Alla conquista dell’Erg Chebbi
I paesaggi del Marocco custodiscono una delle storie più antiche dell’umanità e i Berberi, tra i primi popoli ad abitare nel Paese, continuano a preservare il loro millenario patrimonio culturale mantenendo vive le tradizioni, la lingua, la cucina, le danze e la musica, che esprimono un forte senso di identità.
L’approccio con il deserto è graduale, in totale sintonia con i ritmi scanditi dal territorio. L’incontro è empatico e mi ha posto al centro dell’esperienza, che si modella intorno a me fino a superare ogni aspettativa.
L’itinerario nel deserto inizia da Erfoud, dallo splendido hotel Kasbah Xaluca Maadid, sulla famosa pista della Parigi-Dakar. Nella location si respira un’aria di avventura, perché è frequentata da numerosi sportivi che con auto da rally e moto da enduro raggiungono la zona per concedersi eccezionali emozioni adrenaliniche. Come un’intrepida centaura, anch’io non resisto alla tentazione di fare il mio primo giro in quad tra le piccole dune di sabbia dorata che circondano la proprietà. Realmente appagante!
A bordo di un veicolo 4×4, con un autista esperto, che segue percorsi apparentemente non tracciati in un vasto terreno arido e roccioso, predispongo la mente a volare libera da ogni condizionamento.
Lungo la pista, ho incontrato una famiglia berbera nomade, che vive in un piccolo nucleo abitativo completamente isolato e, con grande generosità, al riparo dal sole, sotto una tenda nera, mi ha offerto un delizioso tè alla menta appena preparato accompagnato da frutta secca e biscotti. Le donne berbere sono avvolte nel loro tipico abito ricamato a differenza di quello arabo privo di decorazioni. Vivono con poco, ma amano condividere ciò che hanno senza chiedere nulla in cambio.
Raggiungo la cava di fossili marini antica più di 360 milioni di anni quando in tutta l’area era presente il mare. I fossili sono facilmente visibili tra le rocce disseminate intorno a me.
Proseguendo, il terreno diventa più sabbioso e dietro una prima duna, affrontata con entusiasmo dal 4×4, si cela la meravigliosa oasi di Tisserdmine: un palmeto lussureggiante dove mi aspetta un gustoso pranzo all’aperto. Ora apprezzo con un occhio diverso il vero dono del deserto: l’oasi! Nel deserto nulla sembra essere scontato. Ho la sensazione che la Natura vinca sempre rigenerandosi prepotentemente dovunque arrivi l’acqua, anche dove sembra non esserci vita.
Il deserto mi conquista appena affondo il piede nudo nella sabbia rossastra: è amore immediato, passione travolgente e inaspettata.
Sono pronta per inoltrarmi nelle iconiche dune dell’Erg Chebbi. Plasmate dal vento, in perenne evoluzione, le dune tracciano nuovi sentieri e passaggi creando bizzarre increspature… sono investita da una forte sensazione di conquista, duna dopo duna. Lasciata la macchina procedo a dorso di dromedario. Gli occhi si riempiono di bellezza apprezzando il silenzio e l’eco del passato, quando lente carovane affrontavano un lungo viaggio sulla rotta commerciale da Timbuktu, nel cuore dell’Africa, fino a Marrakech, dove scambiavano oro e schiavi con il prezioso sale.
Condotta sapientemente nel cuore sabbioso del Sahara, raggiungo l’ambita meta: la sommità di una duna da cui assisto al tramonto. Un momento ipnotizzante, che sottolinea quanto il deserto si nutra della forza del sole restituendo molteplici sfumature di colore e vivacità. Il rientro, tra le ombre delle dune che raccolgono l’ultima luce residua, è ricco di aspettativa. L’arrivo nel campo tendato è l’highlight della giornata. Al buio, circondata da candele e da innumerevoli tappeti che attutiscono i passi sulla sabbia, l’accoglienza è allietata dal ritmo Gnawa, una musica rituale praticata da gruppi etnici di discendenza subsahariana. Dimentico il resto del mondo, la mia routine, le mie ansie, i miei affanni quotidiani e mi lascio trasportare dal ritmo intenso scandito dai tamburi e dalle voci calde dei musicisti.
Un tè fumante offerto davanti ad un falò all’ingresso dell’area ristorativa precede un’ottima cena tipica berbera. Le tende, rivestite internamente di lana di dromedario, esattamente come quelle dove vivono i nomadi del deserto, sono meravigliosamente arredate ed accoglienti.
Le stelle mi attendono! Quando le luci del campo vengono spente, mi sdraio su un tappeto sopra la sabbia in contemplazione di un cielo che sembra non avere confini e cerco di scorgere le stelle cadenti, vivendo l’illusione che i desideri espressi si avverino durante una notte indimenticabile.
L’appuntamento è con l’alba!
Mi sveglio prima che il sole sorga e mi sdraio nuovamente sullo stesso tappeto che mi ha ospitato quando sono entrata in connessione con l’universo. Ammiro i primi raggi del sole che raggiungono il paesaggio ondulato di fronte a me… è di nuovo vita, vigore, luce e la sabbia prende forma, colore e calore ricordandomi quanto è prezioso il nostro pianeta pronto a regalare emozioni profonde che a volte dimentico di cogliere.
Il deserto non mi sembra più arido e vuoto, anzi, proprio quel vuoto mi riempie letteralmente il cuore!
Un altro po’ di fuoristrada con il 4×4 mi dona attimi di divertimento puro, mentre lascio a malincuore l’Erg Chebbi. Ma il sogno non termina drasticamente: il Kasbah hotel Tombouctou Xaluca è parte del deserto e il ritorno alla realtà è attenuato da un’accoglienza calorosa e attenta con un buon tè profumato alla menta, un hammam piacevole e un bagno in piscina.
Lo sguardo scruta l’orizzonte sfumato da una leggera brezza e gli innumerevoli granelli di sabbia mi sembrano familiari quando li percorro con un grande senso di appartenenza, dopo aver vissuto un’esperienza immersiva nel deserto circondata dal quel sorprendente “nulla” ricco di magia, di fascino, di atmosfera e di energia incontaminata.
Foto: Alessandra Fiorillo
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