Un viaggio per incontrare il popolo delle renne nel nord della Mongolia
“Cosa ne pensi della spiritualità e della natura remota?” chiede Aminaa. I miei occhi stanno già viaggiando ben oltre la città, dove vedo il sole tramontare dietro scure catene montuose in un mistico bagliore dorato.
Sono arrivata in Mongolia, la Terra del cielo blu eterno, ad ottobre. Un amico mi ha consigliato due guide esperte che sarebbero partite per l’ultimo viaggio della stagione nell’estremo nord e ho incontrato Aminaa e suo marito Khuyagaa all’aeroporto di Ulaanbaatar. I nostri programmi di viaggio: guidare verso nord fino alla Taiga per accamparci nella valle dei loro antenati, incontrare famiglie nomadi, antichi sciamani e camminare verso le leggendarie tribù che allevano renne. Il viaggio mi porterà nel cuore della cultura mongola e forse oltre.
Entrare nella Valle Incantata
La Darkhad Valley è tutto tranne che accessibile. Dopo due giorni di guida – tre quarti dei quali trascorsi su strade sterrate attraverso valli rocciose e montagne dove pascolano le mucche – arriviamo vicino Tsagaannuur, il villaggio sulle rive del Lago Bianco. All’entrata della valle si trovano totem sciamanici, giganteschi coni a forma di tenda indiana fatti con strisce di tessuto colorate colpite dal vento.
Quando raggiungiamo il villaggio stesso, siamo già trasportati in un altro mondo. Vediamo laghi a specchio dove le acque non si distinguono dal cielo e montagne innevate che appaiono davanti all’orizzonte. Il padrone di casa Tsendmaa ci accoglie con una padella calda di carne di cavallo (inclusi gli organi) e noodle piatti fatti in casa. Scopro che la carne di cavallo viene consumata in inverno perché genera calore corporeo.
Una grande ger (tenda) è stata allestita nel retro della casa di Tsendmaa per gli ospiti. Dormire in una ger fa parte dello sperimentare lo stile di vita nomade sebbene scoprirò che i nomadi non stanno nelle gers tutto l’anno. Questa ha veri letti e cuscini, coperte extra e un grande forno al centro che ci tiene ancora più al caldo durante lunghe ore trascorse a chiacchierare, cucinare e condividere pasti. È quasi lussuosa!
Trekking a cavallo con cavalieri nomadi
Nei giorni successivi, ci prepariamo alla nostra spedizione per incontrare i Tsaatan, la tribù di allevatori di renne nella Taiga orientale. Non sappiamo ancora se hanno già lasciato il loro accampamento estivo ma nonostante ciò ci prepariamo per la nostra prima sosta, alcuni chilometri sopra l’altopiano. Incontriamo Erdene e sua moglie Tuvshin, che ci accolgono nella loro casa, una cabina di legno decorata con tappeti dai colori caldi e coperte con motivi tradizionali. Come sempre il focolare centrale serve sia da stufa che da forno. È qui che Tuvshin prepara tè caldo con il latte da servire a chiunque entri in casa. Tradizionalmente, le case dei mongoli sono aperte agli ospiti in ogni momento del giorno e il tè al latte è sempre pronto per essere servito.
Finalmente Aminaa e Khuyagaa hanno notizie degli allevatori di renne: sono oltre la foresta, raggiungibili solo a cavallo o dorso di una renna. “La prima regola è non fare nessun movimento brusco. Questi cavalli sono semi-selvaggi e si spaventano facilmente. La cosa migliore da fare è affidare a loro la vostra andatura perché loro conoscono la Taiga”. Ci viene detto.
Mi viene dato un cavallo esperto. Dobbiamo abituarci l’uno all’altro se attraverseremo foreste, letti di fiumi scivolosi e paludi insieme. Sei di noi e un cavallo che porta le nostre attrezzature, partono nella direzione dell’insediamento degli allevatori di renne.
Incontrare allevatori di renne nella Taiga orientale
La camminata per il campo è durata 4-5 ore. Abbiamo cavalcato seguiti dai cani di Tuvshin tra le foreste che stanno lentamente perdendo i loro colori estivi e diventando più scure. Tuttavia, il cielo blu eterno sopra le nostre teste dà ai vasti paesaggi una calda atmosfera protettiva. Sto meditando in silenzio sulla magnificenza della natura intorno a noi quando mi appare una visione da una favola: un cavaliere emerge da dietro gli alberi, a pochi metri di distanza, a dorso di una renna alta con corna enormi. Il mio cuore ha un sussulto: questo è un sogno che arriva direttamente dalla mia infanzia.
Raggiungiamo finalmente il fondo della valle e sull’altra riva del fiume ghiacciato, le tende degli allevatori iniziano a vedersi tra i rami. Giovani renne sono legate a ceppi di legno per impedire loro di fuggire e quando ci avviciniamo a giocare, strusciano le corna giocose sulle nostre braccia e gambe. È il periodo dell’anno in cui perdono la pelle sulle corna quindi calmano il prurito strusciandosi contro qualsiasi cosa riescano a trovare.
Mentre il sole tramonta oltre le tende, le renne adulte ritornano al campo con i loro allevatori. Alcune renne hanno corna gigantesche e i raggi di sole dorati le attraversano. Mi sento come se avessi aspettato per tutta la vita questo momento con questi animali maestosi. Giacciono silenziosamente per terra e ci guardano quiete.
Il giorno dopo, nulla mi rende più felice di cavalcare una renna e coprirmi le mani di sale così che possano avvicinarsi e leccarmi i palmi: il sale è come lo zucchero per loro, lo adorano. Le mie guide scherzano già sul farmi sposare un allevatore di renne!
Ho trascorso il resto del viaggio nel nord della Mongolia con il sorriso sulla faccia. Non posso nemmeno cominciare a descrivere come mi sentissi fortunata a viaggiare e scoprire un modo di vivere così unico, duro eppure ospitale con delle persone del posto. È uno stile di vita che sta scomparendo con il cambiamento climatico dal momento che le renne trovano sempre meno cibo nella Taiga. I mongoli hanno previsto che in meno di due generazioni queste tribù non esisteranno più. Mentre lasciamo la valle incantata a bordo dell’auto che ci accompagna di nuovo a Ulaanbaataar, il mio cuore di viaggiatrice è pieno di gioia e meraviglia. Mi ritrovo persino a pensare che se dovessi smettere di viaggiare ora lo accetterei perché con questo mio viaggio fino a quella che sembra la fine del mondo, mi sento di aver visto e sentito tutto.
Posso tornare a casa felice.
Fonte: lonelyplanetitalia.it – Fabienne Fong Yan
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