La città bianca circondata dalla natura
Tetouan è una graziosa cittadina situata ai piedi del monte Gebel Dersa, nella zona nord occidentale del Marocco. Non lontana dal mar Mediterraneo, gli edifici, prevalentemente bianchi, sembrano arroccati gli uni sugli altri e si affacciano su una fertile valle ricca di frutteti con il profilo delle montagne del Rif alle spalle.
Di origine berbera, la città ha una storia legata indissolubilmente alla Spagna, del cui protettorato fu capitale fino a metà del secolo scorso. In passato numerosi ebrei migrarono dall’Andalusia intrecciando la loro cultura con popolazioni di religione musulmana, anch’essi esiliati dal vicino territorio spagnolo.
Circondata da spesse mura, la splendida medina, la città vecchia, rappresenta il centro delle attività quotidiane, animata dagli abitanti che affollano le tortuose stradine. Architettura araba e andalusa caratterizzano moschee e santuari insieme a souk e negozietti artigianali che vendono irresistibili manufatti, merci colorate e cibo locale, seguendo tradizioni tramandate da tempi lontani. Un’antica Kasbah domina il paesaggio e il Mellah, il quartiere ebraico, con le cornici delle porte decorate, sembra prendere vita soprattutto dopo il tramonto.
La Ville Nouvelle, la zona moderna, e la zona antica convergono nella vivace piazza Hassan II, abbellita da chioschi, fiori, fontane e case con balconi in ferro battuto, luogo ideale per sorseggiare un tè alla menta mentre si apprezza il palazzo Reale Khalifa di architettura ispano-moresca.
Gallerie e nicchie scavate nella roccia; acquedotti antichi e sarcofagi posizionati in modo da dominare le valli sottostanti. Il Paese andino non è soltanto la sua meta più celebrata. Una guida alla scelta
Il Perù archeologico non è solo lo splendido, ma inesorabilmente sovraffollato, Machu Picchu. Il paese regala al viaggiatore interessato alla sua storia millenaria e a scoprire i segni lasciati dagli antichi abitanti altri gioielli, in parte ancora poco frequentati dai turisti. Come le Ventanillas di Otuzco, necropoli di una popolazione preincaica che scavò nella roccia vulcanica centinaia di gallerie e nicchie simili a finestre rettangolari o quadrangolari che possono raggiungere i 10 metri di profondità. Si ammirano a soli 8 chilometri dalla città da Cajamarca, capoluogo della regione omonima che si trova nel nord del Paese.
Poco lontano, a circa 3000 metri d’altezza sulle montagne andine, si visita un altro sito archeologico preincaico: Cumbemayo. Qui si incontra un antico acquedotto lungo 8 chilometri, una spettacolare opera idraulica circondata da un suggestivo bosco di pietre dalle forme curiose, nei pressi di caverne ricche di incisioni e petroglifi. Nella regione settentrionale di Amazonas si trovano le tracce dei Chachapoyas, chiamati anche “guerrieri delle nubi” perché abitanti di una zona particolarmente nebbiosa. Particolarmente attenti al culto dei morti ci hanno lasciato in eredità i Sarcofagi di Karajia, monumenti funebri straordinari, scoperti nel 1985 e composti da 7 sarcofagi antropomorfi di circa 2.5 metri che dai loro 2000 metri d’altezza dominano la valle sottostante. Ottocento metri più in alto, sempre nel territorio dei Chachapoyas, si visita il complesso funerario di Revash, fatto edifici rettangolari finemente decorati da pitture rupestri color ocra o da disegni raffiguranti animali e persone, dove sono stati ritrovati gioielli, oggetti e ossa, lasciati come offerte ai defunti.
Nell’area centro-occidentale del Perù, in una spettacolare valle andina nella regione di Áncash, sorge il sito archeologico Chavín de Huantar, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Risalente, nella parte più antica, al 900 a.C. fu edificato come luogo di culto dalla popolazione Chavín. Incanta con il suo susseguirsi di terrazze e piazze, strutture in pietra lavorata e motivi prevalentemente zoomorfi, diventati nei secoli meta di pellegrinaggio per tutto il mondo andino. Anche l’arida regione della capitale Lima ha i suoi gioielli archeologici. Come Caral, città costruita 5000 anni fa su una suggestiva terrazza desertica affacciata sulla verdeggiante valle del fiume Supe. Occupa una superficie di ben 626 ettari e pare sia il più antico centro di civiltà delle Americhe. Il ritrovamento di un quipu (il sistema di nodi usato nelle civiltà andine per registrare le informazioni) testimonia lo sviluppo della società Caral. Avvicinandosi al Machu Picchu, a 3050 metri d’altezza, tra i dipartimenti di Cusco e Apurímac, si incontra il maestoso Parco Archeologico di Choquequirao. Sono i resti di una città costruita tra il XV e il XVI secolo in linea geo-cosmica rispetto a Machu Picchu e ancora in gran parte sepolta nella foresta.
Gli archeologi ritengono che anticamente occupasse una superficie circa tre volte più grande di Machu Picchu, con il tempio e gli edifici amministrativi edificati attorno alla piazza centrale e le zone residenziali verso la campagna. A poco più di cento chilometri da Cusco si visita, infine, il Complesso Archeologico di Raqchi, che ospita un tempio eretto in onore di Wiracocha, il dio della creazione e della civiltà nel mondo andino, considerato una delle costruzioni più audaci degli Incas. Realizzato in adobe, l’impasto di argilla, sabbia e paglia essiccato al sole su fondamenta di pietra vulcanica, il tempio ospitava gli alloggi dei sacerdoti, un’area per i rituali e fonti d’acqua in cui i religiosi si lavavano prima delle cerimonie.
Fonte: repubblica.it
IL NUOVO POLO ARTISTICO, PREVISTO PER IL 2025, SORGERÀ A MASSY – POCO FUORI DALLA CAPITALE FRANCESE – IN UNO SPAZIO DI OLTRE 22MILA METRI QUADRATI. IL COSTO COMPLESSIVO SI AGGIRA ATTORNO AI 50 MILIONI DI EURO
È ora in cantiere un nuovo polo artistico e culturale firmato Centre Pompidou. L’annuncio è stato dato dal museo parigino dopo aver siglato un accordo con il Ministero della Cultura, la Région Île-de-France, il Dipartimento dell’Essonne, la Comunità Paris-Saclay e il comune di Massy. La nuova sede, la cui apertura è prevista per il 2025, sorgerà in uno spazio di oltre 22mila metri quadrati nel comune di Massy, a circa 45 minuti in auto dalla capitale. Il progetto fa parte di un piano di espansione che concepisce il prestito e la collaborazione con soggetti internazionali come un elemento imprescindibile dell’attività museale. Il Centre Pompidou ha aperto negli ultimi anni avamposti a Bruxelles e Metz, in Francia, mentre è attesa l’inaugurazione dello spazio a Shanghai.
IL NUOVO POLO DEL CENTRE POMPIDOU
Con questa nuova Fabbrica dell’Arte si apre una linea di comunicazione importante tra il cuore storico di Parigi e il territorio circostante dell’Île-de-France. La nuova sede sarà pensata come un’istituzione artistica dinamica dalla doppia azione: polo di eccellenza per la conservazione e il restauro delle opere presenti nella collezione della “casa madre” e centro di diffusione culturale mirata a dialogare con le comunità locali, tramite una programmazione interdisciplinare. Al suo interno ospiterà mostre, workshop, proiezioni e spettacoli con il coinvolgimento di scuole, università, associazioni locali e culturali. I principi che guideranno la sua attività sono stati riassunti in un elenco di sette punti, in cui rientrano “arte come luogo da vivere”, promuovendo la familiarità e un rapporto quotidiano con il centro; “arte più vicina”, poiché questo progetto permetterà, anche a chi non può spostarsi facilmente, di avere a disposizione le opere del Centre Pompidou a poca distanza da casa; “arte al plurale”, per puntare sulla multidisciplinarietà delle iniziative; “arte e scienza”, per espandere ancora di più i confini della ricerca; e “arte al plurale”, all’insegna dell’incontro e della collaborazione.
IL NUOVO POLO DEL CENTRE POMPIDOU: LA COLLEZIONE
Oltre ad occuparsi del restauro e della conservazione delle opere provenienti da musei esterni, il polo culturale del Pompidou a Massy disporrà anche di una propria collezione: come punto di partenza, ci saranno 5mila pezzi provenienti dai depositi del Musée National Picasso-Paris. Con la prospettiva di arricchire in futuro il proprio nucleo espositivo, sono previsti anche spazi aggiuntivi da utilizzare in caso di ampliamento; il tutto gestito con la collaborazione della vicina Università Paris-Saclay, la quale metterà a disposizione il know-how dei suoi docenti e coinvolgerà gli studenti per introdurli professionalmente alle diverse mansioni museali.
Fonte: Atribune.com – Giulia Ronchi
C’è una terra mitica dove riempire lo sguardo di tutta la bellezza possibile, ascoltandone i silenzi e gli echi di un passato che si ritrova in ogni angolo. Quel luogo dal carattere arabeggiante e dai panorami selvaggi, è l’Oman, una meta non troppo conosciuta che si apre piano piano al turismo. Mantiene con fiero orgoglio, però, la sua variegata meraviglia fatta di bianche moschee intarsiate e luminose, di wadi (letti dei fiumi) dall’acqua verde smeraldo nei quali rinfrescarsi tra milioni di pesci, di oasi tra paesaggi rocciosi, di antiche capitali, di souq carichi di ogni oggetto possibile e di dorati deserti di sabbia. Proprio tra le pieghe delle dune, accompagnati da un vento leggero che regala all’orizzonte un effetto sfumato, ci si concede una corsa adrenalinica in 4×4 alla volta di mercati di spezie e profumi, inebriati da uno spettacolo unico che resterà nel cuore per sempre.
Volare verso la terra dell’incenso
In Oman tutto profuma di incenso (la cui resina si recava dall’onnipresente albero), fiori ed essenze deliziose; non a caso è la terra di Amouage, l’azienda di profumeria di lusso che vanta alcuni dei flaconi più rari e cari al mondo. Il modo più comodo per giungere è affidandosi alla compagnia aerea nazionale Oman Air, che opera quotidianamente da Milano Malpensa a Muscat con due voli, al mattino alle 10 e alla sera alle 22 dal capoluogo lombardo e alle 2 del mattino e alle 14.45 dall’Oman. La sua business class ha un servizio di ottimo livello con un grande rapporto qualità-prezzo. Il suo layout innovativo è paragonabile a molte cabine di prima classe, con divisori di privacy regolabili e un vero letto nel cielo senza compromettere lo spazio per le gambe e diverse opzioni di intrattenimento. Altrettanto confortevole la classe economy che garantisce una piacevole esperienza a bordo.
Inizia il viaggio
Nell’incontaminato profilo di un Paese stuzzicato dalla vanità opulenta, ma dal forte patrimonio storico e dal grande senso di identità, chi giunge all’aeroporto di Muscat sa che inizierà un’avventura in un mondo arabo autentico, non ancora deteriorato dalla ricchezza esagerata. Il volto nuovo dell’Arabia con un animo antico si nota ovunque: nei bassi edifici in pietra delle città dal fascino tradizionale, nei valori intatti dei beduini campioni di ospitalità e nelle bellezze naturali che passano anche dalle coste di acqua trasparente su litorali baciati dal sole. E proprio dalla capitale del sultanato inizia di solito un magico soggiorno tra le emozioni di un passato che ritorna continuamente e la presenza di modernissime infrastrutture alternate a belle spiagge e a vivaci quartieri moderni o a datati mercati e bazaar. Ha un fascino indefinibile Muscat, diverso dagli altri centri abitati della regione. I grattacieli sono pochissimi e ogni edificio, di solito basso e di colore bianco o color sabbia, deve richiamarsi alla tradizione locale con una cupola o una finestra con arabeschi. Per il decoro della zona, inoltre, è vietato spostarsi con auto che non siano perfettamente pulite. Il nome significa letteralmente “porto sicuro” e il mare svolge ancora un ruolo fondamentale, per l’arrivo dei visitatori, per i commerci e per gli splendidi paesaggi che regala. Affacciata sul golfo dell’Oman, la città si trova ai piedi della catena dell’Hajar, tra i principali rilievi della regione, e fu abitata fin dal quinto millennio a.C, poi nel Cinquecento fu occupata dai portoghesi e a metà Seicento il sultano Bin Sayf vi fondò un impero esteso da Zanzibar al Pakistan. Oggi le influenze di questo continente restano soprattutto nel cibo, un mix di Asia e Africa e per chi volesse provare il meglio delle pietanze tipiche un indirizzo interessante può essere quello di Bait Al Luban, con vista su Mutrah corniche. Quest’ultimo è uno dei quartieri più belli dove cogliere l’essenza omanita, lungo un percorso ricco di eleganti edifici con finestre a graticcio e fascinose moschee. Quest’area portuale ha la tipica atmosfera di un villaggio di pescatori e al crepuscolo regala il meglio di sé, anche per la presenza del vicino souq, dove contrattare il prezzo di datteri, magneti, lampade multicolorate, spezie, il caratteristico pugnale, profumi e argento e portare a casa un pezzo di una magica location in un dedalo di viuzze traboccanti di ogni bene. Da vedere assolutamente c’è anche la moschea del Sultano Qaboos, la più grande del Paese aperta ai visitatori e con interni realizzati in marmo di Carrara. La Grand Mosque, capolavoro dell’architettura islamica moderna, è il regalo fatto dal sultano Qaboos al suo popolo per il 30esimo anniversario della sua ascesa al trono. Imponente e tutta bianca all’esterno, all’interno è carica di mosaici, lampadari giganteschi e disegni geometrici e floreali dai colori sgargianti. Il tappeto persiano che vi si trova, è il secondo più grande del mondo dopo quello di Abu Dhabi e fu realizzato nell’arco di quattro anni da oltre 600 tessitrici. Immancabile il giro al Museo Nazionale dell’Oman, che espone una collezione molto ricca di gioielli, costumi tradizionali, scrigni intagliati, manufatti in bronzo e il dhow, la locale imbarcazione. E poi c’è la Royal Open House, fiore all’occhiello e cuore della programmazione culturale, teatrale e musicale di tutto il Sultanato, sin dall’inaugurazione nel 2011. La sera a Muscat ci si può immergere in un mix di atmosfera europea e araba all’hotel W Muscat con i suoi ristoranti e gli aperitivi nella terrazza con eccezionale vista della città. Per chi vuole, infine, concedersi un soggiorno da mille e una notte, l’albergo di riferimento del jet set internazionale (di recente visitato anche da Chiara Ferragni e Fedez) è The Chedi Muscat, membro di The Leading Hotels of the World. L’architettura è in stile orientale con un tocco moderno e intorno è un trionfo di giardini, fontane, tre piscine, tra le quali spicca quella più grande del Medio Oriente di ben 100 metri, ristoranti di primo livello e 350 metri di spiaggia privata.
Verso il tropicale Salalah
Cambia scenario completamente, quando si giunge in Salalah e si capisce che la principale peculiarità dell’Oman è proprio la diversità dei suoi paesaggi. Nella sua provincia più meridionale ci si perde tra piantagioni di banane, palmeti rigogliosi con vista Oceano Indiano e frutta tropicale, volando in un altro mondo diviso dal resto del Paese da un lungo deserto di ghiaia. Per secoli centro del commercio dell’incenso, rappresenta un mosaico etnico di popolazioni e il periodo migliore per la visita è durante o subito dopo il passaggio del kharif (da giugno ad agosto), caratterizzato da nebbie e deboli piogge. Il capoluogo del Dhofar è una pittoresca città subtropicale ancora legata agli antichi possedimenti omaniti nell’Africa orientale e chi vuole meglio conoscerne il passato può organizzare un giro nel Museum of the Frankincense Land con le antiche rovine di Al Baleed all’esterno. Sono ciò che rimane di Zafar, il porto commerciale del XII secolo dal quale l’incenso veniva spedito in India per essere scambiato con spezie pregiate. Il museo ne ricostruisce la storia a partire dal 2000 a.C e si trova poco distante dallo splendido Al Baleed Resort Salalah di Anantara, totalmente immerso nella natura. E proprio nella “città giardino” del sud, non si può perdere la visita a una Garden Farm, tra boschetti di cocco, banana, papaia e verdure e casette in rovina sullo sfondo. E poi c’è lo stop alla bellissima Moschea Shanfari con le sue squisite opere d’arte e piastrelle colorate.
Alla scoperta del Dhofar
Da qui parte la via dell’incenso che, dall’epoca romana, collegava la penisola arabica con il mondo mediterraneo. Per le escursioni in Oman è sempre meglio affidarsi ad accreditate guide, in particolare uno dei nomi più noti e di sicura affidabilità e competenza è Zahara Tours (www.zaharatours.com) che offre tour personalizzati alla scoperta del Sultanato delle meraviglie. Una settimana guidati da questi “angeli custodi” locali permette di non perdersi nulla: dagli antichi Forti, al deserto, alla vibrante Muscat, fino alla montagna delle rose di Jabal Al Akhdar o al bagno in una depressione carsica, ai bordi di un antico cratere vulcanico o al giro tra i principali souq. Esplorando il Dhofar, una interessante visita è quella al villaggio di pescatori di Taqa, una città vecchia con un interessante castello circondato da torri di avvistamento e case in pietra. Si prosegue fino al torrente Khor Rori, il sito della città in rovina di Samhuram e capitale del commercio di incenso dell’Antica Arabia e si osservano gli scavi che mostrano un luogo legato a scambi commerciali via mare con destinazioni dell’Estremo Oriente e con la Grecia. C’è, poi, Mirbat, l’antica capitale del Dhofar, che era una città importante già nel IX secolo per il suo commercio di incenso, cavalli e schiavi e della quale oggi restano vecchie abitazioni famose per le sculture in legno. In loco, una dei siti storici più famosi di Dhofar è la tomba di Bin Ali con la sua struttura a doppia cupola e l’architettura medievale, che è molto importante per i locali. Chi si trova nel Salalah, dovrebbe prevedere un passaggio a Ayn Razat, dai curatissimi giardini tra le rocce alimentati da sorgenti sotterranee naturali, dove concedersi un rilassante picnic immersi nella natura.
Jebel Akhdar: tra silenzi, meraviglia e profumo di rose
Jebel Akhdar (o Jabal Akhḍar), in arabo significa “Montagna verde” e, in effetti, spicca con i suoi terrazzamenti e un’area fertile coltivata principalmente a melograno, albicocche e frutteti di ottima qualità. Qui si possono organizzare scalate, trekking, canyoning o semplici escursioni e, da marzo a maggio, le pendici si colorano di vaste chiazze di rosa per la fioritura dell’omonimo fiore. Il luogo più bello per ammirare questo spettacolo, soprattutto ad aprile, è Al Ayn con le rose della specie Jebel Akhdar che vantano 35 petali e un intensissimo odore, che rende l’idea della meraviglia dell’acqua venduta nei laboratori e lavorata nelle vicine distillerie. Una passeggiata in alta quota tra villaggi abbandonati, permette di notare pure piante rare, coralli fossilizzate e il profilo delle montagne occidentali di Hajar che cambia con le stagioni. Proprio in quest’area sorge l’Anantara Jabal al Akhdar, con una vista mozzafiato nei dintorni e dove provare un mocktail (cocktail senza alcool al tramonto) con vista su Diana’s Point. Il resort, infatti, sorge nel preciso punto nel quale diversi anni fa Lady Diana arrivò in elicottero con il principe Carlo accompagnata dal sultano. Inutile dire che ne rimase molto affascinata.
Da Nizwa alla notte nel deserto
Nizwa, l’antica capitale, permette di fare un vero salto indietro nel tempo. Sorge nella spettacolare regione delle montagne, tra le maggiori attrazioni turistiche dell’Oman e vanta la presenta di un caratteristico souq (compreso quello del bestiame) e del famoso Forte. La cittadina storica, a due ore da Muscat, è circondata da un’oasi verdeggiante e dal Nizwa Fort, fatto erigere nel XVII secolo dal Sultan Bin Saif al Yaruba e completato in 12 anni. Noto per la sua torre a pianta circolare alta 40 metri, in cima garantisce la vista su splendide piantagioni di datteri. Da qui si può far rotta verso il deserto, con la sua magia, specie al tramonto. L’esperienza più bella quando si scelgono queste dorate distese immerse nel silenzio, è quello di dormire in un campo tendato come 1000 nights camp, situato tra le dune dell’area di Sharqiya Sands. Bellissimo godere di un pasto circondati da uno sfondo di questo tipo, riunirsi di fronte al fuoco nell’accampamento e dedicarsi a una notte detox senza internet e a tu per tu con la natura. Questo tratto di terra è noto anche come Wahiba sands, dal nome della tribù di Beduini che lo popola.
Tra wadi e bagni
Prima di tornare “alla base” a Muscat, e godere ancora della sua atmosfera, ci si può dirigere verso Sur, dove si può visitare il molo dei pesci e la fabbrica di dhow, la tipica imbarcazione che qui viene costruita anche per molti Paesi africani. E poi concedersi un bagno nelle acque verde blu di Bimah Sinkhole, uno spettacolare cratere calcareo situato in una depressione carsica. Per concludere un viaggio spettacolare, è buona idea fermarsi al Wadi Arbayeen per un pasto tipico a base di pane omanita, Meshkak, Baba Ghanoush, falafel e un delizioso mix di proposte indiane e libanesi. E per finire Halwa e tè o caffè.
Fonte: ilmessaggero.it
Secondo la rivista d’architettura ‘Architectural Digest’, nella classifica delle dieci strade più belle del mondo c’è anche via dei Coronari a Roma. 500 metri di lunghezza, la via era un tempo battuta dai pellegrini per andare a San Pietro: deve il suo nome ai venditori di corone religiose che affollavano la strada.
Ci sono strade bellissime nel mondo, che solo a percorrerle danno l’impressione di essere catapultati in un’altra epoca. Sono quelle vie, spesso nate centinaia di anni fa, che ancora presentano i segni delle civiltà antiche che l’hanno attraversate e che hanno vissuto in quei borghi. E per questo sono speciali e diventano meta di turisti da ogni parte del mondo. Via dei Coronari a Roma è una di queste. Non a caso è stata inserita nella classifica delle dieci strade più belle del mondo dalla rivista di architettura ‘Architectural Digest’: un traguardo importante per la capitale, che di strade suggestive ne ha in effetti moltissimi. Ma cos’è che rende via dei Coronari così speciale?
L’origine del nome di via dei Coronari
Lunga appena 500 metri, via dei Coronari parte da via del Curato e termina a via di Sant’Agostino nel rione Ponte. Deve il suo nome ai venditori di corone religiosi, i cosiddetti ‘coronari’, che affollavano la via ricca di pellegrini che andavano verso San Pietro. Anche conosciuta come la via Recta per via del suo andamento regolare, la sua origine risale al Medioevo. Un tempo era ricca di bottegai che vendevano oggetti sacri: i negozi sono rimasti, ma nelle vetrine – al posto dei rosari fatti a mano e delle icone – sempre più spesso si trovano boutique o souvenir per i turisti. Nonostante questo, via dei Coronari non ha perso il suo antico fascino.
La storia di una delle strade più belle del mondo
Via dei Coronari è una via che unisce sacro e profano. È qui che lavoravano due delle cortigiane più famose di Roma: si trattava di Imperia e Fiammetta, due donne bellissime vissute durante il Rinascimento. Immortalate da artisti e cantate dai poeti, erano il sogno dei viandanti e dei pellegrini che passavano dalla via per andare a San Pietro. Non solo: Fiammetta fu l’amante di Cesare Borgia, Figlio illegittimo di papa Alessandro VI e di Vannozza Cattanei, è stato un politico e condottiere italiano i cui metodi erano così cruenti da essere ricordato come uno dei principi più sanguinari della storia d’Italia.
Fonte: roma.fanpage.it
Scava sotto casa (abusivamente) e trova una statua del faraone. Quando si dice, notizie dagli scavi. Una grande statua raffigurante il faraone Ramses II il Grande è riaffiorata durante uno scavo in un’area a venti chilometri dalle Piramidi di Giza, a sud-ovest della capitale egiziana del Cairo. Pensare che lo scavo era persino clandestino, perché non autorizzato. Un uomo si era messo a scavare sotto casa senza permesso e ha intercettato il reperto. La notizia, che sta avendo un’eco mediatica internazionale, è stata annunciata dal Ministero delle Antichità, che ha definito la scoperta «rara» e «storica». È, infatti, il primo busto del genere portato alla luce vicino alle piramidi di Giza. A riemergere dalla terra è un busto-ritratto in granito rosa del leggendario faraone, considerato dagli storici, forse, il più grande di tutti i sovrani dell’antico Egitto, sicuramente il più longevo visto che il suo regno è durato sessantasette anni (collocabili presumibilmente fra il 1279 e il 1212 a.C.), lasciando in eredità un Paese ricco e potente.
Un’altra particolarità è che sul busto di Ramses II è inciso il simbolo «Ka» dell’antica mitologia egizia che rappresenta l’anima di una persona o di un dio che continua a vivere in una statua dopo la sua morte. Secondo gli archeologi è la prima volta che questa iscrizione viene identificata in una scultura. Il busto, alto 105 centimetri, è stato trovato da una squadra di archeologi del Ministero in una proprietà privata a Mit Rahina, non lontano dall’antica città di Menfi.
La scoperta è avvenuta per puro caso. Sullo sfondo della vicenda, infatti, c’è la “solita” storia di uno scavo clandestino. Come riportano le agenzie locali, un uomo di 62 anni aveva deciso di scavare, senza permesso, sotto la sua casa nel villaggio di Mit Rahina. Le autorità pubbliche sono intervenute, dopo aver appreso dell’operazione illegale, ed hanno arrestato l’uomo nello scorso mese di novembre ma poi hanno deciso di continuare gli scavi dopo aver notato alcuni interessanti affioramenti dal terreno.
Di lì è cominciata l’impresa ufficiale di indagine archeologica che ha riportato alla luce fior di sorprese. Con grande stupore, gli archeologi del Consiglio superiore delle antichità egizie hanno fatto una serie di sorprendenti scoperte di reperti. I ricercatori hanno portato alla luce anche i resti di un tempio sconosciuto dedicato a Ptah, il dio degli artigiani, dei costruttori e della fertilità. Secondo gli studiosi, Ptah nella città di Menfi era venerato come “il Maestro degli Uomini”.
Ed è da questo contesto che è stata intercettata la possente statua del faraone scolpita in un raro granito rosa. Solo la parte superiore della statua è stata trovata intatta mentre il resto è in frammenti. La parte della statua intatta è alta 1,05 metri ed è larga 45 cm. Moustafa Waziri, segretario generale del Consiglio superiore delle Antichità egizie, ha precisato che la statua immortala Ramses II nella posa di “Elka”, «simbolo di forza, vitalità e spirito». Ramses il Grande indossa una parrucca e una grande corona. Gli esperti sono stati in grado di identificare la statua con il mitico faraone poichè un’incisione di Nakht Mari Matt, un epitaffio associato a Ramses, che significa «forte toro», è stata trovata incisa sul retro della scultura.
Fonte: www.ilmessaggero.it – Laura Larcan
Questo aeroporto ha qualcosa di inaspettato: una mostra d’arte!
Se ti capita di volare all’Aeroporto delle Marche, l’aeroporto Ancona-Falconara, avrai la possibilità di vedere qualcosa di piuttosto inaspettato in un aeroporto: una mostra completa dei capolavori più famosi di Raffaello.
“Raffaello: una mostra impossibile” celebra il 500° anniversario della morte di Raffaello, che ricorre nel 2020. Il famoso pittore rinascimentale è nato a Urbino, una città nelle Marche, e l’aeroporto si chiama “Aeroporto Raffaello Sanzio”, in suo onore.
La mostra presenterà 45 riproduzioni meticolosamente accurate dei dipinti di Raffaello, che sono esposti nei più grandi musei d’arte del mondo. Potrai vedere, per esempio, La scuola di Atene, che è affrescata nel Palazzo Apostolico del Vaticano; o la Madonna Connestabile, che è conservata al Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo. Le riproduzioni sono stampate su un tipo speciale di tessuto retroilluminato, in modo da aiutare i visitatori a cogliere ogni singolo dettaglio di ogni dipinto – qualcosa che potrebbe non essere possibile stando a distanza di sicurezza in un museo.
La mostra celebrerà la breve ma intensa vita di Raffaello per ottenere il maggior numero possibile di persone, sia italiane che straniere, per “incontrarlo” per la prima volta. “Non è solo una mostra, ma un nuovo tipo di museo e un nuovo modo di creare cultura”, ha dichiarato il presidente delle Marche Luca Ceriscioli, in una nota.
Secondo l’assessore regionale al Turismo e alla Cultura Moreno Pieroni, questa mostra è una rappresentazione perfetta di uno dei più grandi incanti marchigiani, che è “scoprire meraviglie in un luogo dove non ci si aspetterebbe di trovarle, come un aeroporto”. La mostra rimarrà all’aeroporto delle Marche fino alla fine di gennaio 2020.
Fonte: lonelyplanet.com
Conosci la frase: “fortunati viviamo alle Hawaii”. Qui ci sono un certo numero di cose che ci fanno sentire fortunati nel chiamare “casa” una delle isole Hawaii.
1. Quasi 365 giorni di tempo fantastico
Come sarà il tempo domani? Splendidi 27 gradi, come al solito.
2. Surf
Le Hawaii sono la culla del surf moderno e lo puoi godere tutto l’anno.
3. Spiagge
Le spiagge delle Hawaii sono in cima alle liste delle migliori spiagge del mondo ogni anno. Inoltre, indipendentemente da dove ti trovi, la spiaggia non è mai lontana più di 30 minuti. E sono di tanti colori.
4. Lo spirito dell’Aloha
È una cosa reale, che comprende tutto.
5. Poke
Fresco dei nostri mari, troverai il miglior poke nei supermercati e nei ristoranti a cinque stelle.
6. Shave Ice
Tutti gli sciroppi naturali di provenienza locale versati sul ghiaccio tritato più fine. Questo delizioso shave ice è un modo di vivere.
7. Il tempo sull’isola
Non c’è bisogno di affrettarsi.
8. Ukulele
È il suono che le isole producono.
9. Tramonti Technicolor. E albe.
Siamo viziati con panorami perfetti di Instagram ogni volta che il sole tramonta e sorge.
10. Malasadas
Il piacere arioso e ricoperto di zucchero che può essere mangiato sempre e ovunque.
11. Flora tropicale
Basta uscire, puoi vedere e annusare la plumeria, gli uccelli del paradiso, l’eliconia, il pikake, l’ibisco.
12. Cucina regionale delle Hawaii
Le Hawaii hanno un proprio movimento alimentare basato sull’utilizzo di ingredienti locali e sulla fusione delle nostre diverse influenze culinarie etniche.
13. Hula
Che si tratti di un raduno nel cortile di casa o delle intense competizioni dell’annuale Merrie Monarch Festival, le vivaci tradizioni di hula sono fiorenti.
14. Arcobaleni
Rende il nostro cielo colorato su base giornaliera.
15. Shakas quando guidiamo
Certo, potremmo rimanere bloccati nel traffico, ma quando incontri qualcuno, condividi uno shaka.
16. Spam
Amiamo così tanto lo spam che abbiamo dedicato un festival annuale alla carne in scatola.
17. Stile di vita all’aperto
Le Hawaii sono un paradiso per gli avventurieri: surf, immersioni, snorkeling, kayak, canoa, trekking, mountain bike, campeggio.
18. Loco Moco
Classico cibo locale che ha tutte le cose che amiamo in un unico piatto: riso, carne e uova perfettamente fritte, tutte ricoperte da una ricca salsa.
19. Camicie Aloha
L’iconica camicia Aloha ha subito una rinascita per mano dei designer locali. I designer delle Hawaii hanno spinto i confini della moda maschile e femminile.
20. Diversità
Le Hawaii sono lo stato più vario della nazione.
Fonte: hawaiimagazine.com
VIVI LA MIGLIORE OSPITALITÀ MAROCCHINA AL PALAIS AZIZA & SPA
Palais Aziza and Spa è ben posizionato nella nicchia più esclusiva di “La Palmeraie” di Marrakech. Questo boutique hotel a 5 stelle è un elegante paradiso del lusso nascosto in due acri di giardini lussureggianti e offre una vista magica sul maestoso paesaggio delle montagne dell’Atlante.
Unendo architettura tradizionale con servizi all’avanguardia, l’hotel offre intimità e raffinatezza. Ogni stanza è eccezionale nell’arredamento. Spazi caldi, lusso senza ostentazione, con toni naturali e linee autentiche. Materiali pregiati, mobili progettati su misura, magnifiche opere d’arte accuratamente selezionate e dipinti creativi.
L’hotel è composto da 28 unità, tra cui 18 camere e suite nell’edificio principale, sei padiglioni, ognuno con uno spirito mistico unico ispirato alle città del Marocco e quattro spaziose ville immerse nei loro giardini privati. Tutte le opzioni di alloggio vantano lussuosi letti con piumini e un menù di cuscini, bagni squisitamente progettati e tutti i comfort moderni, tra cui WiFi gratuito, TV satellitare e servizio di couverture serale.
Sia che tu scelga di abbandonarti a uno dei trattamenti spa esclusivi dell’hotel o di sperimentare i mistici rituali dei tradizionali Hammam marocchini, la spa rinnovata di recente al Palais Aziza offre tutto il necessario per rilassarti e liberarti da ogni tensione e negatività. Utilizzando una linea di prodotti per la cura della pelle organici creati su misura esclusivamente per l’hotel da Ila Spa, gli ospiti saranno proiettati in un’esperienza unica di lusso che è curativa, olistica e profondamente radicata nella natura.
Due splendide piscine all’aperto, una delle quali riscaldata durante i mesi più freddi, si trovano nel cuore dell’hotel e offrono agli ospiti un posto per rilassarsi mentre si prende il sole e si ammirano gli splendidi giardini. Il Citrus Bar serve cocktail deliziosamente rinfrescanti, perfetti da sorseggiare a bordo piscina.
La sera, il ristorante Maroliano serve squisite specialità marocchine a la carte ed europee, utilizzando gli ingredienti biologici più freschi e di provenienza locale, molti dei quali provengono direttamente dai giardini biologici dell’hotel. Il Maroliano Bar & Lounge offre l’atmosfera perfetta per sedersi e gustare un drink serale e un sigaro. Per un pranzo leggero all’aperto, La Pergola offre uno splendido spazio all’aperto ombreggiato da ulivi dove è possibile osservare gli esperti chef dell’hotel che lavorano al forno Josper all’avanguardia.
Al fine di garantire comfort e facilità ai propri ospiti, l’hotel offre anche un servizio navetta gratuito giornaliero per la città, nonché un servizio di trasferimento dall’aeroporto.
Fonte: xoprivate.com
Il 2020 non arriva contemporaneamente in tutto il pianeta
Grazie ai diversi fusi orari che suddividono il pianeta in 24 zone, il Nuovo Anno non arriva nello stesso momento ovunque.
24 fusi orari come le ore che la Terra impiega a fare un giro sul proprio asse e che partono dal fuso ZERO di Greenwich: spostandosi da questo punto verso est il conteggio orario cresce mentre verso ovest decresce.
I primi nel mondo a festeggiare l’arrivo del nuovo anno sono gli abitanti di un’isoletta situata nel cuore dell’Oceano Pacifico. Si tratta dell’isola Kiritimati, chiamata anche Christmas, a seguito della sua scoperta nel Natale del 1777 da parte dell’esploratore e capitano James Cook. Nello stesso fuso orario troviamo le isole Tonga e le isole dello stato di Samoa (occidentali).
Anche se a poca distanza, le isole Samoa Americane (orientali), territorio degli Stati Uniti, trovandosi a est rispetto alla “linea del cambiamento di data”, vedranno arrivare il capodanno per ultime nel mondo.
Tornando alla linea del tempo, dopo le isole del Pacifico, arriva Auckland in Nuova Zelanda, la prima grande città a dare il benvenuto al nuovo anno, insieme alle isole Fiji. Segue Sidney in Australia, che al rintoccare della mezzanotte regala lo straordinario spettacolo dei fuochi pirotecnici nella sua accogliente baia davanti all’Opera House e al Harbour Bridge.
Dopo Sidney, troviamo Tokyo e ad un’ora di distanza Pechino, Hong Kong e Singapore e ad un’altra ora di distacco Bangkok.
Da Nuova Delhi si passa a Dubai: la città dall’architettura futuristica a Capodanno esprime il meglio in termini di effetti visivi e luminosi, che si aggiungono a quelli che già di solito la illuminano in modo sorprendente tutte le notti.
Anche Mosca, Il Cairo e Helsinki salutano il nuovo anno un’ora prima di Roma e di tante zone nell’Europa centrale, come Madrid, la romantica Parigi e Berlino, che concentra i festeggiamenti intorno alla Porta di Brandeburgo. Londra ha lo stesso fuso di Greenwich, un’ora dopo l’Italia.
Nelle Americhe, le prime città a festeggiare si trovano nel continente meridionale, come Rio de Janeiro, dove migliaia di persone ogni anno, direttamente dalla spiaggia, assistono ad uno straordinario spettacolo pirotecnico che illumina tutta la baia.
A nord, le principali città della costa Atlantica sono le prime in cui arriva l’1 gennaio. Famoso, e sempre molto atteso, è l’evento a Time Square a New York dove l’iconica “Ball Drop” scandisce l’ultimo minuto del 2019 scendendo dalla sommità del grattacielo One Times Square fino alla base della piazza, dove un milione di persone attendono il 2020. Oltre ai fuochi d’artificio che illuminano la Grande Mela, sulla testa dei presenti vengono lanciati migliaia di bigliettini contenenti desideri e messaggi di speranza.
Spostandosi a ovest lungo la linea del tempo, a distanza di poche ore, celebrano l’evento Chicago, Dallas, Denver e infine Los Angeles e Las Vegas, dove oltre ad un’esplosione di luci, musica e giochi pirotecnici lungo la famosa Strip, nei teatri dei principali alberghi, si esibiscono artisti di fama mondiale, del calibro di Lady Gaga al MGM Resort, Maroon 5 al Mandalay Bay e Christina Aguilera al Planet Hollywood.
Mentre in Italia si consuma il primo pranzo del 2020, il nuovo anno viene salutato ancora nell’Oceano Pacifico, a est rispetto alla “linea del cambiamento di data”, da cui siamo partiti quasi 24 ore fa. Troviamo Rarotonga, alle isole Cook insieme alle Hawaii. Lo stato dell’Aloha si presenta al nuovo anno con magnifici fuochi d’artificio che illuminano tutto il cielo davanti alla sfavillante Waikiki.
Come anticipato, le ultime isole ad entrare nel 2020 sono le Samoa Americane con la famosa capitale Pago Pago.
Il giro del mondo si è virtualmente concluso e per 24 ore sono numerose le immagini che continuano ad arrivare sui nostri dispositivi per farci partecipare alle celebrazioni di Capodanno.
BUON 2020!