Il Museo del futuro di Dubai è una delle opere più innovative dell’ingegneria moderna, e la sua realizzazione pioneristica lo rende una delle mete più interessanti dell’Expo 2020
In attesa di ospitare l’Expo 2020, Dubai è pronta a inaugurare entro l’anno il suo fiore all’occhiello: il Museo del futuro, un gioiello dell’architettura e del design dal costo di 136 milioni di dollari che è stato progettato grazie all’aiuto di un algoritmo. Questo capolavoro dell’ingegneria moderna è stato commissionato dallo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, vicepresidente e primo ministro degli Emirati Arabi Uniti, nonché emiro di Dubai.
Il Museo del futuro sarà il perno di progetti innovativi e una vetrina per il progresso della scienza e la tecnologia. È facile intuire come diventerà un punto di incontro per i visionari di tutto il mondo proprio partendo dalle sue caratteristiche: una forma ovale eclettica, un’altezza di 78 metri e una superficie di 30mila metri quadrati. L’opera, attualmente in fase di ultimazione, è rivestita con facciate in acciaio inossidabile e vetro con un motivo a disegni intricati che richiama la calligrafia araba. Al momento circa il 70 per cento della struttura è già rivestita.
Un museo pensato per la tecnologia e – coerentemente, si potrebbe dire – realizzato grazie all’intelligenza artificiale. L’intero processo di costruzione è infatti stato possibile grazie al sistema Bim (Building Information Modeling). Questo processo si basa su un algoritmo che consente di manipolare variabili o parametri specifici per alterare il risultato di un’equazione. Si tratta, di fatto, di una tecnologia tridimensionale collaborativa che permette di progettare e documentare lo sviluppo dell’opera. Sebbene il modello Bim non fosse una novità nel campo, non era ancora stato applicato per un progetto di questo calibro.
In particolare, il sistema ha agito per evitare il maggior numero possibile di curvature complesse. Si tratta, di fatto, di dettagli quasi impercettibili all’occhio umano, ma fondamentali per la tenuta ingegneristica dell’edificio. Infatti, l’elemento sicuramente più interessante è la diagrid (una struttura di travi che si usa nella costruzione dei grandi edifici) autoportante che costituisce la struttura principale dell’opera. Il consulente principale del progetto, la britannica BuroHappold Engineering, ha spiegato che proprio in quest’ambito è stato cruciale l’intervento dell’algoritmo: con infinite permutazioni possibili per la forma della struttura, l’algoritmo è riuscito – progressivamente con l’avanzamento del progetto – ad arrivare alla disposizione ottimale. La diagrid riesce così a sorreggersi, fungendo da guscio per l’edificio e sostenendo i solai interni che sono disposti su sette livelli.
La realizzazione dell’opera, la cui geometria appare tanto affascinante quanto complessa, ha rappresentato un percorso non facile che ha richiesto anni e moltissimo lavoro, in cui l’interazione umano-macchina è stata fondamentale. Come a voler scrivere nel dna architettonico dell’edificio la sua funzione, in linea con quello che il primo ministro emiratino affermava sull’opera già nel 2015: “Il futuro appartiene a coloro che sanno immaginarlo, disegnarlo ed eseguirlo. Non è qualcosa da attendere, ma da creare”.
Fonte: wired.it – Alessio Foderi
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