Focus sul consueto spettacolo natalizio dello “Schiaccianoci”, andato in scena al Teatro San Carlo di Napoli.
Cosa accade a un giornalista quando, nel periodo natalizio, riceve un invito per il balletto Lo Schiaccianoci? In un attimo un pensiero gli attraversa la testa: “È già passato un anno? Come potrà ancora sorprendermi ed emozionarmi un balletto che continuo a vedere ogni anno?”. La sensazione è quella di non riuscire a sottrarsi a un rituale di massa di natura ossessivo- compulsiva, un rito scaramantico da cui non si può venir fuori e, con una trama ben incisa nella testa, con lo schema di entrate, uscite, ruoli e quadri perfettamente impresso nella memoria, ci si avvia verso il teatro nella totale indecisione riguardo la sensatezza della scelta di andarci. In un mondo come quello della danza di oggi, dove sei completamente tagliato fuori se non usi la parola “ricerca” ogni dieci minuti alternata alle parole “performance” e “innovazione”, viene quasi voglia di camuffarsi per andare a vedere un balletto di repertorio classico.
UNA TRADIZIONE RASSICURANTE
Il Teatro di San Carlo è tra i tanti teatri al mondo che rispettano la tradizione di proporre in cartellone ogni anno Lo Schiaccianoci ‒ balletto con musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij. La platea è gremita, ogni ordine di palchi è pieno all’inverosimile fin su al loggione, l’orchestra comincia a suonare, l’enorme sipario rosso si apre svelando la scena e ogni dubbio riguardo l’essere ancora una volta dinnanzi a quello spettacolo svanisce, lasciando posto alla certezza che questa produzione ogni anno si ispessisce in quanto a carattere e allestimento. Un susseguirsi di cliché rassicuranti tra le atmosfere natalizie, il salone addobbato a festa, la famiglia tutta unita, la spensieratezza delle feste fino a che lo scontro tra lo Schiaccianoci e l’esercito di topi capitanato dal terribile Re conduce senza sosta al termine del primo atto sapientemente collegato al secondo da un’intuizione di Giuseppe Picone ‒ direttore artistico del corpo di ballo e firma delle coreografie –, realizzata dallo scenografo Nicola Rubertelli: una nuvola colorata che porta in volo i protagonisti nel mondo della Fata Confetto. I due atti da sempre scollegati tra loro ‒ e di fronte ai quali lo spettatore fa notoriamente fatica a interpretare il repentino passaggio ‒ diventano così continui e immediatamente comprensibili.
IL CORPO DI BALLO DEL TEATRO DI SAN CARLO
Sara Sancamillo, interprete di Clara nella giornata della prima pomeridiana, sta incredibilmente crescendo all’interno della compagnia, affiancando lo Schiaccianoci di Salvatore Manzo la cui luce continua ad aumentare d’intensità. La bellezza di una tecnica certa e fluida accompagnata da un’interpretazione intensa fanno sì che la coppia Clara/Schiaccianoci non venga mai eclissata dalla coppia che entra in scena nel secondo atto, quella della Fata Confetto e del Principe, come invece accade di solito. E questo non perché Annachiara Amirante e Alessandro Staiano – interpreti della Fata Confetto e del Principe – siano da meno rispetto ai loro colleghi, anzi la loro performance è stata assolutamente divina, ma perché i solisti del corpo di ballo del Massimo napoletano stanno raggiungendo tali livelli di maturità, forza tecnica e interpretazione da potersi definire una splendida rosa in cui, ognuno dei quattro con le proprie peculiarità, non risulta essere inferiore a nessuno.
La freschezza della Sancamillo, a suo agio in ogni passo, la tecnica brillante di Manzo, la regale figura e le lunghe linee dell’Amirante, l’assenza di gravità nelle evoluzioni virtuose di Staiano donano una stella a quattro punte che conferisce all’eterno ritorno del balletto natalizio bellezza, eleganza e spessore. Per questo Natale, però, i regali più inaspettati e preziosi sono quelli che vanno alla danza araba di Martina Affaticato, sempre più sensuale e morbida nonostante la difficoltà della coreografia, alla danza russa di Ertugrel Gjoni, Pasquale Giacometti, Ferdinando De Riso e Giuseppe Aquila, incredibilmente forte e coinvolgente, e all’interpretazione di Luisa Ieluzzi nella sua regina della neve radiosa e impeccabile nel virtuosismo.
Menzione speciale d’obbligo per i costumi della sartoria diretta da Giusy Giustino, veri e propri capolavori di luce e colore e le scene e i pannelli del già menzionato Rubertelli – in quest’allestimento più realistico dell’anno scorso. Con il sold out a ogni replica, la danza si conferma il motore trainante di ogni botteghino che si rispetti, e allora mai più dubbi…
Lo Schiaccianoci “si deve” vedere!
Fonte: Artribune ‒ Manuela Barbato
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