Sono moltissime le opere recentemente concluse o in fase di realizzazione nella capitale norvegese che portano la firma di grandi studi di architettura internazionali, quali A-LAB, AARt, Bleed, Dark, Grid, Haptic, MVRDV, RPBW, Snǿhetta. La città, infatti, da qualche anno sta investendo in infrastrutture ed edifici – a carattere sia culturale che misto – tanto da essere stata inserita per la prima volta da Lonely Planet tra le “Best destination” per il 2018. Fra gli interventi rientrano lo sviluppo residenziale Bjǿrvika Barcode, l’estensione del Viking Museum e del National Museum in Vestbanen – la cui apertura è prevista nel 2020 –, l’Astrup Fearnley Museum, il nuovo acquario e il quartiere Tjuvholmen, un’area composta da strutture disegnate da venti diversi architetti, un concentrato delle tendenze dell’architettura e dell’urbanistica contemporanea. Il Barcode è invece costituito da dodici grattacieli di diversa dimensione, intervallati da spazi vuoti, che lo rendono frontalmente un immenso codice a barre. Il progetto – coordinato dagli MVRDV, in collaborazione con i Dark Architects e A-LAB –, include uffici, appartamenti, spazi culturali e ristoranti situati vicino al fiordo che hanno ridefinito lo skyline della città. Oslo è, inoltre, tra le capitali che stanno andando più celermente verso la drastica diminuzione delle macchine, garantendo la mobilità di residenti e visitatori attraverso il potenziamento di trasporti pubblici e piste ciclabili. Una trasformazione che, potenzialmente, potrebbe portare a una riduzione del 50% delle emissioni di CO2: ecco perché, fra le altre cose, è stata nominata anche seconda città più sana al mondo (subito dopo Amsterdam, su 89 analizzate).
LA FORZA DELLA CULTURA
Grande è anche la vivacità culturale che anima la città. In preparazione della Oslo Architecture Triennale 2019 – dal tema Degrowth and its relevance in architecture –, da settembre sono in programma una serie di eventi, workshop e format. Iniziative che getteranno le basi della ricerca per la prossima OAT, curata da Maria Smith e Matthew Dalziel dello studio britannico Interrobang, in collaborazione con il giovanissimo critico Phineas Harper e la ricercatrice norvegese Cecile Sachs Olsen. Non mancheranno i progetti operanti all’incrocio fra architettura, arte, politica e performance che includono il corso di studio Being Tectonic presso la AHO – Scuola di Architecture and Design di Oslo; una serie di saggi digitali e workshop sviluppati in collaborazione con la piattaforma editoriale e-flux Architecture; una raccolta di libri di architettura OAT pop-up alla New York Book Fair, organizzata da Storefront for Art and Architecture; un Chat al Fireside presso l’Associazione degli Architetti di Oslo.
Fonte: Artribune ‒ Giulia Mura
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