 1993, ha ospitato sulle coste giamaicane artisti internazionali di vario genere: dall’hip hop di 50 Cent all’r’n’b di Rihanna, passando per Kanye West, Chris Brown, Nicki Minaj, Wiz Khalifa e la pop star americana Usher.
MoBay, come la chiamano i locali, è perfetta per chi ama la vita di spiaggia, tra gli arenili più spettacolari: Doctor’s Cave per l’acqua turchese, Walter Fletcher Beach per i colori della sabbia e Cornwall Beach per lo snorkeling. Parlando ancora di set cinematografici a Falmouth, a circa 30 chilometri da Montego Bay, è stato girato il film del 1973 di Franklin J. Schaffner Papillon che annovera nel cast stelle del calibro di Steve McQueen e Dustin Hoffman, oltre alla comparsa di molti abitanti dell’isola.
Fonte: ilmessaggero.it
A febbraio la Horsetail Fall, nel parco di Yosemite, si colora di rosso al tramonto, attirando migliaia di fotografi.
La Horsetail Fall è una delle attrazioni più famose del parco nazionale di Yosemite, negli Stati Uniti. È una cascata stagionale che si forma sul lato orientale della montagna El Capitan, il grande monolite di granito che raggiunge i 2.300 metri ed è meta di numerosi alpinisti e scalatori. L’acqua inizia solitamente a fluire nella prima metà di febbraio e prosegue fino alla primavera, creando giochi di luce molto caratteristici, una “cascata di fuoco” che ogni anno attira migliaia di turisti, che pubblicano poi sui social network le loro foto del fenomeno.
Nelle due settimane centrali di febbraio, la Horsetail Fall è illuminata dal Sole. Al tramonto, e con le giuste condizioni di umidità dell’aria e cielo sereno, si colora di giallo e rosso, come se dal Capitan stesse scendo un fiume di lava.
L’acqua scende solitamente dividendosi in due: una parte più grande scende verso est con un salto di 470 metri, e l’altra, a occidente, raggiunge un salto di una decina di metri in più, seppure con un getto d’acqua minore. I due getti si ricongiungono e scendono per altri 150 metri. Nel complesso, il salto supera i 600 metri.
Tra i primi a fotografare la Horsetail Fall ci fu Ansel Adams, grande fotografo di paesaggi diventato famoso grazie alle sue immagini del West in bianco e nero, molto vivide e contrastate. Adams scattò alcune fotografie a Yosemite nel 1940, ma ci sarebbero comunque voluti circa trent’anni prima che la “cascata di fuoco” diventasse conosciuta negli Stati Uniti e all’estero.
Una fotografia a colori pubblicata dal National Geographic e scattata da Galen Rowell, fotografo naturalista e scalatore, contribuì a far conoscere la cascata e a renderla sempre più fotografata, anche per i costi sempre più bassi della fotografia amatoriale su pellicola e per il successivo avvento della fotografia digitale.
Come racconta il Guardian, negli ultimi anni le attenzioni per la Horsetail Fall si sono moltiplicate, complici i social network e alcuni appassionati che si sono messi a offrire consigli e tutorial sul modo migliore per scattare una fotografia della cascata al tramonto. Tra loro c’è Aaron Meyer, che sul suo blog offre indicazioni sui migliori orari per effettuare le osservazioni, con ulteriori consigli sui punti panoramici di Yosemite più indicati per cogliere le sfumature della luce che colora la cascata.
Il problema è che i punti di osservazione sono relativamente piccoli, poco indicati per ospitare le centinaia di persone che si assiepano per osservare il fenomeno, e naturalmente fotografarlo. È un problema per chi frequenta il parco alla ricerca di un po’ di quiete e di luoghi dove starsene lontano dalla folla, al punto da spingere alcuni a evitare le settimane centrali di febbraio per visitarlo.
Solo lo scorso anno, in un giorno circa 2.200 persone hanno sgomitato nelle piazzole per le osservazioni, cercando di scattare la miglior foto possibile dell’Horsetail Fall arrossata dal tramonto. Per evitare troppa confusione, il sito di Yosemite ha una pagina dedicata alla cascata, con aggiornamenti sull’afflusso d’acqua e sulle occasioni di avvistare o meno il fenomeno. Ogni anno, la preoccupazione è che i troppi turisti disturbino la quiete del parco, lasciando inoltre rifiuti nelle aree protette.
Per limitare ulteriormente il problema, quest’anno i guardaparchi hanno chiuso due dei tre punti principali di osservazione della Horsetail Fall. L’unico punto aperto sarà raggiungibile percorrendo circa due chilometri e mezzo a piedi, condizione che dovrebbe ridurre la quantità di turisti e soprattutto il trasporto di strumentazioni troppo voluminose per scattare le fotografie.
Il sito di Yosemite segnala inoltre che quest’anno la cascata potrebbe essere quasi del tutto assente, a causa di un inverno particolarmente secco che ha interessato buona parte del parco.
Secondo alcuni modelli e proiezioni, il cambiamento climatico potrebbe influire sulla Horsetail Fall fino a determinarne la scomparsa. Negli ultimi anni diversi studi hanno messo in evidenza come il riscaldamento globale abbia interessato Yosemite, con cambiamenti nei suoi ecosistemi.
Fonte: ilpost.it
SCOPRI IL RITZ-CARLTON, DUBAI, UNA GEMMA LEGGENDARIA NEL CUORE DI DUBAI MARINA
Annidato su un’estesa spiaggia privata a pochi passi dal lungomare più famoso della città, The Ritz-Carlton, Dubai è un’oasi isolata nel cuore della nuova Dubai. Con viste mozzafiato sul Golfo Persico e il lusso e il servizio leggendari per i quali il Ritz-Carlton è famoso, il resort offre agli ospiti una pausa dal quotidiano, in un luogo in cui la tradizionale ospitalità araba è animata da vellutati sapori di gelsomino e l’aroma seducente di caffè qawah si mescola al tradizionale profumo di bakhour.
Dal sottile splendore dei suoi bassi edifici in stile mediterraneo agli eleganti interni, il resort occupa una posizione privilegiata nel cosmopolita The Walk on JBR di Dubai, una destinazione esclusiva che fa eco alla Costa Azzurra con un’esclusiva passeggiata di multi-cucina casual ristoranti, caffè all’aperto e ristoranti lussuosi che servono cucina globale e affascinanti punti vendita che fondono il glamour di fascia alta con le offerte locali ispirate al suq.
Un’ambientazione perfettamente abbinata che porta tutti i tratti distintivi della classica ospitalità Ritz-Carlton; inizia il viaggio in un locale elegante dove l’autentica ospitalità araba incontra livelli di servizio senza pari offerti con personalità e calore di cortesia. Le 294 camere e suite sono progettate per il relax o come spazi di lavoro tranquilli, con vista sul mare, sui giardini ben curati dell’hotel e sulla spiaggia da balconi appartati.
Per un lusso a valore aggiunto, l’esclusivo Club Lounge offre un ricco menu di bevande premium, insieme a una selezione allettante di specialità gastronomiche offerte durante il giorno. Mentre un concierge privato è a disposizione per soddisfare ogni tua esigenza, sia all’interno che all’esterno del resort.
Goditi i freschi prati verdi e le viste sulle fronde di Palm Jumeirah, con una passeggiata mattutina o serale. Goditi i raggi del sole dal comfort ammortizzato di un lettino sulla spiaggia privata incontaminata, per un’esperienza di vacanza che porta il lusso a un nuovo livello.
Gli ospiti in cerca di uno stile di vita più attivo hanno a disposizione strutture ricreative illimitate tra cui quattro campi da tennis e una palestra polivalente, insieme a sei piscine, tra cui una piscina per bambini ombreggiata e una con uno scivolo d’acqua per i visitatori più piccoli.
L’offerta per il tempo libero del resort si completa al The Ritz-Carlton Spa, che offre una varietà di trattamenti, rilassanti e tonificanti. La Ritz-Carlton Spa, Dubai è un santuario intriso di dettagli arabeschi ed è un’accurata miscela di tradizioni orientali, con tecniche europee e asiatiche. La spa dispone di 12 sale per trattamenti (5 sale per trattamenti umidi e 7 a secco), sale relax per signore e signori, una piscina relax all’aperto, una sala comune e una zona vitale con letti riscaldati, piscine con acqua calda e fredda e bagni turchi.
Un innovativo programma Ritz Kids accompagna gli ospiti più piccoli in un viaggio pieno di incredibili avventure, scoperte inaspettate ed emozionanti ed esperienze divertenti che infonde in loro sia ricordi affettuosi che conoscenze per tutta la vita. Durante il loro soggiorno, Ritz Kids assicura che i piccoli viaggiatori stiano godendo della loro vacanza.
La gastronomia pluripremiata è una caratteristica vincente del The Ritz-Carlton, Dubai, e 9 ristoranti con menu selezionati da alcuni degli chef più rispettati della città, accompagnano i commensali in un altro viaggio con sapori esotici dall’Asia e dall’Arabia al Mediterraneo. Che si sia in cerca di una cena romantica per due in spiaggia, una condivisione all’aperto in stile familiare o il famoso brunch di Dubai con un gruppo di amici, The Ritz-Carlton Dubai ha qualcosa per soddisfare ogni singola esigenza.
Fonte: xoprivate.com
I ricercatori si sono interrogati a lungo sulla funzione e il significato delle teste appuntite ritratte nell’arte egizia. Ora hanno finalmente trovato una risposta.
L’arte egiziana è ricca di donne e uomini che indossano dei coni sulla testa mentre prendono parte a feste reali e rituali divini. Vengono ritratti ovunque in questo modo, dai rotoli di papiro ai sarcofaghi e le donne, a volte, vengono anche mostrate nell’atto di partorire, un’attività associata ad alcune divinità.
Le teste a cono sono state comuni nell’arte egizia per oltre un millennio, ma il loro scopo è rimasto un mistero. Nessun archeologo ha mai ritrovato, durante uno scavo, uno di questi enigmatici oggetti. E questo ha fatto credere ad alcuni studiosi che i coni fossero solo delle rappresentazioni simboliche: un po’ come l’aureola che adorna la testa di angeli e santi nell’iconografia cristiana.
Ora, però, secondo un nuovo studio pubblicato su Antiquity, pare che un team internazionale di archeologi abbia trovato la prima prova fisica di questo misterioso accessorio.
La scoperta proviene dalle tombe di Amarna, un’antica città egizia i cui templi sono stati eretti da Akhenaton, un faraone che si pensa fosse il padre di Tutankhamon. Costruita rapidamente nel quattordicesimo secolo avanti Cristo, la città ospitava circa 30.000 persone. Solo il 10% di queste facevano parte dell’élite e furono sepolte in tombe opulente; il resto era composto da gente normale alla quale fu data una modesta sepoltura. Eppure è proprio tra queste tombe che di solito non contengono nulla di gran valore, che i membri di Amarna Project, un progetto condotto dall’università di Cambridge con finanziamenti della National Geographic Society e altre istituzioni, hanno trovato i resti di “teste a cono” a partire dal 2009.
Anche se da quegli scavi sono passati dieci anni, Anna Stevens, archeologa alla Monash University, vice-direttrice di Amarna Project e co-direttrice di alcune ricerche – ancora in corso – su cimiteri non di élite della città, ricorda bene il giorno in cui fu trovato il primo cono. “Credo di averne trovato uno!” esclamò la collega Mary Shepperson. Quando Stevens si avvicinò per approfondire, notò un segno rivelatore sul teschio dello scheletro femminile.
“Era evidentemente qualcosa di molto, molto diverso: qualcosa che non avevamo mai visto in alcuna tomba prima di allora” dice Stevens. L’oggetto appuntito era molto simile a quella strana decorazione per il capo che si trova nell’arte egizia e che alcuni studiosi avevano declassato a semplice estro artistico. Da un’altra sepoltura di un adulto, che non si è riusciti a capire se fosse uomo o donna, ne uscì fuori un altro.
Agli studiosi è servito un decennio per trovare i fondi e concludere un significativo studio sulle teste a cono. Questo tempo è servito loro per mettere alla prova un’altra teoria popolare su questi bizzarri oggetti: i coni erano in realtà delle protuberanze solide di grasso profumato che si scioglievano sulla testa di chi le indossava: una specie di antico gel profumato per capelli.
Quel che è stato scoperto ad Amarna sembra però smentire questa teoria. I coni non erano solidi: erano gusci cavi ripiegati intorno a materia organica di color marrone-nero che gli studiosi pensano sia tessuto. Entrambi i coni presentano i segni di cera deteriorata: il team è arrivato alla conclusione che si tratti di cera d’api, l’unica cera biologica che sappiamo essere stata usata dagli egizi. In più, sui capelli dello scheletro meglio preservato non ci sono tracce di cera.
Visto che gli oggetti sono stati spesso rappresentati artisticamente in associazione con i parti, e considerato che almeno uno dei due corpi era di donna, i ricercatori suppongono che i coni avessero qualcosa a che fare con la fertilità. Ma il fatto che siano stati ritrovati in un cimitero di persone che non appartenevano a un ceto elevato, rende la loro interpretazione più complicata.
Nell’iconografia egiziana, infatti, le persone ritratte con dei coni sulla testa appartenevano principalmente all’élite, anche se alcuni paiono essere dei servi, spiega Nicola Harrington, archeologa all’università di Sydney. Le tombe di Amarna contengono meno opere d’arte di altri siti di sepoltura, tuttavia ci sono alcune immagini in cui le persone indossano i coni mentre si preparano per le sepolture e fanno delle offerte. “Fondamentalmente, i coni vengono indossati in presenza del divino” aggiunge.
Riguardo l’identità delle donne che indossano questi oggetti, Harrington ha una sua teoria: forse erano ballerine. Entrambi gli esemplari presentano fratture spinali e una i segni di una malattia degenerativa alle articolazioni. È vero che i problemi alle ossa potrebbero essere dovuti a vite stressanti e l’intenso lavoro di persone che non appartenevano a una classe sociale elevata, tuttavia Harrington fa notare che le fratture da compressione sono comuni tra i ballerini di professione. Forse i coni servivano a “evidenziare i ballerini come membri di una comunità al servizio degli dei” aggiunge. Ciò potrebbe spiegare il motivo per il quale queste persone vennero sotterrate con questi oggetti, nonostante si trattasse di “sepolture basilari”.
Tuttavia, senza altre prove archeologiche, non c’è modo di sapere in che modo venissero davvero utilizzati i coni o se venissero usati in modo più diffuso. Purtroppo, dice Stevens, potremmo non saperlo mai. “Nei primi anni dell’egittologia si lavorava in modo frettoloso, un po’ a caso” dichiara. Si spera che le tecniche archeologiche odierne, più precise, potranno proteggere e identificare i coni in futuri scavi, ma la loro eventuale presenza in tombe scavate anni fa potrebbe essere stata sottovalutata.
Anche se questi coni sono gli unici due sopravvissuti fino ai nostri giorni, la scoperta casuale ha molto valore. Gli archeologi sanno moltissime cose sull’élite dell’antico Egitto, dai documenti amministrativi alle tombe dipinte in modo elaborato, ma la scarsità di testimonianze scritte o artistiche di egiziani di classi sociali inferiori fa sì che le loro vite siano molto più misteriose agli occhi dei ricercatori moderni. Questa assenza di informazioni sulla vita della maggioranza delle persone che viveva nell’antico Egitto rende questa scoperta ancora più importante. E ci fa pensare alle milioni di storie sepolte che rimangono ancora lì, in attesa di essere raccontate.
Fonte: nationalgeographic.it
Cheope, Chefren, Micerino e la Sfinge!
4500 anni di storia che continua ad appassionare e a stupire!
I gioielli archeologici di Giza, necropoli della prima capitale Memphis, sono noti, ma l’emozione di trovarsi al cospetto delle piramidi, di raggiungere il sarcofago in granito rosso di Cheope, di toccarlo, dopo aver percorso passo dopo passo, scalino dopo scalino, l’interno del suo straordinario monumento funerario per vivere la stessa esperienza che fecero gli Egizi nell’antichità, fa palpitare il cuore!
Cheope, Chefren, Micerino, padre, figlio e nipote, potenti faraoni della IV dinastia, regnarono a partire dal 2551 a.C. e scelsero di iniziare il loro ambito viaggio nell’aldilà da tre opere, che li hanno traghettati verso l’immortalità. Nei grandi complessi funerari nella piana di Giza, insieme alle piramidi delle regine, ai templi, dove veniva praticato il culto, a mastabe e a numerose altre sepolture minori, svetta la Grande Sfinge, scultura monolitica di pietra calcarea, che rappresenta una figura mitologica con testa umana e corpo di leone. Scolpita in parte direttamente nella pietra, si ritiene rappresenti il faraone Chefren.
La piramide di Cheope, l’unica sopravvissuta tra le Sette Meraviglie del Mondo Antico, insieme a quelle di Chefren e Micerino, presentano una struttura perfetta, orientata verso i quattro punti cardinali.
Uomini ingegnosi ci hanno lasciato dei capolavori architettonici ricchi di significato religioso ed astronomico che, in futuro, continueranno a svelare ulteriori segreti legati alla loro costruzione ed esistenza.
CHI L’HA DETTO CHE MOSCA È UNA CITTÀ SENZA AREE VERDI? CE NE SONO ECCOME: QUI VI OFFRIAMO UN ITINERARIO CHE VI FARÀ IMMERGERE FRA GIARDINI, PARCHI E ORTI BOTANICI.
Pochi sanno che la città di Mosca offre un itinerario verde sorprendente: 96 parchi, 18 giardini, 4 orti botanici. È la metropoli più verde al mondo, con 27 metri quadrati di verde a persona rispetto ai 7,5 di Londra e gli 8,6 di New York. Il parco più popolare è Gor’kij Park, fondato nel 1928 e reso famoso dall’omonimo film. Attraversato dal fiume Moskova, si snoda per 70 ettari con varie attrazioni, padiglioni, ristoranti, laghi, campi da tennis, skatepark. Qui ha sede Garage, noto centro d’arte contemporanea, progettato dallo Studio OMA. Garage sviluppa un dialogo tra spazio interno ed esterno, custodendo un giardino di graminacee sul retro della galleria e installando opere nel parco.
PARCHI E ORTI BOTANICI
Non lontano si apre la distesa del Muzeon Park of Arts, con il complesso della Galleria Tret’jakov, insieme di musei dedicati al Realismo socialista. Il percorso verde è puntellato da 700 statue di autorità sovietiche smantellate con la caduta del Muro. Da Stalin al capo della polizia segreta, le sculture si alternano a suggestive aiuole e arredi urbani contemporanei. Il giardino Neskuchny è il più antico di Mosca, usato dagli zar come parco privato. All’interno del giardino ha sede il Teatro Verde, il più grande anfiteatro all’aperto d’Europa, in grado di ospitare oltre 15mila persone. Aptekarskiy è l’antico orto botanico di Mosca, fondato da Pietro il Grande nel 1706. Le prime erbe mediche furono piantate qui. Oggi è il giardino dell’Università Statale, con una vasta gamma di piante e spezie. In pieno centro c’è il giardino Ermitage, molto frequentato dai giovani per aperitivi e concerti all’aperto. Elegante parco urbano in stile parigino, offre teatri, bar, piste da ballo, bancarelle di libri in mezzo a prati fioriti.
GIARDINI SEGRETI
A pochi passi dalla Piazza Rossa e dal Cremlino, Zaryadye Park è il nuovo parco pubblico della città. Progettato dallo studio Diller Scofidio + Renfro nel cuore di Mosca, si trova al posto dello storico Hotel Rossija (il più grande hotel del mondo, demolito nel 2007). L’originale progetto prevede diverse funzioni: parco, piazza urbana, spazio culturale e ricreativo. Le architetture in pannelli di vetro ricurvo e la vegetazione delle quattro zone climatiche russe creano una dialettica tra artificio e natura. La sinuosa passerella a forbice, che si spinge con un alto balzo sopra al fiume, è oggi la terrazza più fotografata della città.
Ma il giardino “segreto” più suggestivo resta sicuramente quello sul retro della residenza Hamovniki, abitazione moscovita di Tolstoj, un’oasi di pace e di verde, dove il grande scrittore amava rifugiarsi e passeggiare, creando i suoi capolavori letterari.
Fonte: artribune.com ‒ Claudia Zanfi
Nato dal fuoco, plasmato dal mare. A due anni dall’eruzione che ha cambiato per sempre la geologia delle Hawaii, ha finalmente riaperto il tubo lava <walk-through> più famoso al mondo.
L’Hawai’i Volcanoes National Park protegge alcuni dei paesaggi geologici, biologici e culturali più singolari del mondo, inclusi due dei vulcani più attivi: il Kīlauea e il Mauna Loa. Dalla devastante eruzione della caldera del Kīlauea il parco è in gran parte chiuso al pubblico, ma man mano sta riacquistando sicurezza.
A riaprire al pubblico, dopo un pezzo di trekking intorno al cratere e all’isola giardino di Kauai, ora è il suggestivo Thurston Lava Tube, la popolare attrazione naturale a piedi sulla Big Island. Il tubo è ora accessibile 24 ore al giorno, con illuminazione dalle 8 alle 20, che rendono ancora più suggestivo il percorso da intraprendere con caschetto e torcia.
«Siamo felicissimi di poter nuovamente accogliere i visitatori a Nāhuku», ha detto in un comunicato stampa la sovrintendente dell’Hawai’i Volcanoes National Park, Rhonda Loh. «Apprezziamo la comprensione e il sostegno del pubblico durante questa lunga strada verso il recupero a seguito dell’intensa attività vulcanica del 2018 e raccomandiamo a tutti di essere consapevoli dei potenziali rischi che possono correre quando entrano in un qualsiasi tubo di lava».
A causa delle oltre 60 mila scosse di terremoto che fra il 30 aprile e il 4 agosto 2018 hanno messo a dura prova l’area, i visitatori potranno notare una serie di cambiamenti all’interno del tubo di lava, come pendere dal soffitto le lunghe radici degli alberi che crescevano lì sopra o ancora vaste macchie microbiche bianche che hanno colonizzato le pareti del tubo, entrambi <da guardare ma non toccare>.
Fonte: lastampa.it – Noemi Penna
Il basso costo della vita, gli ottimi servizi a standard occidentali, la sua indiscutibile bellezza e quiete ed il fatto che si può visitarla in completa autonomia semplicemente affittando un motorino e girando liberamente per l’isola, fa di Koh Phanganun luogo da visitare assolutamente durante il vostro viaggio in Thailandia.
Thong Nai Pan Bay è la più grande delle baie di Koh Phangan, molto scenografica e ben protetta dalle onde, al suo interno il mare è quasi sempre calmo. Tra tutte le baie dell’isola è quella che forse assicura il miglior mix tra bella spiaggia, varietà di alberghi e ristoranti e possibilità di fare belle escursioni.
Le spiagge sono due, Thong Nai Pan Noi e Thong Nai Pan Yai, una simile all’altra. La prima è più piccola e con pochi resort, quasi tutti di livello medio-alto. La seconda è più lunga e movimentata ed offre maggiori scelte sia riguardo agli hotel che ai ristoranti; bella, ampia, perfetta per nuotare. La sabbia è bianca e fine, il fondo del mare un velluto. A parte la piacevolezza e la tranquillità del posto la cosa che più si apprezza di Thong Nai Pan è la posizione ottimale per fare escursioni. Due delle spiagge più belle e caratteristiche dell’isola sorgono a soli 15/20 minuti di barca, la Bottle Beach a nord e Thaan Sadet poco a sud. Il modo più comodo per arrivare da Haad Rin o Thong Sala è il taxi o in minibus: la strada è ormai quasi tutta asfaltata ed attraversa la giungla.
Fonte: turismothailandese.it
L’isola del Pacifico di Niue è il primo Paese a diventare una nazione intera dal “cielo oscuro”
L’isola del Pacifico di Niue è il primo Paese al mondo a diventare una nazione intera dal “cielo oscuro”. I cieli scuri consentono alle persone di fare un’osservazione chiara e non inquinata delle stelle ed è piuttosto raro perché l’80% della massa terrestre della Terra soffre di inquinamento luminoso.
Niue è la nazione indipendente più piccola del mondo con una popolazione di poco più di 1600 persone e si trova al centro del triangolo formato da Samoa, Tonga e Isole Cook. Ora ha ricevuto l’accreditamento formale dall’International Dark-Sky Association come International Dark Sky Sanctuary e International Dark Sky Community.
Niue ha adottato misure significative per raggiungere questo status, tra cui la sostituzione completa dell’illuminazione in strada per l’intera isola e il potenziamento dell’illuminazione privata domestica. Ora ha una protezione formale per il suo cielo, la terra e il mare con le designazioni IDA International Dark Sky che si aggiungono alle misure esistenti. Questi includono una riserva marina che comprende il 40% della zona economica esclusiva di Niue e l’area di conservazione della foresta di Huvalu che contiene alcune delle specie di flora e fauna più minacciate al mondo.
Gli abitanti di Niue hanno una lunga storia di navigazione stellare e una vita regolata da cicli lunari e posizioni delle stelle. La conoscenza dei cieli notturni, detenuta dagli anziani della comunità, è stata tramandata attraverso le generazioni. Gli anziani ora sperano che la passione per l’apprendimento della storia culturale delle stelle sia riaccesa nelle generazioni più giovani. “Essere una nazione dal cielo oscuro aiuterà a proteggere i cieli notturni di Niue per le generazioni future degli abitanti dell’isola e i visitatori del Paese”, afferma Felicity Bollen, CEO di Niue Tourism.
I siti attualmente utilizzati per l’avvistamento delle balene e l’accesso al mare sono già istituiti sull’isola. Inoltre, l’interno dell’isola offre una vista spettacolare sul cielo e le strade che attraversano l’isola sono luoghi ideali per l’osservazione. “I visitatori potranno godere di tour guidati da membri della comunità altamente addestrati”, afferma Felicity. “Assisteranno alla meraviglia di un cielo notturno illuminato da migliaia di stelle.”
Fonte: lonelyplanet.com