I ricercatori si sono interrogati a lungo sulla funzione e il significato delle teste appuntite ritratte nell’arte egizia. Ora hanno finalmente trovato una risposta.
L’arte egiziana è ricca di donne e uomini che indossano dei coni sulla testa mentre prendono parte a feste reali e rituali divini. Vengono ritratti ovunque in questo modo, dai rotoli di papiro ai sarcofaghi e le donne, a volte, vengono anche mostrate nell’atto di partorire, un’attività associata ad alcune divinità.
Le teste a cono sono state comuni nell’arte egizia per oltre un millennio, ma il loro scopo è rimasto un mistero. Nessun archeologo ha mai ritrovato, durante uno scavo, uno di questi enigmatici oggetti. E questo ha fatto credere ad alcuni studiosi che i coni fossero solo delle rappresentazioni simboliche: un po’ come l’aureola che adorna la testa di angeli e santi nell’iconografia cristiana.
Ora, però, secondo un nuovo studio pubblicato su Antiquity, pare che un team internazionale di archeologi abbia trovato la prima prova fisica di questo misterioso accessorio.
La scoperta proviene dalle tombe di Amarna, un’antica città egizia i cui templi sono stati eretti da Akhenaton, un faraone che si pensa fosse il padre di Tutankhamon. Costruita rapidamente nel quattordicesimo secolo avanti Cristo, la città ospitava circa 30.000 persone. Solo il 10% di queste facevano parte dell’élite e furono sepolte in tombe opulente; il resto era composto da gente normale alla quale fu data una modesta sepoltura. Eppure è proprio tra queste tombe che di solito non contengono nulla di gran valore, che i membri di Amarna Project, un progetto condotto dall’università di Cambridge con finanziamenti della National Geographic Society e altre istituzioni, hanno trovato i resti di “teste a cono” a partire dal 2009.
Anche se da quegli scavi sono passati dieci anni, Anna Stevens, archeologa alla Monash University, vice-direttrice di Amarna Project e co-direttrice di alcune ricerche – ancora in corso – su cimiteri non di élite della città, ricorda bene il giorno in cui fu trovato il primo cono. “Credo di averne trovato uno!” esclamò la collega Mary Shepperson. Quando Stevens si avvicinò per approfondire, notò un segno rivelatore sul teschio dello scheletro femminile.
“Era evidentemente qualcosa di molto, molto diverso: qualcosa che non avevamo mai visto in alcuna tomba prima di allora” dice Stevens. L’oggetto appuntito era molto simile a quella strana decorazione per il capo che si trova nell’arte egizia e che alcuni studiosi avevano declassato a semplice estro artistico. Da un’altra sepoltura di un adulto, che non si è riusciti a capire se fosse uomo o donna, ne uscì fuori un altro.
Agli studiosi è servito un decennio per trovare i fondi e concludere un significativo studio sulle teste a cono. Questo tempo è servito loro per mettere alla prova un’altra teoria popolare su questi bizzarri oggetti: i coni erano in realtà delle protuberanze solide di grasso profumato che si scioglievano sulla testa di chi le indossava: una specie di antico gel profumato per capelli.
Quel che è stato scoperto ad Amarna sembra però smentire questa teoria. I coni non erano solidi: erano gusci cavi ripiegati intorno a materia organica di color marrone-nero che gli studiosi pensano sia tessuto. Entrambi i coni presentano i segni di cera deteriorata: il team è arrivato alla conclusione che si tratti di cera d’api, l’unica cera biologica che sappiamo essere stata usata dagli egizi. In più, sui capelli dello scheletro meglio preservato non ci sono tracce di cera.
Visto che gli oggetti sono stati spesso rappresentati artisticamente in associazione con i parti, e considerato che almeno uno dei due corpi era di donna, i ricercatori suppongono che i coni avessero qualcosa a che fare con la fertilità. Ma il fatto che siano stati ritrovati in un cimitero di persone che non appartenevano a un ceto elevato, rende la loro interpretazione più complicata.
Nell’iconografia egiziana, infatti, le persone ritratte con dei coni sulla testa appartenevano principalmente all’élite, anche se alcuni paiono essere dei servi, spiega Nicola Harrington, archeologa all’università di Sydney. Le tombe di Amarna contengono meno opere d’arte di altri siti di sepoltura, tuttavia ci sono alcune immagini in cui le persone indossano i coni mentre si preparano per le sepolture e fanno delle offerte. “Fondamentalmente, i coni vengono indossati in presenza del divino” aggiunge.
Riguardo l’identità delle donne che indossano questi oggetti, Harrington ha una sua teoria: forse erano ballerine. Entrambi gli esemplari presentano fratture spinali e una i segni di una malattia degenerativa alle articolazioni. È vero che i problemi alle ossa potrebbero essere dovuti a vite stressanti e l’intenso lavoro di persone che non appartenevano a una classe sociale elevata, tuttavia Harrington fa notare che le fratture da compressione sono comuni tra i ballerini di professione. Forse i coni servivano a “evidenziare i ballerini come membri di una comunità al servizio degli dei” aggiunge. Ciò potrebbe spiegare il motivo per il quale queste persone vennero sotterrate con questi oggetti, nonostante si trattasse di “sepolture basilari”.
Tuttavia, senza altre prove archeologiche, non c’è modo di sapere in che modo venissero davvero utilizzati i coni o se venissero usati in modo più diffuso. Purtroppo, dice Stevens, potremmo non saperlo mai. “Nei primi anni dell’egittologia si lavorava in modo frettoloso, un po’ a caso” dichiara. Si spera che le tecniche archeologiche odierne, più precise, potranno proteggere e identificare i coni in futuri scavi, ma la loro eventuale presenza in tombe scavate anni fa potrebbe essere stata sottovalutata.
Anche se questi coni sono gli unici due sopravvissuti fino ai nostri giorni, la scoperta casuale ha molto valore. Gli archeologi sanno moltissime cose sull’élite dell’antico Egitto, dai documenti amministrativi alle tombe dipinte in modo elaborato, ma la scarsità di testimonianze scritte o artistiche di egiziani di classi sociali inferiori fa sì che le loro vite siano molto più misteriose agli occhi dei ricercatori moderni. Questa assenza di informazioni sulla vita della maggioranza delle persone che viveva nell’antico Egitto rende questa scoperta ancora più importante. E ci fa pensare alle milioni di storie sepolte che rimangono ancora lì, in attesa di essere raccontate.
Fonte: nationalgeographic.it
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