Situata nella Valle delle Regine a Luxor, la tomba di Nefertari è una testimonianza inestimabile dell’arte funeraria degli antichi Egizi e contiene meravigliosi dipinti tra i meglio conservati in tutto il Paese.
Nefertari fu la “grande sposa reale” del faraone Ramses II e visse più di 3300 anni fa. Preferita dal faraone fra tutte le numerose mogli , bella, con lunghi capelli neri, intelligente e colta, sapeva leggere e scrivere, dote che, considerata l’epoca, rappresentava una rara prerogativa. Era una donna molto potente ed influente che mise al servizio del regno le sue capacità dedicandosi attivamente alla politica. Intrattenne strategici rapporti diplomatici, in modo particolare con la moglie del sovrano Ittita, la regina Pudukhepa, favorendo l’importante processo di pace tra i due popoli. Una figura di spicco che appariva in pubblico quasi sempre al fianco del faraone.
Ramses II la amò profondamente e le rese un onore supremo dedicandole il “tempio minore” di Abu Simbel, rappresentandola alla sua stessa altezza e deificandola ancora in vita. Sembra che il viaggio lungo il Nilo che intraprese insieme a Ramses II per partecipare all’inaugurazione dei due templi ad Abu Simbel le fu fatale. Si ammalò e fu costretta a rimanere a bordo della nave durante la sontuosa cerimonia. Si spense durante il ritorno. Il faraone affranto le dedicò tutti i fasti e le attenzioni riservati ad una regina del suo rango e la accompagnò alla sua ultima dimora a Tebe.
La tomba di Nefertari fu scoperta nel 1904 da Ernesto Schiaparelli, all’epoca direttore del Museo Egizio di Torino. Dopo un lungo lavoro di restauro, la grande tomba ipogea della regina si presenta in uno stato straordinario di conservazione con stanze arricchite da rilievi stuccati e dipinti dettagliati, dai colori vivaci. Il soffitto azzurro è costellato di stelle gialle. Il tempo di visita è limitato a circa 10 minuti. Accorgimento necessario per preservare il delicato e prezioso sito.
L’iconografia è focalizzata sul viaggio di Nefertari nell’aldilà. Seguendo l’iter egizio del Libro dei Morti e facendosi guidare dalla dea Hathor, la defunta si presenta al cospetto delle divinità che la conducono da Osiride, signore del Regno dei Morti, e da Ra, signore del Cielo. Iside, la dea dell’amore, la aiuta nel processo di trasformazione verso l’immortalità.
Attualmente, con il massimo rispetto, si può omaggiare simbolicamente la “grande sposa reale” contribuendo ad alimentare il suo “ka”, l’elemento spirituale che continua a vivere dopo la morte, secondo gli antichi Egizi, per enfatizzare il concetto di rinascita che avviene ogni volta che si pronuncia il nome del defunto in modo da continuare a farlo esistere.
Sicuramente la meravigliosa tomba consente di perpetuare il ricordo della regina Nefertari e di farlo vivere per l’eternità.
La preziosa sfinge è stata rinvenuta a Tuna el-Gebel,
nel governatorato di Minya
La notizia è stata data ufficialmente da Gamal El-Samastawy, direttore generale del Ministero delle Antichità Egizie. La piccola statua reale raffigura una sfinge ed è stata portata alla luce nella necropoli di Tuna el-Gebel, nella città di Mallawy, situata nell’Egitto centrale, a Minya. Una statuetta realizzata in pietra calcarea alta 35 cm e lunga 55 cm, ma con “caratteristiche e dettagli chiari e ben definiti” che “riflette il livello di abilità dell’antico scultore egizio”. Non è stata ancora comunicata la sua datazione. Nello scavo della sfinge sono stati trovati anche amuleti in maiolica, diversi vasi e una bottiglietta in alabastro. La sfinge indossa il nemes con l’ureo: si tratta del copricapo caratteristico egizio che simboleggiava la natura divina del sovrano, figlio del dio Ra, con l’ureo, un serpente, che proteggeva il faraone.
La Missione Archeologica Egiziana guidata da Sayed Abdel-Malek, responsabile degli scavi a Minya, ha rinvenuto anche alcune mummie e altri numerosi reperti molto interessanti.
L’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino è il primo scalo al mondo ad aver installato presso il proprio Pronto Soccorso (sala accettazione, sala visita medica emergenza con tavolo operatorio, sala report visita, sala degenza pazienti) i dispositivi di illuminazione battericidi Biovitae, in grado di ridurre i rischi di infezioni per operatori e passeggeri e limitare i fenomeni di antibiotico-resistenza.
Biovitae è l’unica tecnologia brevettata Led che, grazie a una combinazione di frequenze luminose, uccide tutti i batteri (Gram+, Gram-, spore, muffe e funghi) e sanifica gli ambienti senza renderli sterili e senza, quindi, indebolire il sistema immunitario. Biovitae è una luce Led che, a differenza degli UV, è totalmente sicura per l’uomo e non richiede protezioni speciali.
La resistenza antibiotica è una delle più grandi emergenze sanitarie del nostro tempo. Delle 33 mila morti che avvengono ogni anno nei Paesi dell’Ue per infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici, oltre diecimila si registrano nel nostro Paese. Un record negativo, stando ai dati forniti dall’Istituto superiore di sanità (Iss) in occasione della Settimana mondiale per l’uso consapevole degli antibiotici. Il rispetto delle norme igieniche e l’individuazione di azioni di prevenzione sono quindi sempre più importanti.
La società Aeroporti di Roma con l’installazione di Biovitae, ha deciso di intraprendere un serio cammino nella lotta alle infezioni recependo l’allarme lanciato dai ricercatori del progetto Pand Hub, realizzato dal VTT (Technical Research Centre) – principale centro di ricerca pubblico finlandese – in collaborazione, tra gli altri, con l’Università di Nottingham e lanciato nel novembre 2014 per valutare i rischi di diffusione di malattie all’interno degli hub di trasporto in tutto il mondo. Obiettivo finale del progetto triennale di ricerca, finanziato con 3,1 milioni di Euro di Fondi Europei, è quello di sviluppare un modello di prevenzione e un piano d’azione in caso di crisi. Oggi a Fiumicino sono stati presentati i brillanti risultati di questa sperimentazione.
“Grazie alla tecnologia di Biovitae – ha dichiarato l’amministratore delegato di Adr, Ugo de Carolis – l’abbattimento della carica batterica nei locali della sperimentazione è stato superiore al 60 % e gli spazi con buona igiene batterica sono quasi raddoppiati, passando dal 42 all’82%. Da oggi possiamo considerare il Pronto Soccorso dell’aeroporto di Fiumicino un luogo in cui il rischio microbiologico per passeggeri e operatori sanitari è sostanzialmente azzerato”.
“Sono molto contento che un brevetto 100% italiano sia stato adottato da ADR che, primo aeroporto al mondo, ha compreso l’importanza di fare qualcosa di concreto per la lotta alle infezioni e alla resistenza antibiotica. Spero questo sia il primo passo di una collaborazione continuativa e che questo virtuoso percorso possa essere uno stimolo per gli scali di tutto il mondo” ha dichiarato Mauro Pantaleo, amministratore delegato di P&P Patents and Technologies, società titolare del brevetto. ADR sta valutando le opportunità di sperimentazione all’interno dei Terminal e delle aree d’imbarco e sbarco dei passeggeri.
Fonte: www.leggo.it/italia
Nell’anno in cui Star Wars: Galaxy’s Edge ha aperto con grande entusiasmo a Walt Disney World in Florida, una nuova esperienza immersiva e piena di azione ha aperto all’interno in un’area di 14 acri nel parco Hollywood Studios.
Star Wars: Rise of the Resistance è una delle esperienze a tema Disney più lunghe di sempre e vedrà gli ospiti diventare eroi della Resistenza in una battaglia con il Primo Ordine. L’azione si svolge in set enormi che danno la sensazione di entrare in un film di Star Wars mentre si sfugge alle grinfie del leader supremo Kylo Ren e del Primo Ordine. Gli ospiti si lanciano nello spazio a bordo di una navetta di trasporto, solo per essere catturati da uno Star Destroyer mentre si recano a Batuu e inseguiti dal leader supremo Kylo Ren mentre cercano freneticamente un modo per sfuggire alle grinfie del Primo Ordine.
Con l’aiuto di alcuni eroi della Resistenza, devono fuggire dallo Star Destroyer, proteggere la base segreta e stare un passo avanti a Kylo Ren. L’attrazione presenta pezzi grandiosi, tra cui l’hangar che è pieno di 50 minacciosi stormtroopers. In una sequenza, una nuova esperienza di simulazione offre agli ospiti la sensazione di cadere dallo spazio per schiantarsi su Batuu.
“Star Wars: Rise of the Resistance stabilisce un nuovo standard per ciò che può essere un’esperienza in un parco a tema”, ha dichiarato Bob Chapek, capo del Prodotto ed Esperienze ai Parchi Disney durante la cerimonia di presentazione. “Stasera, diamo il benvenuto al mondo per sperimentare la galassia di Star Wars come mai prima d’ora, con l’apertura dell’attrazione più ambiziosa, coinvolgente, avanzata e piena di azione che abbiamo mai creato.”
Star Wars: Rise of the Resistance aprirà anche a Disneyland in California il 17 gennaio 2020.
Fonte: lonelyplanet.com
Peña de los Enamorados – Montaña del Indio
La natura alle volte è bizzarra e questo rilievo calcareo situato in Andalusia, nel comune di Antequera, ha i lineamenti della testa vista di profilo di un Indiano d’America. Si trova a più di 800 metri di altitudine e se visto da lontano si apprezza in tutta la sua bellezza. È conosciuto anche come El Indio de Antequera.
Il nome ufficiale del rilievo è Peña de los Enamorados, la Roccia degli innamorati, e una leggenda ci racconta chi sono i due innamorati la cui storia d’amore si è legata indissolubilmente a questa montagna.
Una bellissima principessa moresca, Tagzona, figlia di Ibrahim, sovrano del castello di Archidona, di religione musulmana, fu promessa in sposa al capo del forte Alhama. Come immaginate, Tagzona era innamorata di un bel ragazzo cristiano della famiglia di Abencerrajes nella vicina Antequera.
Un amore contrastato e impossibile!
Nel tentativo di sfuggire all’inseguimento del padre della principessa e dei suoi uomini, i due innamorati raggiunsero la sommità del rilievo e in nome del loro amore, mano nella mano, si gettarono nel vuoto rimanendo insieme fino all’ultimo respiro.
Un amore terreno impossibile rimasto eterno oltre la vita.
Nel 18° secolo, il poeta Robert Southney si ispirò a questa storia romantica per la stesura del suo poema “Laila and Manuel – una ragazza musulmana e la schiava cristiana di suo padre”
Il sito spagnolo riveste anche un’importanza archeologica risalente al periodo Paleolitico.
PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI OMAGGIA CARLO RAMBALDI, IL GENIO CREATIVO ITALIANO CHE RESE GLI EFFETTI SPECIALI VERI E PROPRI PROTAGONISTI DEL MONDO CINEMATOGRAFICO. FINO AL 6 GENNAIO 2020 IL SECONDO PIANO DEL MUSEO SARÀ ANIMATO DA OLTRE CENTO OPERE PROVENIENTI DALL’ARCHIVIO DI RAMBALDI, SEGNANDO UN FIL ROUGE NELLA STORIA DEL CINEMA ITALIANO E INTERNAZIONALE CHE PARTE DAGLI ANNI SESSANTA ARRIVANDO SINO AI GIORNI NOSTRI.
Il cinema e i suoi trucchi si raccontano attraverso una mostra fuori dagli schemi. “Un archivio”, come lo definisce il curatore Claudio Libero Pisano, dove opere, bozzetti e documenti danno lustro a Carlo Rambaldi (Vigarano Mainarda, 1925 – Lamezia Terme, 2012) e al suo fantastico mondo che oscillava tra l’onirico e il tangibile. L’artista ha avuto la fortuna di lavorare con grandi registi, come Mario Monicelli, Pier Paolo Pasolini, Marco Ferreri, Dario Argento, Steven Spielberg, John Guillermin e Ridley Scott, per citarne solo alcuni. Tra le opere in mostra ritroviamo la famosa mano di King Kong (1976) – con la quale vinse l’Oscar a Hollywood, usata per le riprese ravvicinate ‒, la prima versione del personaggio di Alien (1979) nonché il primo burattino animato, Pinocchio.
PAROLA AL CURATORE
“Rambaldi fu fondamentale perché creò la meccatronica – chiamata anche animatronica ‒ che consentiva, dal punto di vista ingegneristico, una movimentazione di queste creature che nessuno era riuscito a realizzare”, ci spiega il curatore. “Quest’ultima, associata a una capacità estetica, creava una verosimiglianza di queste creature. Quest’invenzione la portò a Hollywood, perfezionandola negli anni, pur rimanendo di base sempre la stessa. Qui in mostra, per esempio, abbiamo il primo brevetto che lui prese il 17 marzo del ’56 per l’‘animazione elettromeccanica per pupazzi’. Da quel dì non ha mai spesso di migliorarsi”. Rambaldi, inoltre, ribaltò la percezione dell’alieno che da ostile, dapprima in Alien, si mitiga in Incontri ravvicinati del terzo tipo, per passare infine a un piano umano ed empatico con E.T. (1982), caratterizzato da una componente strutturale necessaria a generare un contatto vero e proprio con l’altro, nella fattispecie un abbraccio.
MAKINARIUM, LA NUOVA FRONTIERA DEGLI EFFETTI SPECIALI
A conclusione della mostra c’è un immaginario “passaggio del testimone” che Rambaldi cede alle nuove generazioni. Verso la fine degli Anni Ottanta, il digitale ebbe un successo esponenziale, investendo diversi ambiti, primo fra tutti quello cinematografico. Nonostante le enormi potenzialità, si è notato che l’ingegno meccanico che aveva reso umani e reali le creature fantastiche di Rambaldi non poteva essere sostituito. A raccoglierne l’eredità, infatti, è proprio MAKINARIUM, la giovane factory nata nel 2015, autrice di importanti restauri di alcune opere in mostra. “Quindi tutte le nuove generazioni, come MAKINARIUM, che è una delle migliori testimonianze, recuperano l’animatronica di Rambaldi associandola alle potenzialità del digitale. Il famoso drago de ‘Il racconto dei racconti’ di Garrone, con il quale vinsero il David di Donatello per gli effetti speciali, è un pupazzo realizzato esattamente come Rambaldi creò E.T., King Kong e altri”, conclude Claudio Libero Pisano.
Fonte: artribune.com ‒ Valentina Muzi
Una splendida torre dorata ospita quella che potrebbe essere la più grande collezione di gin al mondo
Con la sua meravigliosa facciata in stile art deco, l’edificio Parkview Square di Singapore ha guadagnato i soprannomi di “Gotham” e “Batman building” tra gli abitanti del posto. Ma facendo un passo all’interno della sua hall si rivelerà uno spazio caldo e decorato pieno di tappeti rossi e una gigantesca torre dorata.
Alta 8 metri, la torre contiene 1.300 varietà di gin provenienti da tutto il mondo. La collezione fa parte di Atlas, un bar aperto all’interno di Parkview nel 2017. Visitatori e lavoratori (l’edificio ospita varie organizzazioni, tra cui le ambasciate per Mongolia, Austria e Emirati Arabi Uniti) possono sorseggiare gin dalle regioni più lontane come la Bolivia, il Belgio e il Giappone e alcuni risalenti al 1910. Raddoppiando l’atmosfera di Gilded Age, il menu dei cocktail del bar ruota attorno a gin e champagne.
Prima di Atlas, lo spazio serviva da Wine Bar con un tocco insolito: il barista, vestito da fata, avrebbe “volato” attraverso un meccanismo a filo per recuperare le bottiglie nella torre. Mentre i giorni dei barman volanti sono passati da tempo, l’esperienza di sorseggiare un Martini o un Francese 75 in questo spazio elegante non è meno grandiosa.
Fonte: Atlasobscura.com
La famosa kasbah legata alla vita del pascià El Glaoui
Nel piccolo villaggio berbero di Télouet, incastonato nella catena dell’Alto Atlante, l’omonima kasbah, conosciuta anche come Palais du Glaoui, è intrisa di una storia affascinante che racconta di tradimenti e di intense lotte per il potere.
La famiglia El Glaoui controllava il commercio di olive, zafferano e sale grazie alla posizione privilegiata del villaggio sul percorso delle antiche carovane che dal deserto sahariano si dirigevano verso i ricchi mercati cittadini a ovest.
La kasbah fu costruita nel 1860 e ampliata successivamente, nella prima metà del secolo scorso, da Thami El Glaoui, celebre pascià che governava a Marrakech, il quale, si narra, abbia fatto decorare gli interni del palazzo con stucchi, mosaici e zellige, le maioliche a disegno geometrico, impreziosendo i soffitti con legno di cedro dipinto. I tetti furono abbelliti da ceramiche verdi nel classico colore islamico. La leggenda racconta che il pascià abbia fatto lavorare trecento artigiani per tre anni incessantemente per abbellire il palazzo.
La sorte della kasbah fu inevitabilmente legata alla vita del pascià El Glaoui, uno dei più ricchi e influenti uomini del Marocco, che visse attraversando periodi di massimo successo fino ad una definitiva scomparsa dalle scene politiche ed economiche del Paese.
Fino al 25 dicembre allo Shinbashi Enbujo Theatre si potrà assistere allo spettacolo kabuki del celebre capolavoro d’animazione Nausicaä nella Valle del Vento, del maestro Hayao Miyazaki. Un modo creativo per fare esperienza del magico mondo di Miyazaki tramite la forma d’arte del kabuki.
Haneda Innovation City sarà il nuovo complesso culturale e tecnologico vicino al terminal internazionale dell’aeroporto di Haneda. A partire dall’estate 2020 alcune attrattive apriranno i battenti, mentre l’apertura completa e prevista per il 2022.
È destinato a diventare la meta principale per tutti i viaggiatori che desiderano provare la cucina gourmet, avvicinarsi alla cultura tradizionale giapponese e rilassarsi con attività divertenti come concerti di musica.
Il J-Culture Fest si tiene ogni anno nel periodo del capodanno presso il Tokyo International Forum ed è il paradiso per gli amanti della cultura giapponese a tutto tondo. Al festival si può provare il kimono o un’armatura samurai, suonare strumenti e tamburi tradizionali o anche giochi popolari tradizionali, così come la calligrafia e molto altro. Quest’anno si terrà il 2 e il 3 gennaio 2020.
Questo mese segnaliamo inoltre la mostra Visual Magic: Exhibition of Masterpieces from Hokusai Museum, Obuse, Commemorating the 170th Anniversary of Hokusai’s Death presso il Sumida Hokusai Museum, fino al 19 gennaio.
Fonte: TOKYO TOURISM REPRESENTATIVE, Milano
Hindu Kush, Karakorum e Himalaya, il cuore montano dell’Asia, una vastità continentale immensa in quanto a estensione territoriale.
Fino a un decennio fa queste regioni d’alta quota erano considerate, come tutte le montagne del Mondo (europee comprese), territori difficili, improduttivi, critici da governare, con scarsa popolazione, la quale poco o nulla incideva sulla geopolitica delle nazioni che avevano la sfortuna di annoverare montagne dentro i propri confini. Tutt’al più le catene montuose erano buoni confini difendibili.
Quando nel 2006, sull’orma di una visionaria intuizione del professor Ardito Desio, fu avviato il progetto HKKH- Parnership for eco system management probabilmente non ci saremmo immaginati che l’Associazione EvK2Cnr, fondata dal novantenne geologo, potesse realizzare in poco più di 13 anni il sogno di un grande Parco Nazionale attorno al K2 che abbracciasse tutti gli 8000 del Pakistan. Non avremmo creduto che tale parco diventasse concretamente una realtà funzionante e che il governo del Gilgit-Baltistan potesse a quel punto chiedere (è avvenuto a Bergamo in questi giorni) che quel lavoro di ricerca scientifica, socio-economica, ambientale e legislativa diventasse il modello per tutte le aree protette della loro Regione (grande come il nord Italia), la quale si è vista dedicare ben il 38% del proprio territorio alla protezione della natura con l’istituzione di Parchi Nazionali. Parchi che ora si vogliono collegare con corridoi ecologici a protezione ambientale differente.
Il progetto HKKH oltre al Pakistan prevedeva il consolidamento del “Qomolangma National Nature Preserve” in Tibet e anche da quelle parti vanno registrate sconvolgenti recenti evoluzioni.
I cinesi hanno da tempo caratterizzato il panorama del Tibet con treni e autostrade, oltre che tralicci e cavi, che hanno sostituito le tradizionali file di bandire colorate. Ora hanno però intuito le potenzialità turistiche delle regioni montane, che nel paesaggio hanno un grande valore, come anche nell’integrità della natura, e hanno iniziato a fare quello che oltre dieci anni fa si era iniziato mettendo a sistema pratiche e consuetudini di protezione e valorizzazione dell’ambiente.
L’intenzione della Cina, che ha sul proprio territorio la maggior estensione di territori in alta quota e il maggior numero di 8000 al Mondo, è di porre dei limiti alla crescita della regione al fine di progettare un sistema di parchi nazionali. Uno dei primi parchi sarà nel Qinghai, una vasta regione della Cina occidentale che confina con il Tibet, che ospita specie minacciate, come il leopardo delle nevi e il gatto di montagna cinese, e le sorgenti di tre dei grandi corsi d’acqua dell’Asia: i fiumi Yangtze, Yellow e Mekong.
A tal fine, i funzionari cinesi hanno visitato i parchi nazionali degli Stati Uniti, tra cui Yellowstone e Yosemite, per comprendere le migliori strategie di gestione ambientale, turistica e delle popolazioni presenti nelle aree protette. Un po’ come fatto nei giorni scorsi da una delegazione pakistana del Gilgit-Baltistan in Italia nel Parco Gran Sasso-Laga e nel Parco del Gran Paradiso.
Fonte: www.montagna.tv